Pensieri e riflessioni su "Fragili e preziose" di Megan Hart

Titolo: Fragili e Preziose
Autrice: Megan Hart
Prezzo: euro 9,90
ebook disponibile 
ISBN: 8861833349
ISBN-13: 9788861833340

Sinossi:
Fragili e preziose, le rose hanno bisogno di cura e attenzione per crescere. Nel giardino di Gilly le rose non fioriscono mai, lei non ha tempo per loro né per se stessa, sovrastata dalle esigenze della propria famiglia, dai pianti ininterrotti dei figli, dalle aspettative degli altri che la soffocano lentamente, togliendole un po' d'aria ogni giorno. Ma proprio nel momento in cui crede di non farcela più, si ritrova con un coltello alla gola. Il suo primo pensiero è che finalmente potrà avere un po' di tregua. Ora qualcuno dovrà salvare lei. Segregata in una casupola circondata solo da neve, con un rapitore sempre meno folle e sempre più umano, le ci vorranno forza e coraggio per non dimenticare che quest'uomo è sull'orlo di un baratro, e che se non starà attenta potrebbe cadere insieme a lui, come una rosa nella neve.

Il pensiero di Amarilli73:
Conoscevo già Megan Hart per vari suoi romanzi, più o meno erotici, e pure di discreto livello (Perfette geometrie, Fondente come il cioccolato), e quindi ero molto curiosa di leggere questa sua prova in versione “suspence”. A lettura finita, direi “ni” (né sì né no), perché decisamente preferisco il suo genere più classico.

Pur avendo anch’io a che fare continuamente con bimbi piccoli, non ho provato alcuna empatia-simpatia per la protagonista Gilly, una moglie/madre/casalinga sfinita, che si è autocreata (per sua stessa ammissione) una vita piena di frustrazioni, dove l’unico rimedio è rifugiarsi negli enormi supermarket americani, a comparare prezzi e a fingere di fare una spesa lunghissima, per poter riprendere ossigeno.

Ho trovato Gilly addirittura fastidiosa, quando si sforza di trattare i suoi due bambini come se applicasse il manuale della madre perfetta: farsi sempre vedere allegra, mai farsi vedere irritata, cercare sempre di relazionarsi con i figli nel pieno controllo di sé (cioè una continua, estenuante finzione, perché dentro è sul punto di rottura, e non vede l’ora di scaricarli il più lontano possibile, su un divano, con la tv come baby-sitter). 
Magari sarebbe auspicabile un po’ più di disciplina e qualche sana scenata liberatoria in più, che evitare di andare in giro come una lattina di gassosa pronta a esplodere in gesti incontrollabili….

Una sera, mentre è ferma a prelevare al bancomat, uno sconosciuto le sale in macchina e per Gilly e i suoi bimbi il ritorno a casa si trasforma in un incubo. 
O meglio, in un semi-incubo, perché, dopo essere riuscita a liberare i figli, e messa di fronte alla possibilità di scappare (il tizio con il coltello non vuole lei, ma solo l’auto), Gilly “sceglie” di restare in macchina, per godersi ancora un po’ di quel silenzio irreale, tutto per sé, e senza marmocchi urlanti.
Già questo dovrebbe dirla lunga sullo stato mentale della protagonista: la prima sensazione di Gilly rimasta sola con l’uomo cattivo è: puro…“sollievo”.
A ciò si aggiunga che Todd il sequestratore non è neppure un vagabondo tossico e puzzolente, ma un giovane moro intrigante, che profuma di sapone, e che porta con sé Gilly in una fattoria sperduta e isolata, con chilometri di neve e ghiaccio tra loro e il mondo.

(* Attenzione: da qui c’è qualche SPOILER) Passano i mesi e la coppia, infreddolita e ristretta in questa strana convivenza forzata, comincia a conoscersi: entrambi debbono fare i conti con un passato doloroso e una madre angosciante, di cui portano ancora il peso.

E, quasi quasi, uno si affeziona all’uomo cattivo Todd, schizzato ma timido, e comunque educato nelle sue goffe premure, se si considera che ha che fare con una sbalestrata che prima scappa, il giorno dopo prepara il pane, il giorno dopo si ammala e deve essere curata, il giorno dopo chiacchiera e gioca insieme, il giorno dopo riscappa e lo ignora, ecc., in un’altalena umorale che è logorante. E piuttosto noiosa (a dirla tutta, cominci a capire perché il marito di Gilly, certe mattine se ne andava al lavoro dimenticandosi di salutarla..).

Ora, forse, aspettarsi una svolta romantica, complice la sindrome di Stoccolma, era magari un mio azzardo del tutto fuori luogo. Però il finale mi ha lasciato proprio senza parole, e piuttosto incattivita.

Non ci viene risparmiata neppure una implicita lezioncina morale: tutti quei (lunghi lunghissimi) mesi di allontanamento forzato, solo per far capire a Gilly che le vere cose importanti della vita l’aspettano a casa, e che le cose più preziose sono spesso anche le più fragili.
La sua famiglia. Preziosa e fragile e adorata.
Amarilli73

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