Pensieri su "Il valzer degli alberi e del cielo" di Jean-Michel Guenassia

Francia, estate 1890. Marguerite Gachet è la figlia diciannovenne del dottor Gachet, un medico che sta curando e ospitando Vincent Van Gogh. 
Tra i due nascerà un amore travolgente come tutti gli amori che vanno contro le regole. 
Una relazione con un artista squattrinato non è infatti quello che il padre aveva previsto per la figlia e non tarderà a opporvisi con spietata durezza. 
Gli ultimi giorni di Van Gogh immaginati sotto una nuova luce, la stessa che inondava i suoi quadri e bruciava nel suo animo tormentato. 
E se Vincent non si fosse suicidato?

Titolo: Il valzer degli alberi e del cielo. L'ultimo amore di Van Gogh
Autore: Jean-Michel Guenassia
Editore: Salani
Collana: Romanzo
Traduttore: Bruno F.
Data di Pubblicazione: 18 aprile 2017
EAN: 9788893810937
ISBN: 889381093X
Pagine: 356
Prezzo: € 16,90

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Dove vai mio piccolo girasole?

Quando ho iniziato a leggere questo romanzo non sapevo davvero cosa aspettarmi.
Conoscevo Guenassia per i suoi premi e il suo stile particolare (un tono francese, un po' elitario e rarefatto, che qui peraltro viene reso bene dal traduttore), ed ero stata attratta dall'idea di trovarmi davanti a una sorta di riscrittura della vita di van Gogh (pittore che adoro), visto attraverso gli occhi di una donna.
Guenassia,in effetti, scegli  di raccontare tutto in prima persona, utilizzando il POV di Marguerite Gachet, la figlia del medico che ospitò veramente il pittore nell'estate del 1890.
Seppure Marguerite fu una figura minore, sullo sfondo della vita di Vincent (per quanto ci furono varie voci sul loro amore), qui diviene il perno della narrazione: una figura particolarissima di ventenne, ribelle, sognatrice, femminista ante-litteram, desiderosa di scappare dal sua paesino nella campagna francese per fuggire a New York, per imparare a dipingere dai grandi, per vivere d'arte (ma non d'amore: al momento non le interezza affatto). 

Intendo essere onesta con coloro che mi leggeranno, ma soprattutto con me stessa. questi ricordi felici sono tutto quello che mi resta e non vogliono che vadano sprecati. Un giorno, questo diario verrà alla luce e questa storia sarà rivelata.

Marguerite è una ragazza che tollera con insofferenza il maschilismo trionfante, l'ipocrisia borghese, l'antisemitismo che striscia subdolo (anche tra i pensatori laici e più illuminati del tempo), quel senso diffuso di ingiustizia, invidie sociali e violento progresso economico (è l'epoca della torre Eiffel e dell'industria nascente) che culminerà nei campi di battaglia della prima guerra mondiale, e nella sua catarsi di sangue e morte.

Questa impotenza a esprimermi non è una fatalità irriducibile ma il segno della mia giovane età, devo trovare me stessa. l'ideale sarebbe stato entrare alla scuola di Belle Arti e poter accostare maestri di qualità, ma questo è impossibile, per farlo dovrei travestirmi da uomo, le persone del mio sesso non possono accedervi, Dio sa solo perché.
Forse gli uomini temono di perdere il predominio, qualora fossimo messi a confronto. Noi siamo buone soltanto a contemplare le loro opere, senza avere il diritto di imparare e diventare delle artiste riconosciute. E, se mai una donna riuscisse a mettere un piede nella porta socchiusa, sono sicura che loro la richiuderebbero con tutta la violenza possibile, anche a costo di spezzare qualche osso.

Intanto però siamo ancora a Auvers-sur-Oise e van Gogh non è che uno dei tanti giovani pittori che vivono di fortuna ed espedienti. La ragazza si aspetta di incontrare un artista macilento, roso dal male di vivere. Invece Vincent le appare come un uomo robusto e sano, quasi un bracciante, biondo e sorridente. Diviene un ospite abituale del padre, benvoluto perché paga in quadri, e Marguerite capisce fin da subito che quel pittore non è come tutti gli altri: il giallo che guizza, il verde che trema, l'odore del grano che esce dalla tela. 
Lui è il più grande, dopo Rembrandt. Dopo Vincent non ci sarà più nessuno.
Lui non si limita a dipingere, ma "si lancia di nuovo in quel corpo a corpo, flagella la tela con colpetti frenetici", lui "di profilo non assomiglia a un artista ma a un uccello da preda indaffarato con la sua vittima."

Tra i due nasce una sorta di rapporto, che entrambi però fraintendono.
Marguerite ha sogni e speranze, vede in Vincent la salvezza per uscire dalla gabbia di vita in cui è rinchiusa. Vincent ha quasi quarant'anni, ha indubbiamente altri sogni e speranze.
Il destino è una falce che ondeggia sopra di loro come sui campi di grano.
Di certo, la morte di Van Gogh è sempre stata avvolta dai dubbi, e l'intuizione dell'autore è stata quella di raccogliere i tanti indizi (gravi) sparsi qua e là, fornendo una tesi suggestiva.
La fine di Vincent lascia comunque con l'amaro in bocca, e avrei preferito un finale diverso anche per questo romanzo. Uno squarcio in più sugli eventi, sull'esistenza di Marguerite, anche se mi rendo conto che è stato già tanto scavare tra reticenze e misteri, e dare un volto, delle emozioni e un senso all'esistenza sconosciuta di Marguerite Gachet, giovane donna ritratta (e forse amata, e forse risparmiata) dal pittore.
In ogni caso, anche se intenso nella sua amarezza, un romanzo che regala più di un brivido.

Sapevo che in quel preciso momento Vincent pensava a me, con la mia stessa forza e che eravamo legati l'uno all'altra da ciò che unisce coloro che si amano e si danno l'uno all'altra senza calcolo o tornaconto, unicamente per la gioia, e perché è il loro destino.

Amarilli

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