Pensieri su "ANNA" di Niccolò Ammaniti


In una Sicilia diventata un'immensa rovina, una tredicenne cocciuta e coraggiosa parte alla ricerca del fratellino rapito. Fra campi arsi e boschi misteriosi, ruderi di centri commerciali e città abbandonate, fra i grandi spazi deserti di un'isola riconquistata dalla natura e selvagge comunità di sopravvissuti, Anna ha come guida il quaderno che le ha lasciato la mamma con le istruzioni per farcela. E giorno dopo giorno scopre che le regole del passato non valgono piú, dovrà inventarne di nuove. 
Con Anna Niccolò Ammaniti ha scritto il suo romanzo piú struggente. 
Una luce che si accende nel buio e allarga il suo raggio per rivelare le incertezze, gli slanci del cuore e la potenza incontrollabile della vita. Perché, come scopre Anna, la «vita non ci appartiene, ci attraversa».

Autore: Niccolò Ammaniti
Titolo: Anna
Editore: Einaudi
Pagine: 224
Genere: distopico, narrativa contemporanea
Uscita: Settembre 2015


La vita non ci appartiene, ci attraversa

 

Con alte aspettative mi sono accostata ad Anna, un libro di Ammaniti, autore che finora non mi ha mai delusa.
Un libro su una pandemia insolita, una sorta di esasperata e letale sindrome da Peter Pan, infatti ad essere colpiti sono soltanto gli adulti e chiunque si accosti alla pubertà, così ci troviamo in un’isola, la Sicilia, popolata solo da bambini e ragazzini.
Questi nuovi abitanti ripercorreranno le dinamiche del Signore delle mosche, tra saccheggi, violenza e disperazione. Vediamo svilupparsi questa progenie barbara e allo stesso tempo ingenua che fa paura e tenerezza insieme.

Figli orfani delle più elementari conoscenze che piano piano regrediscono e si animalizzano per la corsa ai pochi intensissimi anni di sopravvivenza, chissà forse in contrapposizione con le comode, vuote e facili vite che viviamo inconsapevolmente, senza rischiare, senza vivere davvero.

Il morbo si manifesta con delle macchie rosse, non so se è un omaggio alla Peste scarlatta, libro bellissimo di Jack London (bello è comunque ogni singolo libro di Jack London), dove peraltro era anche presente questa necessaria involuzione.
Emblematica l’eredità di conoscenze della madre della protagonista attraverso quel quaderno scritto prima di morire, il sapere come bene primario e assoluto della vita.

Molto distintivo il tratto ammanitiano nella comunità dell’Hotel delle Terme, questa marmaglia di ragazzini dedita alle sfrenatezze che si compone di arcaiche gerarchie e confuse speranze incarnate nella superstizione della Picciridduna.

Finora ho taciuto il rapporto più struggente, gli affanni della protagonista Anna, che vive proteggendo e accudendo con i mezzi che ha il fratellino Astor, Anna che combatte, ama e a sua volta è amata, da un ragazzino come da un grosso cagnaccio. 
 Nella narrazione conosceremo i personaggi del prima e del dopo, cane rognoso compreso, proprio lui che cambia nome ogni volta che cambia pelle, una metamorfosi dell’animo, che è possibile, che è auspicabile, per un cane come per le persone.

E infine Anna riceve un’altra eredità, dal suo primo e unico amore, quella ricerca delle scarpe magiche, una sorta di scarpette rosse che magicamente ti faranno tornare nel mondo che hai perduto, un altro tassello molto simbolico che nel finale espone senza tante parole il senso stesso della vita.

Lucia

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