La nostra #intervista a Roberta Marcaccio, autrice di "IL CACTUS NON HA COLPA"

Se avete letto la recensione di LUCIA al romanzo IL CACTUS NON HA COLPA, non potrete esservi incuriositi. 

In effetti, quando un romanzo ci piace, viene naturale essere un po' curiosi su cosa c'è dietro.

Ebbene, chi c'è dietro questo libro?

Roberta Marcaccio è nata a Rimini, ha 54 anni e vive in Romagna. 
Si è diplomata in ragioneria e ha lavorato in diverse aziende nel settore informatico come operatore di assistenza, responsabile e manager.
Ha viaggiato molto, per lavoro, girando quasi tutta l’Italia. I luoghi in cui ha lasciato un pezzo di sé sono Milano e Ivrea. 
Ha pubblicato due romanzi: “Tranne il colore degli occhi” e “Ti raggiungo in Pakistan”. Ha collaborato con la rivista Il Colophon e nel 2015 ha ricevuto il diploma di merito per il racconto “L’Hotel Rimini” al concorso Scintille in 100 parole.
Ha un blog: www.robertamarcaccio.com.

***

E che ne dite di saperne di più direttamente dall'autrice?

Benvenuta Roberta!
1) Leggendo la storia che hai scritto sono chiari i richiami autobiografici nel libro, come il percorso professionale e la zona geografica; mi piacerebbe invece sapere, cosa viene interamente dalla fantasia narrativa.


Il cactus non ha colpa contiene tantissima fantasia, nessun episodio, luogo o persona è davvero autobiografico. Mi sono ispirata a situazioni realmente avvenute ma modificando totalmente la realtà per renderla narrabile. Ovviamente chi ha vissuto accanto a me, ritroverà elementi noti, riconoscerà episodi che possono ricordare momenti vissuti per davvero, ma nulla di ciò che ho descritto è avvenuto davvero. 
Anche i luoghi sono frutto della fantasia, tranne Milano, ma anche in questo caso ho usato zone diverse da quelle frequentate.

2) Molti riferimenti sono dedicati al cibo, questa frequenza mi ha indotto a chiedermi se questo elemento potesse avere una qualche importanza nell’esposizione delle vicende, ovvero vanno letti come un ulteriore elemento comunicativo o sono una semplice evidenza del tuo amore per la cucina tracimato tra le righe della storia?

Ho notato questo luogo comune nelle mie storie grazie a un’amica; in effetti è un elemento ricorrente e lo lego al fatto che ho sempre ritenuto questo un momento di forte convivialità. Rebecca e Ilaria si ritrovano spesso ad affrontare le difficoltà e a consolarsi con una pizza davanti e una birra oppure con un bicchiere di vino. Avere a fianco una persona con cui dimezzare i pensieri e affrontare le carognate della vita aiuta tanto.

Ho avuto modo di vivere momenti simili in passato, mi incontravo con alcune amiche a pranzo o a cena ed era la tavola il nostro campo di battaglia, il luogo in cui si sgretolavano le delusioni, il dolore o dove si allontanava la realtà con la leggerezza.

3) Il tuo libro descrive un periodo di profonda crisi della protagonista, il doloroso reinventarsi e poi rinascere con maggiore consapevolezza, un messaggio importante che fa sempre bene ricordare; con quali aspettative, riguardo a questo cruciale argomento, hai deciso di scrivere un libro?

La prima aspettativa era quella di alleggerire il mio fardello. 
A dire la verità non so nemmeno se fossi così convinta di scrivere qualcosa di pubblicabile o avessi solo bisogno di un atto terapeutico. Poi una delle mie amiche più care mi disse, dopo averlo letto, che avrei dovuto riscriverlo meglio e che se non lo avessi fatto mi avrebbe preso a calci nel culo (testuali parole). Non potevo esimermi. Non sarebbe riuscita a prendermi a calci dato che abitiamo molto lontane ma sono certa che mi avrebbe insultata per giorni.

Quello che mi ha tenuta incollata a questo lavoro però è quel messaggio di cui parli. Perdere qualcosa che si ama così tanto, a cui hai dedicato la vita, ti disintegra dentro e se non riprendi in mano il volante rischi di perderti. Rimettersi al centro non è facile quando hai dedicato la vita agli altri e all’improvviso non li hai più. È come se ti strappassero con forza qualcosa dall’anima. Perdi il riferimento, l’autostima, la bussola impazzisce e ritrovare la rotta richiede una forza d’animo esagerata.

È il momento in cui devi trovare il coraggio per voltare pagina e reinventarti per davvero.

4) Parliamo del titolo “Il cactus non ha colpa”. Mi aspettavo che nel testo fosse espressa una maggiore importanza simbolica al povero cactus, mi piacerebbe che mi dicessi di più su questo titolo, come e perché lo hai scelto e se ci sono significati sottili che io non ho colto.

Innanzi tutto devo spiegarti il rito della scelta del titolo, diventato ormai un mio gesto scaramantico che in parecchi conoscono. Con il manoscritto definitivo in mano riprendo la lettura all’infinito, fino a quando non trovo la frase esatta, contenuta nel romanzo, che spicca in copertina. Quella frase diventa il titolo.
Ora, per evitare di fare spoiler, potremmo dire solo che il povero cactus non ha davvero colpa di ciò che è successo a Rebecca, inoltre di sua natura è piuttosto pungente, forse proprio come qualcuno che…
Non aggiungerei altro 😊
Grazie di cuore delle bellissime domande!

Grazie a te delle bellissime risposte e in bocca al lupo per l'uscita!

Lucia



Nessun commento:

Powered by Blogger.