"I viaggi immaginari" di Edgar Allan Poe

I VIAGGI IMMAGINARI
Edgar Allan Poe

RACCONTI NOTI E MENO NOTI DEL MAESTRO DELL’INSPIEGABILE

IN UNA NUOVA TRADUZIONE
Gargoyle
EAN 9788898172207
17.00 euro, 
pp. 326, 
traduzione di Cecilia Bolles

Da settembre 2013 in libreria

Incomparabile artefice di atmosfere gotiche e oscure e per questo comunemente percepito come
scrittore del terrore, Edgar Allan Poe ha invece percorso ulteriori traiettorie della letteratura
d’invenzione.

“Fin dal suo esordio [il suo] intento è [stato] quello di trascendere l’immantinente, di travalicare confini e spazi temporali, di insistere sull’iperbole, sul paradosso e imbarcarsi per rotte improbabili che lo portassero a
esplorare i poteri infiniti della mente e i limiti dell’azione umana”. Così l’anglista Alessandro Gebbia nell’introduzione al presente volume, una raccolta inedita per composizione e accostamenti, che intende celebrare la grande ricercatezza della parola poeiana, parola d’efficacia fulminante nel cimentarsi con i registri più vari – dal giallo al poliziesco, dal mitologico al fantascientifico, dal grottesco al farsesco, fino al catastrofico – con costante e notevole incisività. Nella sua breve e tormentata vita, ciò che non cessa di ergersi a bussola per Poe è proprio la fiducia nella parola e nella sua potenza creatrice: la sua parola è di una 
tale potenza da dare vita a mondi altrimenti ignoti, inespressi o condannati all’oblio.

La mia posizione mi permetteva di abbracciare con lo sguardo sia l’estremità orientale sia quella occidentale dell’isoletta; e nel loro aspetto notavo una netta differenza. Quella occidentale era tutto un harem radioso di bellezze floreali. [...] Tutto sembrava possedere un senso profondo di vita e di gioia; e anche se dal cielo non soffiava nessuna brezza, tutto era mosso dallo svolazzare gentile di innumerevoli farfalle, che si sarebbero potute scambiare per tulipani con le ali.

L’estremità orientale dell’isola era immersa nell’ombra più nera. Qui tutto era pervaso da una cupa malinconia [...] L’ombra degli alberi cadeva pesante sull’acqua, dove sembrava inabissarsi impregnando di tenebra il fondo del fiume. Pensavo che ogni ombra, mentre il sole calava sempre di più, si separasse tristemente dal tronco che le aveva dato origine, per lasciarsi assorbire dal ruscello; mentre altre ombre uscivano in un attimo dagli alberi, prendendo il posto di quelle che le avevano precedute, sepolte nello stesso modo.
(Da “L’isola della fata”)

Nei suoi “viaggi immaginari”, Poe annulla le frontiere del reale, di frequente avventurandosi ai limiti della consapevolezza, dove dominano inconscio e allucinazione, l’esito è quello di un repertorio fantastico in continua mutazione. Mai come nei racconti che costituiscono questa raccolta, appare evidente come Poe abbia sempre messo la sua cultura e la sua straordinaria erudizione al servizio dell’immaginazione.

Lo scrittore sorveglia con cura maniacale l’architettura delle sue trame, premunendosi di non tralasciare alcun dettaglio. In tal modo, le sue storie, anche quando lontanissime dalla realtà, restano tuttavia verosimili.Questo perché lo scrittore non manca di mantenersi osservatore acuto e alacremente curioso della sua epoca, epoca di grossi fermenti e scoperte scientifiche, i cui contraccolpi non sempre comprensibili vuole tentare di interpretare. Ecco ad esempio come ne L’incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall, tra i racconti poeiani meno conosciuti in Italia, egli narri – con più di un secolo d’anticipo da quello di Armstrong –dell’approdo di un uomo sulla Luna per mezzo di un incerto pallone aerostatico a base di carta di giornali e percalle. Anche quando la cifra narrativa pare distanziarsi dall’osservazione della sua contemporaneità, il talento di Poe è inarrivabile. Nella Conversazione di Eiros e Charmion, lo scrittore si interroga sul mistero della fine del mondo spiegandolo con il passaggio, dagli effetti terrificanti, di una cometa a ridosso della Terra, mentre in Una discesa al Maeltröm, egli immagina che degli sventurati naviganti rimangano impigliati nelle spire di una spietata voragine dell’oceano. Capolavoro di sottigliezza psicologica è, poi, L’uomo della folla, radiografia, densissima di intuizioni, della metropoli moderna sovrappopolata e alienante, è qui che si muove l’imprendibile uomo della folla, l’anonimo per antonomasia, destinato sì a sopravvivere ma solo a prezzo della dispersione della sua identità.

Trent’anni fa, Giorgio Manganelli, uno dei massimi conoscitori di Poe in Italia nonché suo fine traduttore, invitava a leggerlo “non per generi, ma attraverso una lettura quanto più irregolare possibile”, la raccolta I viaggi immaginari costituisce un’imperdibile opportunità di accoglierne l’invito.

Edgar Allan Poe (Boston 1809-Baltimora 1849), figlio di attori girovaghi, perse la madre a due anni e venne abbandonato dal padre. Allevato da un facoltoso commerciante di Richmond, portò a termine i suoi studi tra Stati Uniti e Inghilterra. Collaboratore letterario di varie riviste, raggiunse un’immensa notorietà con il romanzo breve Le avventure di Gordon Pym (1838), la raccolta Il corvo e altre poesie (1845) e i Racconti, pubblicati tra il 1840 e il 1845. Fu, inoltre, teorico della composizione letteraria, i suoi Fondamento del verso (1843), La filosofia della composizione (1846) e Il principio poetico (1850) vennero ripresi e tradotti da Charles Baudelaire, suscitando una forte influenza fra le correnti dei simbolisti e degli strutturalisti. Dopo la morte della giovanissima moglie, Poe si chiuse in una solitudine ossessiva trovando sollievo soltanto nell’alcol, un’emorragia celebrale lo stroncò poco più che quarantenne.

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