Pensieri su "THE UNBROKEN" di C. L. Clark




TOURAINE È UNA SOLDATESSA.
Rapita da bambina, è stata allevata per uccidere e morire in nome dell’impero ed è fedele solo ai suoi coscritti. Quando però la sua compagnia viene inviata a El-Wast, la città dove è nata, per sedare una rivolta, Touraine si accorge che i legami di sangue sono più forti di quanto immaginasse.

C. L. Clark
The Unbroken
Editore: Mondadori
Collana: Fantastica
Serie: Magic of the Lost #1
Premi vinti: Nebula Award Nominee for Best Novel (2021), Goodreads Choice Award Nominee for Fantasy (2021)
516 pagine
Uscita: 5 luglio 2022



El-Wast. 
Città di marmo e arenaria, olive e argilla. 
Città di sole dorato e di frutti di cui Touraine non ricordava il sapore. 
Città di idolatri ribelli e incivili. 
La città dove Touraine era nata.


Questo libro aveva veramente tanti spunti interessanti, a partire dall'ambientazione desertica e arabeggiante, sino al messaggio di riscatto di un intero popolo contro un regime imperialista e coloniale. 
Tuttavia, per me è stata una lettura partita a mille (era una lettura più attese di quest'anno) e poi diventata gradualmente molto, molto frustrante.

L' impero Balladairan ha da tempo sottomesso i territori circostanti, e in particolare i Qazāli, deportando i loro figli per farne dei militari al loro servizio. La squadra di Touraine è stata cresciuta con durezza, senza famiglia e radici, addestrata a obbedire e ad aiutare a reprimere il proprio stesso popolo.
La stessa Touraine non ricorda niente delle proprie origini e, quando viene inviata proprio a El-Wast, al seguito dell'erede imperiale che vuole conoscere quella parte di paese, ciò che vede le risulta del tutto estraneo e difficile da decifrare.
Ma la sua gente è comunque in fermento: il giogo imperiale è a dir poco brutale, tra povertà, sfruttamento predatorio delle risorse locali ed esecuzioni continue. Mentre la futura imperatrice pare interessata a carpire l'ultimo grande segreto dei Qazāli.

Se queste sono le premesse (notevoli), occorre dire che lo sviluppo non è che un ineluttabile gioco al massacro. Le protagoniste, Touraine e Luca, continuano a muoversi a tentoni, accumulando errori su errori, e sempre a discapito di terzi.
E tutta questa continua sofferenza, per cosa? 
Purtroppo non assistiamo a una reale crescita delle due.

Luca diviene gradualmente intollerabile, con questa sua fede nel dover regnare per diritto divino, e non importa se l'apprendistato comporterà perdite altrui; Touraine sembra una soldatessa ultratosta, ma è di un'ingenuità disarmante.
Non mi sono piaciute. Persino l’elemento della relazione saffica si risolve in poche scene, tanto da sembrare molto un attira simpatie pensato a tavolino. Oppure è tutto rimandato al secondo volume, come sempre.

L’ultimo quarto di libro risulta lungo, confuso e stiracchiato per un finale sottotono.
Con molto cinismo, direi che si arriva a una conclusione naturale per mero esaurimento dei personaggi a disposizione.

Erano due cose molto diverse. 
La magia era uno strumento, forse addirittura un’arma. 
La religione, invece, era follia travestita da speranza.

Amarilli

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