Pensieri su “Imparare l’amore” di Catherine Coulter
Inghilterra, 1277. Di ritorno dalla Francia, Severin di Langthorne, il Guerriero Grigio, trova le proprie terre devastate, suo fratello assassinato e le sue proprietà saccheggiate da bande di spietati fuorilegge.
La sorte sembra tornare ad arridergli quando il ricco conte di Oxborough, sul letto di morte, lo sceglie come marito per la sua unica erede, la bellissima e indomita Hastings che, pur rispettando la volontà paterna, pensa che quell’uomo sia freddo, spietato, severo.
L’affascinante guerriero, dal canto suo, è dell’idea che la moglie sia troppo testarda, irragionevole e polemica. Però ben presto nasce tra loro una sensuale e inarrestabile complicità, e sebbene siano circondati da temibili nemici spinti da invidia e cupidigia…
Imparare l’amore
Catherine Coulter
Titolo originale: Rosenhaven
Serie: Medieval Song #5
Editore: Mondadori
Collana: I Romanzi – Introvabili 73
Ambientazione: Inghilterra, 1277
Uscita: febbraio 2021
Per fortuna mi sono accinta alla lettura di questo romanzo vecchiotto senza dare neppure un'occhiata ad altre recensioni, e così sono riuscita ad arrivare (facilmente, peraltro) in fondo senza alcun pregiudizio.
Allora, prima di tutto un applauso all'autrice per come ha sviluppato l'ambientazione: il romanzo si colloca nell'Inghilterra del 1277 (appena duecento anni dopo l'arrivo di Guglielmo I in terra d'Albione e mentre gli stati europei sono ancora coinvolti nella nona Crociata, quella, per intenderci che si concluse con la perdita di S. Giovanni d'Acri e la fine delle lotte in Terrasanta); ci viene offerto pertanto un medioevo spesso brutto, spesso sporco, quasi sempre ignorante e pure malevolo, dove terre e vassalli vengono distribuiti a seconda del favore del sovrano e possono essere già perduti con la generazione successiva, se non ci sono eredi e abbastanza truppe per difendere i castelli dai baroni confinanti.
Dunque, quello che viene prospettato all'inizio è un quadro non roseo, certo, ma pur sempre realistico.
Inutile dire che non ci si può lamentare se i rapporti personali sono improntati (come invece avveniva) all'insegna di una comune violenza o se il protagonista appare politicamente scorretto: stiamo parlando di un romanzo di genere romantico, vero, ma pur sempre storico. Non ci possiamo aspettare una sorta di storico fantasy, dove tutto si risolve sempre a colpi di sorriso (o, peggio, di istant-love).
Il padre di Hastings muore senza eredi: era normale che lei venisse data come "merce di scambio" a un altro nobile per unire i due feudi, ed era più che normale che Severin si aspettasse una moglie sconosciuta, ma docile e obbediente, con il compito precipuo di generare un'erede.
Sì, i due non si innamorano al primo sguardo; sì, passano metà libro ad azzuffarsi; sì, forse c'è poco romanticismo e le donne non se la passano bene. Ma l'epoca è quella, punto; altri periodi si prestano forse di più a trame con balli, picnic e corse in carrozza.
Al contrario, qui forse Hastings è addirittura troppo moderna nell'essere così istruita, nel pretendere rispetto e nel saper usare segreti di erboristeria per medicamenti e intrugli vari.
Nel complesso, il libro mi è piaciuto (molto) sino a tre quarti: personaggi non noiosi, vicenda ricca e piena di inghippi.
Personalmente avrei terminato con la scoperta di Rosehaven (e non è uno spoiler, ma il titolo originale!): gli ultimi capitoli sono più frettolosi e pasticciati, dunque meno incisivi.
PS. Severin il serioso ha la pazienza di un santo; tutta la mia forte simpatia per lui, anche solo per le scenette con Trist.
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