Pensieri e riflessioni su UNA LUCE ACCECANTE di Renae Kaye

Jake Manning non è mai stato bravo a tenere a freno la lingua. A causa di questa pessima abitudine – e di una buona dose di sfortuna – non riesce mai a tenersi un lavoro. Ora ha un grosso debito da saldare e una madre alcolizzata e tre sorelle di cui prendersi cura. Quando gli viene offerto un posto da domestico, Jake è così disperato che accetta senza pensarci due volte. Ma gli basta un giorno per capire che il suo nuovo datore di lavoro, Patrick Stanford, è un uomo viziato, arrogante, maleducato e… cieco.
Nato senza l’uso della vista, Patrick è abituato a essere sempre accontentato, ma trova un degno avversario in Jake, che non accetta le sue intemperanze e minaccia di scambiare le etichette in braille sui barattoli della dispensa e di fuggire col suo cane guida, se non si darà una regolata.
Lentamente, Jake comincia ad affezionarsi a Patrick, e le cose a casa sembrano andare per il meglio. Ma quando finalmente decide di pensare alla propria vita e di dedicarsi alla sua nascente storia d’amore, i doveri di famiglia si fanno di nuovo pressanti, mettendolo nella posizione di dover scegliere… o di permettere a Patrick di aiutarlo.

Titolo: Una luce accecante
Titolo originale: The Blinding Light
Autrice: Renae Kaye
Traduttrice: Chiara Fazzi
Editore: Triskell Edizioni
Isbn: 978-88-9312-064-7
Lunghezza: 236
Prezzo: 5,99 euro

***

Aveva riso, «E cosa farai se non aspetto!»
Quella mi era parsa curiosamente vicina a una sfida. Avevo emesso un basso brontolio di petto e avevo ribattuto: «Potresti ritrovarti inchiodato su quel letto, mentre ti bacio fino a farti perdere i sensi.»
Lui si era tirato su la trapunta, si era raggomitolato e aveva sorriso. «Promesse, promesse.»

Arrivata alla seconda storia, posso dire che uno dei tratti distintivi di quest’autrice è senza dubbio una propensione alla tenerezza, ai legami familiari e al senso di “casa” (indipendentemente da come ciascuno di noi può immaginarla e pensarla). E forse anche una certa simpatia per le persone più deboli, non tanto per demeriti propri, ma perché è la stessa società a lasciarli ai margini senza offrire loro la possibilità di mettersi alla prova. 
Ho trovato deliziosa la parte dedicata al rapporto di lavoro tra il domestico e il terribile e pignolo Mister Stanford, così come dolcissimo il rapporto che lega Jake alle sue sorelle e a sua madre. E poi intenso e pieno di speranza l’impegno di Jake per far sentire il suo Mister Stanford un uomo come tanti, senza etichette né pregiudizi.

Il tutto viene narrato con un tono coinvolgente e sincero, lasciando perdere scivoloni di retorica che mi avrebbero infastidito. 
Preferisco storie come queste a tanti romanzi dove il finale è solo cuoricini e assenza di problemi all’orizzonte. 
Qui non ci si nasconde: il problema fisico rimane, le difficoltà saranno sempre dietro l’angolo. Tuttavia più persone si stringono per andare avanti, come sottintende una delle metafore più riuscite del libro: persone come tanti corpi celesti in un unico sistema, dove nessun pianeta può starsene da solo. Ciascuno può offrire protezione a chi gli sta vicino, ma necessita a sua volta di essere attirato in un’orbita stabile.

Il tipo non aveva mosso un muscolo. Be’, non proprio. Una parte di lui si era mossa eccome, e adesso puntava dritta in aria, tendendo la stoffa della biancheria come una tenda. Chiusi gli occhi, Dio mi stava mettendo alla prova, ne ero sicuro.

Amarilli73












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