Pensieri e riflessioni su "Il demone sterminatore" di Vincent Spasaro

Titolo: Il demone sterminatore. Cronache del fiume senza rive
Autore: Vincent Spasaro
Editore: Edizioni Anordest
Collana: Criminal brain
ISBN: 889674279X
ISBN-13: 9788896742792
Pagine: 684

Sinossi:
'Il demone sterminatore' è un affresco epico dove nulla è ciò che sembra e il bene e il male non sono sempre entità distinte. Quando tre stranieri, stanchi dopo lungo vagare, giungono ai confini di un oscuro avamposto di frontiera dimenticato dalle mappe, non comprendono dove siano finiti né cosa li attenda. Sono 'cacciatori' lanciati all'inseguimento di colui che ha commesso il peggior crimine immaginabile, convinti di essere vicini alla meta, ma la loro "preda" pare averli giocati spingendoli su di un immenso fiume nebbioso che si sussurra non aver fondo e rigurgita di mostri. E già altri "cacciatori" varcano le porte, disposti a passare sul corpo dei loro stessi compagni pur di riportare a casa la testa dello sterminatore e tenere solo per sé la gloria. Più si avanza nel cuore del fiume senza rive, più le certezze vacillano e la speranza si fa fioca: il demone sterminatore potrebbe essere ovunque, nascosto nei recessi del fiume selvaggio o seduto al fuoco da campo dei viandanti, e gli abitanti del fiume senza rive non cedono facilmente il passo agli stranieri. In un mondo fatto di tranelli, un pugno di temerari combatte contro una natura primordiale e contro i propri demoni, convinti di poter fronteggiare il nemico e uscirne vincitori. E lo sterminatore attende.

Il mio pensiero: 
Dimenticatevi di qualsiasi saga fantasy abbiate letto finora. Dando una scorsa in giro sul web, ho sentito spesso paragonare Spasaro a Tolkien o Martin, ma a mio parere, il paragone è piuttosto azzardato. Non perché uno sia meglio dell'altro, semplicemente Spasaro ha creato un'opera su un piano completamente differente dai canoni tolkeniani o dalla machiavellica saga del Trono di spade. Sono concretamente incomparabili.
In Il demone sterminatore abbiamo sì una specie di Compagnia, tenuta insieme più per necessità che per senso di appartenenza ad un gruppo. E come nella saga di Martin non mancano di certo scene truci e massacri indiscriminati. Ma qui non assistiamo alla ricerca del potere, bensì alla ricerca di un assassino e, di riflesso, di un Dio morto. 

E il vecchio parlò, uggiolando e piangendo: "come potremo mai essere salvati se Dio è morto?" Il prete trasalì. Non seppe cosa dire, vacillò. Per un istante si udirono solo le gocce d'acqua nera sul pavimento.

Non vi ricorda qualcosa? Magari il paragone è un po' azzardato, ma a qualcuno non tornano in mente alcuni scritti in cui abbiamo sentito parlare un certo Zarathustra? Scusate se scomodo persino Nietzsche, ma scorrendo le pagine di questo romanzo il dilemma tra il confidare in un intervento divino e il dover accettare di essere gli artefici del proprio destino si sente tutto. Non è il potere, la sete di ricchezze, l'esplorazione di luoghi inaccessibili, ma il desiderio di essere rassicurati, come se il trovare una prova tangibile dell'esistenza di Dio- seppur morto- potesse dare un senso a tutto ciò che circonda i cercatori, facendoli sentire completi e sicuri del posto che occupano in questo strano mondo.

Spasaro inventa un mondo di acqua, sia grandi e insondabili distese che vischiose e putride paludi, dove la riva del fiume è considerata una favoletta per bambini e gli uomini devono cercare di sopravvivere a creature tanto misteriose quanto pericolose. Un mondo dove il sole, come la speranza, è sparito. E solo pochi coraggiosi - o folli - pensano di poter ancora sperare di sottrarsi all'inevitabile vita di stenti a cui sono destinati.

L'incipit del romanzo è piuttosto nebuloso e criptico, tanto da farci faticare per capire il nesso logico con i vari eventi che seguiranno. Lentamente però, mano a mano che i cercatori avanzano in profondità nel fiume senza rive e noi crediamo di aver trovato uno schema sia tra i personaggi che nella trama, l'autore ci scombussola qualsiasi riferimento, insinuando il dubbio che le cose non siano così limpide come in apparenza, ma che il bianco diventi nero. Tutto ciò che sembrava buono e giusto prende una piega agra, difficile da digerire. Vorremmo non aver mai intravisto quel barlume di verità e chiudere gli occhi per far finta che possa essere tutto facile e pulito. I dubbi dei personaggi, celati e non detti, diventano i nostri dubbi. Così ci troviamo in simbiosi con loro e ad affrontare le stesse prove a cui sono sottoposti.
So che probabilmente vi sembrerà tutto molto criptico ed oscuro, ma dovete fidarvi: Spasaro ha creato un romanzo che sorprende e, come scrivevo in apertura, fuori da tutti i canoni del fantasy convenzionale.

Sicuramente un altro punto di pregio è l'ambientazione, così curata nelle descrizioni che vi sembrerà di essere lì e respirare l'atmosfera greve e densa dello stesso fiume. 

All'orizzonte la laguna era quasi del tutto nascosta dal grande albero esterno. Iwah immaginò il vecchio, invisibile, muoversi febbrile nella sua foresta di funi e carrucole. Nel vicino orizzonte delle nebbie mattutine, un cigno si levò verso le nubi e qualche scroscio lontano avvertì dell'esito di una battaglia. Un rettile furioso si immergeva da qualche parte nel fiume e il cigno lo sbeffeggiava volando alto.

L'ultimo aspetto di cui vorrei parlarvi è la conclusione. Premetto che, prima di scrivere una recensione, spesso mi diverto a pensare ad un finale alternativo a quello proposto dall'autore. In questo caso, ad essere sincera, quello ideato da Spasaro mi è parso l'unico veramente geniale. 

Non voglio raccontarvi null'altro della trama, penso che sia uno di quei romanzi che richiedono un'attenzione particolare e che non vada troppo svelato per non inquinare la vostra esperienza di lettura. Posso solo invitarvi a leggerlo, nel caso stiate cercando un fantasy atipico, dai forti tratti noir e con una robusta dose di metafisica (o almeno così l'ho vissuto io!).
Ambra

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