Pensieri su "Parlami di battaglie, di re e di elefanti" di Mathias Enard



Costantinopoli, 1506. Sempre in bilico tra invenzione e ricostruzione storica, questo romanzo dell’autore di Bussola (premio Goncourt 2015) è il racconto di un sogno: quello dell’incontro – possibile e mancato – fra Michelangelo e la magia dell’Oriente.

13 maggio 1506: Michelangelo sbarca a Costantinopoli, da cinquant’anni capitale dell’impero turco. Ha lasciato Roma, irritato con papa Giulio II che gli preferisce altri artisti, per accettare l’invito del sultano Bayazid il Giusto, che gli offre un compito e una sfida: disegnare un ponte che unisca le rive del Bosforo. Lo stesso progetto era stato affidato vent’anni prima a Leonardo da Vinci, e Michelangelo trova irresistibile la prospettiva di riuscire là dove il rivale ha fallito. Il fascino della città d’oro e di spezie lo avvolge e lo ammalia fin da subito: e tra paggi, schiavi, soldati, elefanti, scimmie, taverne oscure e freschi cortili si fanno avanti due figure ambigue e incantevoli che avvincono l’artista con il potere della danza, del canto, della poesia.

Mathias Enard
Parlami di battaglie, di re e di elefanti
aprile 2021 
pp. 144
ISBN: 9788833573007
Traduzione: Yasmina Mélaouah
Editore: E/O



La notte non comunica con il giorno. Ci brucia dentro. 
All’alba la portano al rogo. 
Insieme con le sue creature, i bevitori, i poeti, gli amanti. 
Siamo un popolo di confinati, di condannati a morte.


Recensire questo breve libro (alla fine sono 140 pagine effettive, forse meno) è un po' arduo perché non so dire se si tratta di una lettura al termine della quale sia rimasta soddisfatta io stessa.
Mi attirava il titolo (magnifico), mi attirava la copertina e l'atmosfera che aleggiava intorno, così ho affrontato Enard, di cui avevo spesso sentito parlare. Indubbiamente ha inciso che mio marito me ne avesse già letto alcune pagine in francese, perché là il testo emanava una musicalità preziosa.

In ogni caso si tratta di un'idea in sé già colma di promesse: l'autore parte da indizi documentali ben fondati, prende schizzi e lettere autentiche, brani di storia e fatti realmente accaduti (un disegno di Leonardo da Vinci e uno schizzo di Michelangelo per realizzare un nuovo Ponte sul Corno d'Oro; entrambi furono davvero invitati, in occasioni diverse, dal Sultano ottomano, anche se poi Buonarroti non accettò per scrupoli religiosi o, piuttosto, per timore di rappresaglie papali, visto che lavorava molto per Giulio II e Savonarola era stato arso sul rogo neanche dieci anni prima per eresia).

E adesso? Hai paura, straniero? Sono io che dovrei aver paura. Sono soltanto una voce nel buio, all’alba sparirò. Sgattaiolerò fuori da questa stanza quando si potrà distinguere un filo nero da un filo bianco e i musulmani chiameranno alla preghiera.

Con uno sforzo d'immaginazione, in questo romanzo l'artista sbarca invece a Instanbul, seccato con il Papa che non lo paga e non lo apprezza abbastanza, stimolato dal creare un'opera che sarà ricordata nei secoli là dove il rivale Da Vinci ha fallito.
Il sultano Bayazid II rimane però una figura avvolta nella solennità per Michelangelo, la corte è un fulcro di riti e cerimoniali che non comprende, gli intrighi lo avvolgono senza che se ne accorga.
Ma in realtà manca del tutto l'azione; quello che ci viene offerto è una serie di scene senza dialoghi, quasi quadri, che rappresentano singoli momenti del soggiorno: le descrizioni della città, la visita a Santa Sofia, ora moschea, il porto, il mercato, con colori accesi e odori di spezie; cosa scrive l'artista nel proprio taccuino, gli appunti, le liste di animali e materiali; i suoi sogni, gli incubi.
A latere vi sono gli incontri con mercanti, burocrati e cortigiani, tra cui Mesihi di Pristina, poeta omosessuale, che rimane in qualche modo incantato dalla personalità sanguigna e intensa di Michelangelo. Ma è solo un mese, un mese veloce, il tempo di un racconto.

Quindi: mi è piaciuto? 
Di certo, lo stile è particolare, ho trovato alcune frasi-gioiello da appuntare, ho respirato stralci di una Constantinopoli dorata, afosa, brulicante di vita, affacciata sul Bosforo; tuttavia i personaggi non sono riusciti a uscire dalla carta, non mi hanno lasciato emozioni personali.
Nel complesso, quasi un esercizio di scrittura, molto patinata, molto enigmatica, molto "francese-chic".


Non mi desideri? Allora ascolta. C’era una volta, in un paese lontano... 
No, non ti racconterò una storia. È passato il tempo delle storie.
 L’epoca delle favole è finita. 
I re sono dei selvaggi che uccidono i cavalli che montano;
 da tempo non regalano più elefanti alle loro principesse. 
Il mio mondo è morto, straniero, ho dovuto fuggirlo, abbandonare persino i ricordi. 

Amarilli

Nessun commento:

Powered by Blogger.