Pensieri e riflessioni su "Quando Hitler rubò il coniglio rosa" di Judith Kerr

Kerr Judith 
Quando Hitler rubò il coniglio rosa 
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Ragazzi) 
Pagg. 277 - € 6.80 
ISBN: 8817029467 
ISBN-13: 9788817029469

Sinossi:
Si può essere felici lontano da casa? Anna e la sua famiglia, braccate dai nazisti, hanno dovuto lasciare Berlino e cambiare città più volte. Adattarsi non è facile. Ma la cosa più importante è restare insieme.

Il pensiero di Annachiara:

Quando Hitler rubò il coniglio rosa è un romanzo per bambini scritto nel 1971 da Judith Kerr.

“Se non hai una casa tua, allora devi stare con la tua famiglia.”

Libro in parte autobiografico, narra la storia di Anna e della sua famiglia ebrea, costretta a lasciare la Germania all’elezione di Hitler come cancelliere e a vagare per diverse città europee prima di approdare, infine, a Londra.
Dalla rocambolesca fuga in Svizzera alla sistemazione in un piccolo appartamento a Parigi fino all’approdo a Londra, ciò che viene messo in risalto in questa lettura è la difficoltà di adattamento, alla lingua soprattutto ma anche agli usi e costumi del posto, che Anna, suo fratello maggiore e i suoi genitori incontrano ogni qual volta si stabiliscono in un paese nuovo. E, naturalmente, il forte senso di unità che si sviluppa tra di loro e che li rende capaci, mese dopo mese, di resistere alle difficoltà e ai sacrifici che la vita imporrà loro.

Questa è stata definita una storia per bambini, ma io credo che sia piacevole da leggere anche per gli adulti: infatti non annoia mai, nonostante la vicenda sia narrata dagli occhi di una bambina di dieci anni e parli soprattutto dei problemi che attanagliano lei e non, per esempio, i suoi genitori. Se ci si immerge nella prospettiva che ci viene fornita, si riesce ad apprezzare le lezioni in francese nella nuova scuola, le stoffe donate dalla zia per un nuovo cappotto e i pomeriggi passati a pescare in Svizzera. Le preoccupazioni di Anna sono così ben descritte che non viene mai da pensare come, in fondo, siano solo le preoccupazioni di una bambina.

Anche il tono della narrazione e lo stile di scrittura non sono affatto male. Semplici per essere accessibili ai più giovani, ma niente affatto piatti e certamente meglio di tanti libri per adulti.

Ciò che invece ce lo fa considerare come lettura per bambini è il particolare modo in cui è stata trattata la tragedia del nazismo: in maniera molto soft. Dopotutto Anna e la sua famiglia sono sì ebrei, ma riescono a scappare dalla Germania prima che questa diventi nazista e tutto ciò che apprendiamo della dittatura è composto da pochi messaggi che lo zio Julius, un amico di famiglia rimasto in patria, invia di tanto in tanto. Inoltre, la narrazione non arriva neanche a sfiorare la tragedia della guerra e perciò per tutta la durata della storia, la protagonista vive in una beata inconsapevolezza, mettendo in risalto solo la sua condizione di profuga.

“Chi ruba sogni e conigli, chi sottrae liete corse e sogni festosi ha i terribili baffetti di un tiranno mostruoso.”

Nonostante ciò, io non credo che per questo motivo possa essere definito un libro poco utile o poco istruttivo, anche per quanto riguarda gli adulti. Soprattutto per via di una stupenda postfazione di Antonio Faeti, presente nell’edizione qui considerata, che, tirando le somme di questa storia, spiega come, tra tutti i mali perpetrati dalle dittature di ieri, di oggi e di domani, vi sia anche la sottrazione di sogni, speranze e progetti per il futuro dei bambini. Quelle poche pagine alla fine del libro aprono gli occhi su come il nazismo non sia stato solo guerra e campi di concentramento ma prima di tutto una spietata dittatura che ha tolto libertà e voglia di sperare a gran parte della popolazione.

Note di merito vanno inoltre ai graziosi disegni che accompagnano i ventiquattro capitoli e al finale: mi sono chiesta spesso, durante la narrazione, come l’autrice intendesse concluderla perché come continui la Storia lo sappiamo tutti. La soluzione che ha trovato mi è parsa elegante e anche un filo poetica: l’arrivo a Londra e l’ennesimo inizio assumono una prospettiva particolare e interessante allorquando Anna si ricorda della prima volta che ha lasciato la sua casa in Germania. Certo, la riflessione poi viene troncata in fretta e mi sembra che l’autrice avrebbe potuto insistere per qualche riga ancora su questo, ma in generale mi è sembrato un buon finale.

Segnalo inoltre che al romanzo è stato dato un seguito, La stagione delle bombe, che narra la vita di Anna, ormai adolescente, a Londra, durante la guerra.
Annachiara

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