"Il fantasma di Lemich" di Anna Maria Benone

E qui la mia seconda scoperta relativa alla Casa Editrice Runa:

IL FANTASMA DI LEMICH
Autore: Anna Maria Benone
ISBN: 978-88-97674-22-1
N.pag.: 154
Rilegatura: Brossura con alette
Formato: 12x17
Genere: Collana Introspezioni

Prezzo di copertina 9,90 €

Dopo una serie di sofferenze e fragilità, Lilia decide di affrontare il suo passato ritornando alle sue origini, nella sua amata terra: il Salento. I luoghi, i colori, gli odori, i sapori, risvegliano in Lilia antichi frammenti di memoria che si intrecciano tra le righe di un taccuino che le appartiene. Riga dopo riga Lilia riscopre se stessa e il vero senso dell’amore, abbandonando nel vento del sud ciò che per anni l’aveva ingabbiata: il fantasma di Lemich.

Questo è l’amore, ti stringe dentro e porta via
come un breve, intenso soffio di vento.
Non è impaurito dalla sua stessa ombra.
Questo è l’amore!
Non ha parole,
non ha menzogne
solo petali di luce
di una rosa senza spine.

Ci sono cose che si possono dire, altre per le quali è meglio tacere, altre, specchio di queste, che è necessario custodire per non morire in un pallido stagno mosso da onde immobili. Il silenzio e il tempo sono i guaritori di irrisolte risposte. Spesso si attende e si cerca qualcosa che non c’è, ma che nell’invisibile cresce rigogliosa alla ricerca di un nuovo risveglio. Ognuno di noi ha dentro di sé un fantasma, il fantasma di Lemich....
L’amore incompiuto, l’amore compiuto, l’AMORE nel breve, preciso, conciso, incisivo romanzo di Anna Maria Benone. Un particolare intreccio in una fabula da scoprire...

Prefazione a cura della prof.ssa Letizia Mazzella
In ogni situazione narrativa, gli unici elementi veri sono: il narratore reale e il lettore reale. Il narratore reale è quello il cui nome figura sulla copertina del libro e del quale conosciamo tutti i dati anagrafici. Stessa cosa per il lettore reale che è colui che prende realmente in mano il “libro”, lo sfoglia e lo legge. In questo caso, il narratore reale (Anna Maria Benone) si è laureata in Lettere Moderne a Lecce con una tesi su Pirandello e, guarda caso, il lettore reale è Letizia Mazzella, docente universitaria di Anna Maria e sua relatrice di laurea. Ogni storia, prima di essere narrata, vive all’interno del narratore reale coprendone l’intero sistema della sensorialità. Per giorni egli vive, dorme, agisce con questo “alieno” al suo interno. E piano piano la storia prende forma, i personaggi hanno un nome e uno status di vita: bisogna “scrivere”. Altre sono le vie che inducono il lettore reale a “leggere” un libro: una recensione che ha incuriosito, qualcuno che glielo ha fatto conoscere o, come in questo caso, un invito garbato a leggere questa storia per darne un giudizio (l’allieva legata da affetto e da stima alla sua vecchia docente universitaria ora in pensione). Quando il lettore reale “apre” il libro, entra-no in campo altri elementi e altri meccanismi, tutta la “macchina narrativa” attiva i suoi strumenti, annullando anche il suo autore reale. Appena il lettore reale apre il testo deve avvenire una magia: “scrivere” e “leggere” debbono entrare in sintonia. Se la scrittura “dice” cose interessanti, la lettura diventa vogliosa di sapere, ma se il testo balbetta, e stenta, la lettura si sente come un amante tradito e “chiude” il libro. Quest’opera di Anna Maria Benone non balbetta, ma da subito “intriga” il lettore e lo fa fino all’ultimo rigo di questo romanzo che non ha una parola fine, invitando il proprio lettore a continuare questa storia facendola parte del proprio vissuto. Tre donne, tutte di nome Lilia, intrecciano i loro destini: sono Lilia-madre, Lilia-figlia, Lilia-nonna. Lo sviluppo della storia si serve di tutti gli strumenti narrativi: diario, ricordi, vite vissute in una oscillazione temporale che va dall’hic et nunc al recupero memoriale a ritroso nel tempo e nello spazio. I legami tra presente e passato avvengono spesso (direi quasi sempre) attraverso il monologo interiore che sfocia nel flusso di coscienza. Il destino di Lilia-figlia somiglia molto a quello di Lilia-madre e tutte e due hanno ereditato una particolare sensibilità divinatrice (il “dono”) da Lilia-nonna. Tutte e tre hanno conosciuto il fantasma di Lemich. Il personaggio, in questo romanzo, non è mai descritto, ma lentamente, con una tecnica propria del teatro, emerge per via indiretta, attraverso i pensieri e le parole di un monologo interiore o di un flusso di coscienza. I personaggi maschili sono lasciati intravede-re attraverso il ricordo, anche i due personaggi fondamentali Michi e Sirio, non hanno uno status anagrafico, “appaiono”, come la donna, a cui sono legati, li vede. Sembra quasi che i personaggi maschili siano degli sfondi spaziali, perché, qui, anche lo spazio è sempre descritto dal cuore, raramente dagli occhi. Solo il sud è visto attraverso tutta la sensorialità della protagonista: odori, profumi, luce, vento, acqua, sapori… È la terra dei “trulli” dove Lilia ritorna alla ricerca delle proprie radici dalle quali trarre una nuova forza per continuare a vivere. Un ritorno alla terra è anche il cimitero, qui la chiarezza espositiva si tinge di nuovo dell’oscurità dell’equivoco. Chi, in realtà, non ha mai dimenticato?

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