Pensieri su "RESILIENZA" di Maria Claudia Sarritzu


Athena si considera una persona resiliente, impermeabile alla sofferenza. Una dote fondamentale per chi, come lei, ambisce a diventare un bravo medico.
Ma quando, per superare un esame, viene costretta insieme ai suoi colleghi a prestare servizio presso il Glasgow Mental Hospital, le sue incrollabili certezze cominciano a vacillare. I pazienti ricoverati all’interno della struttura sono infatti ragazzi che, in seguito a un evento traumatico, hanno sviluppato comportamenti patologici. Creature fragili, apparentemente annientate dalla vita e incapaci di reagire alle avversità.

È qui che Athena conosce River, un giovane ombroso e schivo che rifiuta di parlare, comunicando solo attraverso un sintetizzatore vocale.
Per penetrare il suo muro di silenzio, Athena sarà costretta a mettersi in discussione, scoprendo che la vera resilienza non consiste nel fuggire dal dolore, ma nel viverlo fino in fondo, abbracciando le proprie fragilità e imparando a trasformarle in punti di forza.


Titolo: Resilienza
Autrice: Maria Claudia Sarritzu
Editore: Triskell *
* grazie alla CE per la copia
ISBN EBOOK: 978-88-9312-986-2
ISBN CARTACEO: 978-88-9312-901-5
Genere: Romance Contemporaneo
Lunghezza: 300 pagine
Uscita: 20 maggio 2021



Ciò che ti rende una persona resiliente è affrontare le avversità e andare avanti, 
e non sbarrare la strada a qualsiasi emozione negativa.


Esistono mode per tutto, le parole non fanno eccezione, ed è indubbio che in questi tempi una parola è tra le più utilizzate, ovvero il titolo di questo libro, cioè resilienza.

Questa qualità viene attribuita alla protagonista della storia, ma da subito ci troviamo davanti ad un uso improprio della parola, infatti questa fantomatica resilienza viene vista come una sorta di disumanizzazione, uno scudo che protegge dalle emozioni piuttosto che una spinta interna che fa superare gli ostacoli.
Questa diversa interpretazione potremmo imputarla al personaggio, che infatti alla fine capisce cosa realmente è la resilienza, quindi ci sta questa errata partenza, ci sta anche il pensiero che la visione che ognuno ha di se non corrisponda alla realtà.

Fatta questa piccola premessa sul titolo, passo ad esprimere il mio pensiero sul resto del libro, ovvero la mia totale incapacità di trovare un senso sia ai personaggi che alla narrazione.

I protagonisti sono una sorta di parodistica sagra dei complessi, amici immaginari, paura abnorme della morte, complessi di inferiorità da tinte chiare, ricerca di religioni alternative ecc, ecc, un inizio un poco sopra le righe che nei primi capitoli mi ha anche divertito, ero curiosa di vedere come si sarebbe evoluta la storia con un siffatto campionario umano.
Ma lo star sulle righe abbisogna di particolare equilibrio, che secondo il mio gusto è totalmente mancato, la storia da originale sfuma presto nell’insensato e si trascina con comportamenti, vicende e dialoghi che non riesco a definire se non puerili.

La pantomima di centro psichiatrico è la parte forse più sconclusionata, con i suoi casi ridicoli. Problemi seri trattati con tratto superficiale e nello stesso superficiale modo risolti, non mancano i super cattivi che come in ogni buona fiaba per infanti vengono completamente e inesorabilmente sconfitti.

La parte finale poi… che sofferenza con quei dialoghi pieni di frasi artificiose.

Confesso che a tre quarti avevo iniziato a coltivare anche delle speranze su questa storia, era così assurda che mi dicevo che ci doveva essere qualcosa che mi sfuggiva, e già mi immaginavo un bel ribaltamento di prospettiva alla Shutter Island, ma ahimè le mie speranze di una qualche originalità sono state completamente disattese, e mi trovo ad aver finito un libro che pur con spunti interessanti non mi ha assolutamente convinta.

Lucia

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