"Il ricordo dell'amore" di Aminatta Forna
Il ricordo dell’amore
Aminatta Forna
Cavallo di ferro Editore
EAN 978 88 7907 142 0,
Aminatta Forna
Cavallo di ferro Editore
EAN 978 88 7907 142 0,
19.90 euro,
pp. 686
titolo originale The Memory of Love,
titolo originale The Memory of Love,
traduzione: Annarita Guarnieri
Da aprile 2014 in libreria
Vincitore del Commonwealth Writers’ Prize 2011
Candidato al Premio Europeo per la Letteratura 2013
Finalista al Warwick Prize 2010, all’Orange Prize for Fiction 2011 e all’International Impac Award 2012
Miglior libro dell’anno per «Sunday Telegraph», «Financial Times», «The Times»
Da aprile 2014 in libreria
C’È UN PRIMA E C’È UN ORA. IN MEZZO, UN VUOTO SENZA SOGNI
Vincitore del Commonwealth Writers’ Prize 2011
Candidato al Premio Europeo per la Letteratura 2013
Finalista al Warwick Prize 2010, all’Orange Prize for Fiction 2011 e all’International Impac Award 2012
Miglior libro dell’anno per «Sunday Telegraph», «Financial Times», «The Times»
Ingrigito da un matrimonio con pochi guizzi e desideroso di ridare senso alle sue motivazioni professionali, lo psicologo inglese Adrian Lockheart fa domanda presso l’Agenzia Internazionale per la Salute per recarsi in Sierra Leone dove potrà approfondire l’oggetto d’elezione dei suoi studi, il disturbo post-traumatico da stress (DPTS). Lo stress del Paese africano è costituito dall’esperienza della guerra civile appena conclusasi dopo 11 sanguinosi anni (1991-2002). Poco dopo l’inizio del lavoro nell’ospedale psichiatrico di Freetown, Adrian fa due conoscenze che cambieranno il corso della sua vita. Una è Elias Cole, un anziano storico britannico, docente prima e preside di facoltà poi, all’ultimo stadio di una fibrosi polmonare. Elias racconta ad Adrian del suo amore per Saffia, iniziato oltre trent’anni prima, quando la donna era la moglie dell’ingegnere e accademico Julius Kamara, e affatto esauritosi con la morte di lei. Si era a cavallo del 1968 e del 1969, per il Paese un periodo di grandi tensioni politiche e disordini sociali che coinvolsero Elias e Julius in maniera antitetica. L’altro incontro di Adrian è quello con il collega Kai Mansaray, un giovane chirurgo locale, specializzato nella ricostruzione ortopedica – la perdita della funzionalità delle gambe e la claudicazione sono all’ordine del giorno dopo il conflitto. Kay è oppresso da un’insonnia cronica che lo inchioda a ricordi terribili legati alla guerra e alla coetanea Nenebah, l’amore della sua vita da cui si è separato; riesce a placarsi soltanto quando opera, altrimenti il tormento è incessante, parallelo a quello dei suoi pazienti che seguitano a provare dolore agli arti seppure ne siano oramai privi.
Tra Elias e Kai c’è un legame, al cui centro, suo malgrado, si troverà lo stesso Adrian...
Quella sierraleonese è stata una delle più cruente guerre civili della storia africana moderna con oltre 50.000 morti, migliaia di mutilati e 2,5 milioni di sfollati.
Il motivo scatenante del conflitto è la zona diamantifera, nella parte est dello Stato, focolaio di appetiti crescenti e diffusi da parte di sacche di popolazione piagate da abnormi sperequazioni economiche ed ex soldati del governo, che insieme danno vita al Fronte Rivoluzionario Unito (FRU). La contrapposizione con l’establishment politico segna l’inizio dell’insurrezione armata e quindi del conflitto civile. Fatta eccezione per la vicina e interessata Liberia – che ingrossa le fila del FRU con le sue forze speciali (il National Patriotic Front of Liberia) – e per i mercenari sudafricani degli Executive Outcomes – chiamati a dar man forte al governo –, la Sierraleone vive anni di isolamento micidiale con ambasciate chiuse e aeroporti deserti. L’apice dell’orrore è nell’ultimo lustro della guerra: aumentano omicidi, saccheggi, razzie e rapine, la maggioranza delle quali avviene per mano dei cosiddetti bambini soldato – manodopera analfabeta e minorenne (al di sotto dei 15 anni), di cui il 30% formata da femmine –, che i ribelli rendono professionisti dello stupro e della mutilazione, utilizzate alla stregua di vere e proprie armi da guerra. L’incoscienza di questi ragazzini favorisce il perpetrare di atrocità indicibili, come la menomazione e l’uccisione degli stesso genitori. L’intervento tardivo ma risolutivo della Gran Bretagna, coadiuvata dal contingente aereo guineano, pone fine al conflitto nel gennaio 2002.
Sulla popolazione l’effetto della brutalità e della violenza, sia inflitta che subìta, è simile a una sorta di intorpidimento generale: le persone con un passato di guerra non sanno più rapportarsi a un nuovo presente tantomeno a un futuro, sono piene di incertezze, dubbi, memorie strazianti di perdita e vergogna, segreti inconfessabili di crudeltà e tradimento forzati. Sul 99% dei sierraleonesi si è abbattutto un gigantesco e collettivo DPTS, un altro calvario, anche se diverso, un dolore subdolo e ingestibile che rende gli individui estremamente vulnerabili e che si esprime in molteplici modi – disagio mentale, visioni, confusione dei piani di realtà, condotta antisociale, stati di fuga autoindotti.
Il ricordo dell’amore di Aminatta Forna racconta come si vive dopo tutto questo, se si può risalire dagli inferi e in che modo. I grandi temi del libro sono quelli della salute fisica e psichica di un Paese dopo la guerra, dei contraccolpi che un trauma di una portata simile può avere sulla responsabilità personale – inibita a esprimersi, quando è nel mezzo di un’ingiustizia esasperante –, della cura e della guarigione.
L’autrice ha viaggiato lungo la Sierra Leone trascorrendo del tempo in ospedale dove ha osservato pazienti mutilati e seguito il loro particolare tipo di assistenza psicologica. Alla sofferenza lancinante di ferite fisiche ancora aperte la scrittrice contrappone bocche chiuse, sintomatiche del silenzio assordante di chi non riesce a comunicare il trauma patito.
Si entra nel romanzo gradualmente, ma questa gradualità, lungi dal rivelarsi una debolezza, diventa punto di forza, segno di una sconfinata generosità da parte dell’autrice che agevola l’instaurarsi di un rapporto di intimità autentica e compenetrazione tra la sua poetica e il lettore. Questi ha modo di familiarizzare profondamente con l’atmosfera del libro e con l’intensità emotività multisfacettata che lo pervade – gli ambienti, le situazioni, le immagini, i paesaggi e, naturalmente, i personaggi.
Resta impressa la parabola discendente di Elias Cole. L’anziano accademico agghinda la sua storia privata, celandone le macchie. Tuttavia egli non si nega al confronto terapeutico con Adrian, perché? Forse perché finisce per rappresentare una forma di espiazione dai sensi di colpa e di tregua dall’ossessione derivatagli dalla perdita per Saffia. Il matrimonio di Saffia con Elias Cole ha mancato dell’intensità e dell’affinità elettiva che legava la donna al primo marito. Non c’è stata empatia né forse curiosità da parte di Saffia per Elias, perché le loro realtà sono apparse subito inconciliabili: se la vita coniugale di Saffia e Julius era improntata all’impegno e al dissenso politico, quella di Cole è all’insegna dell’avanzamento sociale in conformità con lo status quo e le sue regole, anche se queste prevedono atti poco nobili. Elias è rimasto indubbiamente affascinato da una visione del mondo diversa dalla sua, fondata su una sicurezza tale delle proprie convinzioni da spazzare via ogni paura, ma Julius – che incarnava radicalmente questa visione – ha intuito lo spirito gregario dell’altro e, a parte accordargli un’amicizia superficiale, ha soltanto approfittato della sua benevolenza. Questa è forse l’unica scusante del tradimento di Elias ai danni di Julius. Saffia replica l’inaccettazione di Julius verso Elias anche nel matrimonio, lo rispetta ma non riesce ad amarlo, se Elias reagisce con l’infedeltà, lei resta fedele al dolore per la morte di Julius, aumentando il suo naturale riserbo e autocontrollo, un muro impossibile da espugnare, oltre che per Elias, anche per la loro figlia. Adrian diagnostica all’uomo uno stato di frammentazione della coscienza, che lo porta a misconoscere le conseguenze di alcune sue azioni. Poiché ha seguito una condotta comune e maggioritaria di cui altri si sono assunti la responsabilità, si ritiene esonerato dall’assumersi quella inerente a se stesso, poiché farlo significherebbe compromettere ineluttabilmente la sua dignità. L’incontro-scontro tra Elias e Adrian ha il ritmo poderoso di un processo di demistificazione e l’esito di una necessaria riabilitazione del rimosso, come ambito di verità.
In una storia come questa, anche i personaggi secondari racchiudono un grado elevato di sigificanza. È il caso di Agnes, un’altra paziente di Adrian, una donna che soffre di fughe dissociative: cammina compulsivamente per chilometri e chilometri e poi dimentica di averlo fatto. Ha assistito alla decapitazione del marito da parte delle truppe ribelli, ha perso due figlie e, quando torna a casa dopo la guerra, trova la sua unica figlia superstite sposata al soldato che ha ammazzato il marito. Vittima e carnefice sotto lo stesso tetto a far finta che nulla sia accaduto. Ma la mente non è suscettibile di inganno, e nelle amnesie periodiche di Agnes, che la portano ad allontanarsi da casa, c’è tutta la verità del suo dolore. Pure Foday è un paziente, ma questa volta di Kai: afflitto da gravi anomalie congenite che compromettono la sua capacità di camminare, viene sottoposto a una serie di interventi per rimettersi in sesto, un po’ quello che sta succedendo al Paese, ancora incerto sulle gambe dopo una guerra civile paralizzante.
Per mezzo di una trama pregna di rimandi metaforici che uniscono Storia collettiva e storie individuali, Forna ci dice che solo lasciando andare il rimosso si può pensare di continuare a vivere. Il potere di redenzione della parola e la condivisione faranno il resto; un monito che non si dimentica e che resta addosso con duraturo struggimento.
Da Il ricordo dell’amore:
Qui una conversazione può costituire una sfida, il linguaggio è uno strumento di maggiore impatto, ogni parola un singolo colpo nero con un unico significato. Esprimere esattamente quello che si vuole dire, porre con precisione la domanda giusta, ecco cosa si deve fare. Questo linguaggio diretto non significa però che le persone dicano quello che pensano; piuttosto, usano gli spazi per rifugiarvisi.
Aminatta Forna è nata a Glasgow nel 1964 e vive a Londra. Di madre scozzese e padre sierraleonese, a sei mesi dalla nascita, si trasferisce con la famiglia in Sierra Leone, dove il padre esercita la professione di medico. Entrato in politica, Mohamed Forna diventa ministro delle Finanze del governo Stevens ma si dimette denunciandone la corruzione. Progressivamente emarginato, l’uomo conosce il carcere e poi, nel 1975, viene condannato all’impiccagione con l’accusa – frutto di una cospirazione costruita ad arte – dialto tradimento. Rientrata in Inghilterra, Aminatta Forna si laurea in Legge e inizia la carriera di documentarista in ambito artistico e politico. Nel 2003 pubblica il memoir The Devil that Danced on the Water– candidato al Samuel Johnson Prize e oggetto di lettura integrale presso la BBC Radio –, dove racconta la sua infanzia e compie la sua personale indagine attorno all’assassinio del padre. Seguono Le pietre degli avi(2006, Feltrinelli 2007), Il ricordo dell’amore (2010, Cavallo di ferro 2014), The Hired Man. I suoi libri sono stati tradotti in quindici lingue. Attualmente Aminatta Forna insegna Scrittura creativa alla Bath Spa University. È membro del Consiglio della Royal Society of Literature e fa parte del Consiglio d’amministrazione del Royal National Theatre, del Comitato generale del Royal Literary Fund e della Giuria del Caine Prize for African Writing.
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