Pensieri su "L'estate della buona società" di Lex Croucher


Inghilterra, anni Venti dell'Ottocento. Mr Thomas Hawksley è tornato in città. Non se ne conosce il vero motivo e di certo nessuno lo verrà a sapere da lui, così introverso, enigmatico e, a detta di tutti, poco incline al divertimento. Ma è estate e, per salvare le apparenze, deve suo malgrado partecipare a qualche festa. 
Un'estate che Georgiana non avrebbe voluto trascorrere con gli zii che, pur appartenendo alla buona società, conducono una vita molto appartata. La noia è la sua unica compagna. Finché, al primo ballo a cui è invitata, conosce Mr Hawksley. Il loro è un incontro tutt'altro che indimenticabile. Lei fa una gaffe dopo l'altra e lui sembra poco interessato alla conversazione. Nulla che lasci presagire una futura frequentazione, nemmeno di facciata. Anzi, tutto il contrario. Ma la città non è grande e rivedersi è inevitabile. Nonostante tutti consiglino a Georgiana di stare alla larga da lui perché il suo temperamento non può portare a a di buono, l'uomo esercita su di lei un fascino sempre maggiore. E più Thomas si ripete che Georgiana è solo una ragazza che passerà lì l'estate, più togliersela dalla mente diventa difficile. Ma arriva sempre il momento della verità. Quello in cui non si può più nascondere a. Ed è allora che i due devono capire a cosa e a chi credere davvero.

L'estate della buona società 
Autore: Lex Croucher
Editore: Garzanti
Pagine: 320
Uscita: 24 giugno 2021



Georgiana si stupì di fronte all’intensità dei suoi stessi sentimenti, e di scoprire che quell’improvviso momento di vulnerabilità non la avesse affatto allarmata. 
A nessun eroe di qualsiasi storia d’amore avesse letto era concesso di provare qualcosa che non fosse una legittima rabbia: ogni dolore si trasformava immediatamente in una rapida e furiosa vendetta. 
Era contenta che Thomas non seguisse il copione; qualsiasi altra reazione sarebbe stata artefatta.

Breve premessa a questo romanzo: capisco il volersi differenziare tra millemila libri usciti sull'onda dei Bridgerton... ma bastava variare la trama, discostarsi come hanno fatto tante scrittrici prima di Julia Quinn. Invece qui si tenta la via polemica, accusando gli scrittori del passato e il governo inglese (nientemeno!) di avere voluto praticare il "whitewashing", ovvero di cancellare protagonisti non bianchi dal passato inglese, come se questo libro fosse una sorta di rivincita, dimostrando come si scrivono veramente i libri.
La cosa mi pare un pelo azzardata da due punti di vista.
Da un lato, perchè velatamente l'accusa viene mossa pure alla Austen e dubito che zia Jane avesse in mente di bianchizzare le sorelle Bennet, quando scrisse di loro. Semplicemente, la sua storia aveva le protagoniste che lei conosceva e forse nel mondo dei Bennet erano davvero tutti inglesi bianchi (per puro caso).
Dall'altro lato, occorre rilevare che semmai questo romanzo eccede nel senso opposto, presentando una trama così astorica e manipolata, da sembrare più che altro inverosimile.

Se il serial dei Bridgerton, un po' rock e un po' shock, ci ha abituato a più di una licenza, non è che tutto si possa adattare così, perché il trend è quello di modernizzare un regency troppo severo.
Qui, nonostante siamo nel 1820 e dintorni, le ragazze diciassettenni di buona famiglia assomigliano più a una gang di bulle alcoliste che non a ciò che siamo abituati. 

Gioventù bruciata ottocentesca?
Ok, potrebbe anche starci, purché mi si dica da dove viene lo spunto. Non basta dire che hai attinto a fonti non governative e non razziste... dimmi anche quali.
Nulla. Tanta vena polemica pro marketing, senza uno straccio di indicazione.

Ma la colpa più grave qui è la noia. 
Si arranca per almeno metà libro, si rimane strabiliati per l'evolversi degli eventi e si prova un certo sollievo quando i personaggi concludono la storia.
Georgiana è piatta e lagnosa, Thomas bisogna spingerlo perchè si animi, l'unica con un po' di vita è Frances. E a momenti la trama che appare sul libro è persino più vivace del libro stesso.

«Niente fa perdere la testa a una signora come un pianto notturno.»
«Non so se si possa chiamare così. Un pianto serale, al massimo. Non sono neanche le undici.»

Amarilli

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