Pensieri su "MORIRE TII FA BELLA" di Stefania Crepaldi

 

Esiste il lavoro dei sogni, e poi esiste il lavoro che il destino decide per te. Fortunata vorrebbe fare la pasticciera e, quando può, si rifugia nel laboratorio di Mario, un amico che le insegna l’arte dei dolci. Suo padre Emilio, però, è il titolare di un’agenzia di pompe funebri, e per mandarla avanti ha bisogno di lei, del suo talento nella preparazione dei defunti. Sempre a contatto con la morte, di cui si prende cura nel migliore dei modi, Fortunata insegue la vita e non chiede altro che essere libera di scegliere il proprio futuro. Ma cosa succede quando il destino si mette di traverso? Il rampollo di una dinastia di gioiellieri precipita da un palazzo veneziano. Un suicidio, o forse un tragico incidente. Il colonnello della guardia di finanza Dante Braghin ha più di un dubbio e chiede a Fortunata di esaminare il cadavere: il suo occhio sa notare dettagli che potrebbero sfuggire anche al miglior anatomopatologo. Suo malgrado, la ragazza verrà così coinvolta in un’indagine pericolosa, quando l’unica cosa che vorrebbe è creare torte e portare dolcezza nella vita delle persone. Sullo sfondo suggestivo della laguna di Chioggia e delle calli affollate di Venezia, Stefania Crepaldi costruisce una storia di straordinaria freschezza, che unisce i toni del giallo a quelli del black humour, dando vita a una serie di personaggi difficili da dimenticare.

Morire ti fa bella
Stefania Crepaldi
Editore: Salani *
Pagine: 272
Uscita: 13 giugno 2023
 * ringrazio la CE e l'autrice per la box e la copia fornita!

La serie di Fortunata Tiozzo Pizzegamorti:
1) DI MORTE E D'AMORE. La prima indagine di Fortunata, Tanoesteta




Ho sempre pensato che l'amore ti ingabbia 
e quando ho smesso di crederci per cinque minuti 
la mia nuova scintillante e speranzosa vita è andata a rotoli.


Questa è la mia seconda esperienza con Fortunata Tiozzo Pizzigamorti, venticinquenne erede di un'impresa di pompe funebri (dove lavora lei stessa come tanoesteta, ovvero colei che cura e trucca le salme), aspirante pasticcera nell'anima e coinvolta in indagini locali contro la sua volontà.

All'inizio, mi ha un po' lasciato perplessa la decisione di glissare sul precedente volume, come se si partisse da qui con la serie; questo fa sì che, da un lato, la prima parte del romanzo venga dedicata a riprendere temi già introdotti, con qualche ripetizione e con una certa staticità della trama; dall'altro, alcune cose sono invece date per scontate (un esempio tra tutti, la figura di Vito e il mistero che aleggia intorno perde a mio parere impatto, se uno non sa cosa è successo tra i due).
In realtà, DI MORTE E D'AMORE è davvero una lettura da recuperare perché merita.

In ogni caso, anche stavolta la narrazione riesce a catturare il lettore e a condurlo. quasi per mano, con ironia e simpatia, nell’afa di Chioggia. 
Riscopriamo i colori e le atmosfere della cittadina e della laguna, i suoi abitanti, le manie e le loro caratterizzazioni (direi che l'ambientazione è azzeccata, uno degli elementi migliori del romanzo; tant'è vero che le ultime volta in cui son passata per Chioggia, mi sono scoperta a rintracciare mentalmente qualche punto di riferimento letterario nella realtà...).

E poi c'è la famiglia protagonista che è caratterizzata bene, a partire dal padre, che lavora in piccolo ma sogna in grande (i gadget funerari sono una trovata di black humour che ho adorato) e per finire con la nonna, premurosa ma lievemente dispotica.
Ecco, preferisco i due persino a Fortunata, che mi piace in varie occasioni, ma tende a volte a essere un po' pesantuccia, con il suo ininterrotto povera-me- nell’universo: spero che questa ragazza sbocci presto e trovi uno sprazzo concreto di serenità (e amore).

Per ora rivolgo una preghiera per il proseguimento della serie: diamo più spazio al signor M e alla nonna (e la mia fedeltà sarà assicurata).

La morte è un messaggio d'amore per noi che restiamo, 
è un invito a godere di nuovo delle nostre giornate. 
Ci ricorda di non tentennare, ci indica una direzione. 
Io non temo la morte, perché rispetto troppo il messaggio che porta con sé.

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