In occasione del Giorno della Memoria segnaliamo...

LA MIA AMICA EBREA
di Rebecca Domino
pagine: 300
prezzo: 1.99 (ebook)
data di pubblicazione: 27 gennaio 2014 (Giornata della Memoria).
canale di distribuzione: Lulu

Trama:
Amburgo, 1943. La vita di Josepha, quindici anni, trascorre fra le uscite con le amiche, le lezioni e i sogni, nonostante la Seconda Guerra Mondiale. Le cose cambiano quando suo padre decide di nascondere in soffitta una famiglia di ebrei. Fra loro c'è Rina, quindici anni, grandi e profondi occhi scuri.
Nella Germania nazista, giorno dopo giorno sboccia una delicata amicizia fra una ragazzina ariana, che è cresciuta con la propaganda di Hitler, e una ragazzina ebrea, che si sta nascondendo a quello che sembra essere il destino di tutta la sua gente.
Ma quando Josepha dovrà rinunciare improvvisamente alla sua casa e dovrà lottare per continuare a sperare e per cercare di proteggere Rina, l'unione fra le due ragazzine, in un' Amburgo martoriata dalle bombe e dalla paura, continuerà a riempire i loro cuori di speranza.
Un romanzo che accende i riflettori su uno dei lati meno conosciuti dell'Olocausto, la voce degli "eroi silenziosi", uomini, donne e giovani che hanno aiutato gli ebrei in uno dei periodi più bui della Storia.

Nata nel 1984, Rebecca Domino, è da sempre appassionata di scrittura. Dopo aver messo da parte questa sua grande passione per molti anni, è tornata a scrivere e adesso è ciò che le piace di più fare. È anche un'appassionata viaggiatrice e lettrice. "La mia amica ebrea" è il suo primo romanzo.

QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE 
di Sofia Domino
pagine: 496
prezzo: 1.99 (ebook)
data di pubblicazione: 27 gennaio 2014 (Giornata della Memoria).
canale di distribuzione: Lulu

Trama:
Lia ha tredici anni. È una ragazzina italiana piena di sogni e di allegria, con l’unica colpa di essere ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale. Dallo scoppio delle leggi razziali la sua vita cambia, e con la sua famiglia è costretta a rifugiarsi in numerosi nascondigli, a sparire dal mondo. Da quel mondo di cui vuole fare disperatamente parte. Passano gli anni, conditi da giornate piene di vicende, di primi amori, di paure e di speranze, come quella più grande, la speranza che presto la guerra finirà. Ma nessuno ha preparato Lia alla rabbia dei nazisti. Il 16 ottobre 1943, la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e i nazisti le ricorderanno che una ragazzina ebrea non ha il diritto di sognare, di sperare, di amare. Di vivere. Lia sarà deportata ad Auschwitz con la sua famiglia, e da quel giorno avrà inizio il suo incubo. Terrore, lavoro, malattie, camere a gas, morti. E determinazione. Quella che Lia non vuole abbandonare. Quella determinazione che vorrà usare per gridare al mondo di non dimenticare. Quella determinazione che brillerà nei suoi occhi quando il freddo sarà troppo pungente, quando la fame sarà lancinante, quando la morte sarà troppo vicina e quando sarà deportata in altri campi di concentramento.
Quella determinazione che le farà amare la vita, e che le ricorderà che anche le ragazzine ebree hanno il diritto di sognare. Perché non esistano mai più le casacche a righe, perché nessuno sia più costretto a vivere in base a un numero tatuato su un braccio o in base a una stella cucita sulla veste.
Perché dal cielo non cadano più le stelle.

Nata nel 1987, Sofia Domino, sin da quando era piccola ama scrivere temi e racconti. Adesso la scrittura è la sua passione principale. Oltre a scrivere adora leggere e sognare. Inoltre, viaggia non appena può. "Quando dal cielo cadevano le stelle" è il suo primo romanzo.

Eccole anche ospiti del nostro Blog in occasione di questa ricorrenza.

Rebecca, Sofia, grazie per essere venute a trovarci nel nostro salottino virtuale. Siamo liete di ospitarvi proprio in questa giornata così importante. Per non dimenticare.
Rebecca: grazie a te per ospitarmi. Sì, è molto importante essere qui in occasione della Giornata della Memoria, per ricordare tutti insieme gli orrori del passato e far si che non vengano ripetuti.

Sofia: Grazie a te! Sono molto contenta di essere qui per La Giornata della Memoria e di parlare con te e con i lettori del tuo blog di un tema così importante.

Siete due sorelle scrittrici, ed entrambe avete deciso di scrivere il vostro primo romanzo ambientandolo durante la Seconda Guerra Mondiale, riservando grande attenzione alla Shoah. Perché questa scelta?
Sofia: Ho sempre voluto parlare della Shoah e raccontare le ingiustizie che hanno subìto gli ebrei durante il nazismo. L’occasione giusta è arrivata con il mio romanzo “Quando dal cielo cadevano le stelle”. Dentro di me ho sentito il bisogno di dare una voce a tutte quelle famiglie di ebrei che, durante la Seconda Guerra Mondiale, furono costrette a lasciare il loro Paese, a nascondersi in dei rifugi, che persero ogni diritto, che furono additate e che furono rinchiuse in dei campi di concentramento. La domanda che durante il mio romanzo prende sempre più importanza è: perché? 
Perché dei bambini, dei ragazzi, delle famiglie innocenti persero tutto e furono costretti a nascondersi? Perché furono internati in campi di lavoro? Perché furono tagliati fuori dal mondo e obbligati a lavorare, a patire la fame, a morire, ad ammalarsi e a soffrire dietro il filo spinato di campi di concentramento come Auschwitz? Questa è la domanda che Lia, la protagonista del mio romanzo, si pone continuamente; quando è costretta a guardare il mondo dietro a una finestra, quando nascosta in vari rifugi è obbligata a parlare in sussurri, quando viene catturata dalla Gestapo, stipata in un carro bestiame e deportata ad Auschwitz. 
In ogni istante, con le lacrime agli occhi e il disperato bisogno di tornare a sorridere, si domanda: perché? 
E quello che si sente rispondere è sempre lo stesso: perché sei ebrea. 

Rebecca: Sono sempre stata interessata alla Seconda Guerra Mondiale perché penso che, con tutti gli eventi che sono successi in quegli anni - partendo proprio dalla ferocia dei nazisti nei confronti degli ebrei e da cosa volesse dire vivere nella Germania nazista - la Seconda Guerra Mondiale sia una fucina di possibili idee per romanzi che si focalizzano su vari argomenti, pur trattando sempre dello stesso periodo. 
Parlando nello specifico de “La mia amica ebrea”, il romanzo non è incentrato tanto sulla Shoah quanto sulla vita quotidiana di una ragazza tedesca nella Germania nazista e sugli effetti che le leggi razziali e le deportazioni degli ebrei hanno avuto su chi, fra i tedeschi, non era d’accordo con Hitler. Infatti, ho deciso di scrivere il romanzo dal punto di vista di Josepha, una ragazza di quindici anni che vive ad Amburgo, nel 1943, che è cresciuta indottrinata da Hitler e dalla sua politica. Una ragazza che, improvvisamente, si ritrova una famiglia di ebrei nascosta in soffitta, fra cui Rina, una sua coetanea. Con il mio romanzo, ho cercato di rispondere alla domanda: che cosa significava crescere nella Germania nazista? Penso che i lati più nascosti delle storie più famose siano molto interessanti, proprio perché, sotto la superficie, spesso si nascondono storie di persone coraggiose, come gli “eroi silenziosi” che sono davvero esistiti e che hanno aiutato gli ebrei durante il nazismo. 

Non è facile parlare di un periodo storico che non si è vissuto personalmente. Immagino che vi siate documentate parecchio. Avete magari avuto a disposizione anche la testimonianza diretta di qualcuno?
Rebecca: È vero, non è facile parlare o, in questo caso, scrivere, di un periodo storico che non si è vissuto personalmente. Io sono stata piuttosto fortunata perché abito in un piccolo paese dove conosco un po’ tutti e le mie vicine di casa sono quasi tutte anziane, dai settant’anni in su. Queste persone mi hanno raccontato com’era vivere ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ancor prima che mi venisse in mente di scrivere “La mia amica ebrea”. Naturalmente, si tratta di persone italiane e la vita in un paesino toscano era diversa da quella ad Amburgo, però è stato interessante ascoltare i loro racconti di paura, povertà, sacrificio ma anche di valori che oggigiorno, purtroppo, sono spesso dimenticati.

Sofia: Fortunatamente sì. Oltre ad aver fatto numerose ricerche e ad aver ascoltato altrettante testimonianze, ho anche avuto modo di raccogliere del materiale proprio da persone che hanno vissuto la guerra e la paura dei bombardamenti. Mi hanno raccontato la vita durante la Seconda Guerra Mondiale e le loro parole sono state molto importanti. Sfortunatamente, però, non ho avuto modo di parlare con nessuna famiglia di ebrei che ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale, ecco perché prima di scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho continuato a documentarmi molto, perché volevo raccontare la storia da parte di una famiglia di ebrei.

In entrambi i romanzi le protagoniste sono giovani ragazze. Josepha ha quindici anni e Lia tredici. Da cosa è dipesa la scelta di queste protagoniste? Vi siete ispirate a qualcuno in particolare?
Sofia: Sì, Lia è giovanissima. Ho letto numerose testimonianze di bambini e ragazzi ebrei durante il nazismo e le loro domande e loro paure non mi hanno mai lasciata. Essere cercati dalla Gestapo ed essere deportati in dei campi di concentramento era un’esperienza terribile anche per un adulto, ma credo che per dei giovani e per una ragazzina come Lia, piena di sogni e di speranze, che sta vivendo il primo amore e che è molto unita alla sua famiglia, essere costretta a smettere di crescere e di sognare solo perché ebrea fosse ancora peggiore. Ho deciso di dare a Lia tredici anni perché nel romanzo passano i mesi e gli anni, e non volevo che alla fine diventasse una donna. La protagonista di “Quando dal cielo cadevano le stelle” è frutto della mia fantasia e per scriverla mi sono ispirata a tutti e a nessuno. Come ho detto, Lia è nata dalla mia fantasia, ma i suoi sogni, le sue domande, le sue paure nei confronti della guerra, il terrore di essere deportata e la sua voglia di tornare a casa, credo che rispecchino i sogni di tutti quei bambini e ragazzini ebrei che furono internati ad Auschwitz e in altri campi di concentramento.

Rebecca: Ho deciso di raccontare la storia dal punto di vista di una quindicenne perché penso che quella sia l’età più difficile, il periodo di transizione da bambina a giovane donna; in questo modo, Josepha può porsi delle domande e fare dei ragionamenti che sarebbero troppo complessi per una bambina piccola, ma non ha ancora la maturità di una donna. Non mi sono ispirata a nessuno per scriverla, neanche a me stessa, nonostante abbia diversi lati in comune con lei: la forza, il voler fare quello che è giusto, il pensare con la propria testa… Josepha, come tutti gli altri personaggi del romanzo, è nata pian piano dentro di me. Non faccio mai una caratterizzazione dei personaggi nel senso stretto del termine, non mi siedo davanti al computer a buttar giù le loro caratteristiche, le scopro pian piano e trascrivo solo quelle salienti. Diciamo che ho conosciuto Josepha lentamente, come se fosse una persona in carne e ossa (cosa che, per me, è) e non è stata “scelta”: è semplicemente venuta così, con i suoi pregi e i suoi difetti. 

Rebecca, cosa ti ha portato a scegliere Amburgo come ambientazione?
Sofia, tu invece hai scelto Roma, Auschwitz e altri campi di concentramento... Sono curiosa di sapere cosa ti ha portato a questa scelta.
Rebecca: A essere onesta non è stata una scelta ma una casualità. Stavo navigando su Internet alla ricerca di testimonianze delle persone che hanno vissuto in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale; ero proprio all’inizio della stesura degli appunti che adopero per sviluppare la trama, e avevo già trovato diversi racconti della vita in Germania a quei tempi, poi mi sono imbattuta nella testimonianza di una signora di Amburgo che raccontava la vita là; la sua testimonianza mi ha colpita più delle altre e penso che sia stato un segno del destino, perché poi ho scoperto di un evento storico che nell’estate 1943 ha colpito proprio Amburgo, sconvolgendo la vita dei suoi abitanti, e che ho deciso d’inserire nel mio romanzo sia per fedeltà storica sia per usarlo come un punto di svolta durante la storia. 

Sofia: Essendo italiana ho deciso di ambientare il romanzo nel mio Paese e ho deciso di ambientarlo a Roma, proprio perché è la capitale. Inoltre, essendo Roma definita Città Santa, tutti quanti durante la guerra credevano che non sarebbe mai stata bombardata. Il romanzo apre appunto a Roma e vediamo Lia e la sua famiglia nascosti in una cantina di alcuni amici. I mesi passano, le bombe cominciano a cadere e poi, dopo l’8 settembre 1943, sotto occupazione militare nazista, arriva la notizia che terrorizza Lia: è cominciata la caccia agli ebrei. 
Le cose peggiorano quando il 16 ottobre 1943 il ghetto ebraico di Roma viene rastrellato dalla Gestapo. 
Non potevo rimanere indifferente davanti a un evento storico tanto importante, e questa è stata la conferma di voler ambientare “Quando dal cielo cadevano le stelle” nella capitale, anche se è importante parlare di ogni città e paese colpiti dalla guerra. Dopo il rastrellamento del 16 ottobre, Lia, la sua famiglia e i suoi cari, sono stipati in un carro bestiame e portati in Polonia. 
Dove? Si dice che quell’immenso campo si chiami Auschwitz. 
Nessuno, in quegli anni, sapeva con certezza le atrocità che si nascondevano dietro a quel filo spinato. Il romanzo continua: le famiglie vengono separate, ci sono le selezioni, i cani bavosi e ringhianti che tirano i guinzagli dei soldati, comincia il freddo, la fame, le percosse delle SS, arriva l’obbligo di indossare le casacche a strisce, ci sono le camere a gas… gli anni passano e, avvicinandoci alla data della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, cominciano le famose marce della morte. Lia e altri prigionieri sono costretti a lasciare Auschwitz per essere trasferiti. Troppe persone morirono durate le marce della morte, obbligate a camminare per giorni tra la neve, senza mangiare e senza bere. Ho voluto parlare anche di questa verità e di come i prigionieri continuassero a essere internati in dei campi di concentramento, per poi ricominciare con un’altra marcia della morte e cambiare di nuovo campo di concentramento, aspettando di sognare. Oppure aspettando di morire. 
Sicuramente, aspettando di essere liberi. 

Io, ogni volta che leggo romanzi ambientati durante l'Olocausto, non posso fare a meno di piangere. Come vi siete sentite voi nello stenderli?
Sofia: Ti capisco, il tema dell’Olocausto è molto forte. Scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle” a tratti è stato molto triste e spesso ho provato tanta rabbia. Perché ragazzine come Lia sono state rinchiuse in dei campi di concentramento solo perché ebree? Non ho mai pensato, neanche per un istante, di smettere di scrivere il mio romanzo, perché volevo dare una voce a tutte le vittime del nazismo. Scrivere alcuni passaggi delle volte è stato molto toccante, così come scrivere dell’arrivo della Gestapo nel ghetto ebraico di Roma, della deportazione nei campi di concentramento e così come mostrare la morte che, in posti come Auschwitz, era all’ordine del giorno. Scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle” mi ha regalato emozioni indescrivibili e, ogni volta che ci ripenso, il mio cuore si riempie di ricordi. Durante la stesura del mio romanzo, in alcune scene, accompagnavano la scrittura con della musica, che rendeva il tutto ancora più suggestivo, crudo, vero, vicino, drammatico. La canzone che ascoltavo è “A new day has come” di Celine Dion. Ogni volta che riascolto quella canzone, sento dei brividi percorrere il mio corpo. Sono sicura che non potrò più ascoltare “ A new day has come” senza pensare a Lia e al tema dell’Olocausto.
Se penso a tutto quello che hanno subìto gli ebrei, ma non solo, allora la frustrazione cade di nuovo dentro di me, ma se penso che adesso sono qui per dare una voce a tutte quelle vittime e per spronare a non dimenticare un passato neanche troppo lontano, allora so che sto facendo la cosa giusta e so che questo è anche quello che anche Lia vorrebbe. Non dimentichiamo. Continuiamo a parlare della violenza delle SS, dei campi di concentramento, della razzia del ghetto ebraico di Roma, di cosa significava essere strappati dalle proprie case e dover indossare una casacca a righe…

Rebecca: Scrivere questo romanzo è stato emozionante, come penso che debba essere con tutte le storie. Se non mi emozionano, non le scrivo. Naturalmente, qui si parla di emozioni ad altri livelli rispetto a un romanzo che tratta argomenti più semplici. È come se ogni cosa fosse amplificata, sia in bene sia in male. Quando scrivevo, Josepha era dentro di me: il romanzo è scritto in prima persona presente e questo ha reso il processo ancora più semplice. Era lei a scrivere, non io: io ho fatto le riletture, l’editing, le varie correzioni, ma lei ha scritto la sua storia, di getto, di cuore. Quindi, diciamo che è stata lei a provare quelle emozioni di cui parlavo sopra, anche se, naturalmente, hanno un riflesso del mio “io”. Alcune scene del romanzo sono allegre e spensierate a dispetto della guerra eppure - proprio perché sapevo che la guerra c’era comunque, e che ogni minuto avrebbe potuto essere l’ultimo - quell’allegria e quella spensieratezza si velavano di tristezza, diventando agrodolci. Per quanto riguarda le scene più pese, mi hanno toccata profondamente, proprio perché si tratta di un romanzo ispirato alla realtà e, durante la stesura, mi sono ritrovata più di una volta a chiedermi che limiti abbia la cattiveria umana. Allo stesso modo, sono stata sorpresa dalla bontà d’animo e dal coraggio di molti dei personaggi del romanzo, Josepha in primis, ispirati agli eroi davvero esistiti. Quando scrivo, ho sempre una colonna sonora di sottofondo, che di solito è composta di una o due canzoni. Nel caso di “La mia amica ebrea” ho usato “Let it be” dei Beatles e “Imagine” di John Lennon. Sono due classici della musica, due canzoni immortali, dai testi meravigliosi… penso che la musica possa aiutare a enfatizzare le emozioni, e a me è servita proprio a questo, sia durante la stesura del romanzo sia dopo. Ogni volta in cui riascolto quelle canzoni, ripenso a Josepha e alla sua storia. Dopo aver scritto il romanzo, poi, mi sono imbattuta casualmente in un’altra canzone: “The last day on Earth” di Kate Miller che, per me, è diventata la colonna sonora “ufficiale” del libro. Diciamo quindi che scrivere “La mia amica ebrea” è stato un viaggio nelle emozioni, nell’orrore, nel coraggio, nella vita, nella paura della morte, nella voglia di libertà e di giustizia.

C'è spazio per l'amore in questi romanzi?
Rebecca: Direi che c’è spazio per l’idea dell’amore. Josepha ha quindici anni, ma non si sente ancora pronta per crescere. La definirei un po’ come Jo March di “Piccole donne”. Quasi tutte le sue amiche, invece, non vedono l’ora di diventare grandi e due di loro parlano quasi esclusivamente di ragazzi. Quando ne conoscono due, Josepha si ritrova catapultata dai loro discorsi nel mondo dell’amore, che però vive solo per riflesso delle esperienze altrui. Nonostante le sue reticenze, a un certo punto Josepha conosce un ragazzo. È un passaggio molto importante per lei, perché si rende conto che comincia a provare interesse per questo giovanotto, ma che, per assecondare questi nuovi sentimenti, deve cominciare a salutare la Josepha che era, incamminandosi verso un nuovo futuro. Non parlerei di amore, ma più che altro di un’infatuazione. L’amore, come tutto, era determinato dalla guerra. C’erano dichiarazioni fatte nel giro di pochi giorni, prima che il giovanotto partisse per il fronte; persone che - per non perdere neanche un attimo di quella vita che minacciava di abbandonarli improvvisamente - magari amplificavano i loro sentimenti, trasformando semplici cotte in amore… insomma, era un periodo complicato, ma pian piano, quando il suo cuore sarà reso arido da ciò che ha vissuto e perduto, Josepha si scoprirà a desiderare proprio quello: l’amore. L’amore per un ragazzo, l’amore in generale. L’amore, un sentimento positivo che l’aiuti a sentirsi nuovamente viva. 

Sofia: Sì, molto. C’è l’amore di una famiglia che non vuole essere separata, ma c’è anche la bellezza del primo amore. Lia s’innamora di Hadas, un giovane ragazzo ebreo che lei conosce grazie alla corrispondenza. Con il passare dei mesi Lia e Hadas s’incontrano di persona e, per un periodo, con le loro famiglie si rifugiano nel solito nascondiglio. Lia e Hadas condividono molto; tra cui i sogni e la voglia di tornare a essere liberi. La magia del primo bacio è indimenticabile e tutto prende uno spessore ancora più grande quando Lia, una volta arrivata ad Auschwitz, non vuole essere separata da Hadas. 
L’amore che Lia prova nei confronti di Hadas andrà avanti per tutto il romanzo e, non appena possono, i due ragazzi – rinchiusi nei campi di concentramento - s’incontrano, di nascosto alle SS, e parlano di loro, dei loro sentimenti, dei loro sogni. E del loro bisogno di tornare a Roma, nelle loro case, e di poter guardare insieme al futuro e di poter godere appieno dell’amore che li unisce. 

Da chi o cosa avete tratto ispirazione per scrivere?
Sofia: Avevo in mente la trama di “Quando dal cielo cadevano le stelle”, ma dopo aver fatto numerose ricerche e aver raccolto varie testimonianze, allora mi sono ispirata anche alle parole di coloro che hanno vissuto la guerra e le deportazioni sulla loro pelle. Tali testimonianze hanno arricchito il mio romanzo rendendolo più vero e permettendomi di dare più informazioni sulle varie vicende storico – politiche.

Rebecca: L’idea per “La mia amica ebrea” mi è venuta naturalmente, in maniera spontanea, ma ovviamente è stata arricchita con il lavoro e con l’aggiunta delle informazioni raccolte nelle testimonianze. La mia fonte d’ispirazione sono stati i tedeschi veramente esistiti che, con il loro coraggio e la loro nobiltà d’animo, hanno aiutato gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, correndo dei gravi rischi e spesso rimettendoci la vita.

A quale tipo di lettore consigliereste i vostri romanzi?
Rebecca: Lo consiglierei alle persone che hanno un interesse per l’Olocausto, naturalmente, ma anche a coloro che sono in cerca di una storia d’amicizia, d’amore per la vita, di forza e di coraggio. Nonostante gli argomenti affrontati, “La mia amica ebrea” è un romanzo di speranza, che vuole ricordare uno dei lati meno conosciuti dell’Olocausto e dedicare un pensiero a tutti i tedeschi che hanno aiutato gli ebrei durante quei terribili anni. Ho scritto questo romanzo per un pubblico young adults, perché penso che sia importante insegnare alle nuove generazioni a ricordare il passato, perché è il terreno su cui è stato costruito il nostro presente e perché possiamo fare memoria quegli errori per non commetterli più.

Sofia: Lo consiglio chi non vuole dimenticare le atrocità che hanno subìto gli ebrei e a chi vuole capire che cosa significava vivere durante la Seconda Guerra Mondiale.
O meglio, che cosa significava vivere durante la Seconda Guerra Mondiale essendo ebrei.
In molti dicono che il tema dell’Olocausto è deprimente, ma penso che tutto questo non giustifichi l’indifferenza da parte della gente, ecco perché sprono chiunque a continuare a leggere e a ricordare. Questa è la storia del nostro passato e, in “Quando dal cielo cadevano le stelle”, possiamo vivere la storia romanzata di una ragazzina ebrea che si è vista portare via tutto e rinchiudere ad Auschwitz. Credo che nessuno dovrebbe dimenticare e, anche se ho scritto “Quando dal cielo cadevano le stelle” pensando a un pubblico di giovani lettori, lo consiglio a chiunque voglia ricordare e voglia continuare a dare una voce a tutti quegli ebrei che sono stati perseguitati e internati in dei campi di concentramento.

Avete già nel cassetto altre idee per futuri libri?
In caso di risposta affermativa, siamo curiosi di saperne di più, e ovviamente più che disponibili a parlarne sul Blog.
Sofia: Sì, ho moltissime idee. Innanzitutto, non smetto mai di scrivere e di cercare appunti per i miei prossimi libri. In questo periodo sto anche facendo l’editing del mio secondo romanzo che pubblicherò quest’estate. Non posso ancora svelare molto ma dico che non è ambientato in Italia, ma in India, definito il Paese peggiore in cui nascere donna. Le protagoniste sono proprio due giovani donne di nazioni e culture diverse unite però dalla voglia di lottare per la giustizia. Vedremo nascere una delicata amicizia tra due ragazze diverse ma uguali, che tra numerose vicissitudini e scomparse, ritrovandosi al centro di infinite bugie, grideranno per dire basta ai matrimoni combinati, alle violenze e al potere degli uomini, che grideranno per dire sì all’istruzione, ai diritti e alla libertà di parola e di pensiero. 

Rebecca: Cerco di scrivere ogni giorno quindi ho sempre dei progetti in cantiere! Il mio prossimo libro uscirà quest’estate ed è un romanzo cui tengo molto. Racconta la storia di una ragazza realmente esistita, e questo ha rappresentato per me una grande sfida durante la scrittura. Non avevo mai lavorato su un romanzo del genere, prima, e le difficoltà sono indubbie rispetto allo scrivere un personaggio che è completamente frutto della mia fantasia, ma non vedo l’ora che esca anche questo mio nuovo romanzo perché penso che la storia meriti di essere raccontata. Non posso dire chi è la protagonista, ma si tratta di una ragazza sui vent’anni sconosciuta ai più e penso che quelli che ne hanno sentito parlare non si siano soffermati più di tanto a chiedersi chi fosse davvero. È un romanzo che racconta tante storie in una, che permetterà al lettore di porsi delle nuove domande su alcuni personaggi storici e sul periodo in cui si svolge la vicenda, ma il mio obiettivo principale sarà quello di portare la storia della protagonista all’attenzione della gente, perché possa essere ricordata come credo che meriti. 

Grazie ragazze per averci aiutato a non dimenticare.
Sarete sempre le benvenute sul nostro Blog.

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