Pensieri su "SNOB" di Julian Fellowes




Ad Ascot, nella tribuna della Royal Enclosure, tra le matrone coi loro fronzoli di organza, Edith Lavery, figlia di un revisore di conti, spicca davvero. Col suo elegante tailleur di lino celeste, la sua grazia giovanile, il cappellino che le dà un'aria frivola e così sobria e chic, è davvero irresistibile. Agli occhi soprattutto di Charles, conte di Broughton, aristocratico purissimo e... suo prossimo consorte, erede del marchese di Uckfield, figlio di Lady Uckfield, la celebre e terribile Googie, ancien riche che ha accresciuto la sua ricchezza con la Thatcher e l'ha raddoppiata con l'accomodante New Labour. Un romanzo esilarante che ci svela i codici, i rituali, le abitudini di un mondo ostinatamente chiuso in se stesso e ossessionato dal pericolo di nouveaux riches e parvenus d'ogni specie.

Snob
Julian Fellowes
Editore: BEAT
Traduttore: Savioli M. C.
Pubblicazione: agosto 2020
ISBN:8865597283
Pagine:336




Meditò su quella fondamentale verità che doveva aver colpito molte spose, 
da Maria Antonietta a Wallis Simpson: 
qualunque possa essere il vantaggio politico, sociale o finanziario di un grande matrimonio, 
arriva il momento in cui tutti se ne vanno e si rimane sole con un estraneo che ha il diritto legale di copulare con te. Non era del tutto sicura di aver fatto bene i conti con questo semplice fatto.


Desideravo approcciare Fellowes da tempo, per cui ho pensato di partire da questo SNOB, che mi sembrava più semplice rispetto ad altre sue cose (il prossimo sarà BELGRAVIA).

La vicenda in sé è un po' un classico, con una rampolla di famiglia agiata ma non nobile che cerca, come generazioni prima di lei, di farsi impalmare da un nobile inglese in epoca moderna (siamo tra il 1990 e il 1995, lo scandaloso divorzio e la morte di lady Diana sarebbero avvenuti poco dopo).

La parte più interessante è senza dubbio la caratterizzazione di questa spaccatura tra classi sociali che persevera sino ai giorni nostri, di una "haute bourgeoisie in cerca di ton" come suggerisce Fellows, con i conti Broughton e la loro cerchia ristretta, disperatamente determinati a chiudersi nel loro fortino e a scavare fossati (frequentando i loro club esclusivi, chiamandosi per nome solo tra loro), affabili in apparenza ma discriminatori nella sostanza, e il resto del mondo "borghese" che brama di entrare nella loro lista di invitati a suon di denaro, favori, piaggeria.

Edith ci riesce, più che col denaro, con la bellezza (ancora in grado di aprire qualsiasi porta). Solo che dopo poco si annoia a ritrovarsi mogliettina da esposizione, contessa confinata in campagna a non poter fare praticamente nulla di vitale, per cui la fuga con l'amante le appare l'unica via.
Se non che, come tante altre prima di lei, ha confuso il sesso con la libertà, e ha creduto soprattutto che la libertà, semplice ma povera, basti a dare conforto e serenità. 
Diciamo che quel "milady" dona più sicurezza.

Nel complesso, bei personaggi (soprattutto Edith e la contessa madre (lady Uckfield ovvero la snobbissima "Googie", forse la migliore di tutti) e una certa visione cinica delle cose, ma il tono è spesso nozionistico e inutilmente descrittivo, finendo per diventare tedioso.

Ecco, sintetizzerei così: spaccato di vita inglese interessante, narrato in modo poco vivace.


Ma so anche che dei quattro grandi doni di battesimo che le fate possono recare o meno
 – cervello, lignaggio, bellezza e denaro – 
la bellezza è quella che fa spalancare le porte con un semplice tocco.

Amarilli

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