Pensieri su "IL CARDELLINO" di Donna Tartt




Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all'attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo, a New York, viene accolto dalla ricca famiglia di un compagno di scuola. Ma nella nuova casa di Park Avenue si sente a disagio, e la nostalgia per la madre lo tormenta. L'unica cosa che riesce a consolarlo è un piccolo quadro dal fascino singolare. Da lì, il suo futuro diventa una rocambolesca girandola di salotti chic, amori e criminalità, in balìa di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare.

Il cardellino
di Donna Tartt
Editore: Rizzoli
Pagine 866
Uscita: maggio 2015
PREMIO PULITZER 2014





Era piccolo, il più piccolo della mostra, e il più semplice: 
un cardellino giallo su sfondo pallido, 
la zampetta sottile come un ramoscello incatenata a un trespolo.
Feci un passo indietro per osservarlo meglio. 
Era una piccola creatura ritratta senza artificio né sentimentalismo; 
e qualcosa, nel modo compatto con cui se ne stava ripiegata su se stessa–la sua luminosità, l’espressione vigile e all’erta–mi ricordò alcune fotografie di mia madre da bambina: un cardellino anche lei, con la testa scura e lo sguardo fermo.


Considero questa lettura la mia impresa dell’estate 2022, novecento pagine concluse con le unghie e con i denti. Rispetto a Dio di Illusioni, questo romanzo si è rivelato più ostico, tanto che alla fine mi sono rimaste una certa frustrazione generale e parecchie citazioni messe da parte, come lampi in un mare tempestoso in cui ho faticato non poco a tenere la barra dritta.

Il Cardellino è essenzialmente la storia di Theo Decker, dagli undici anni sino a un'età tra i 25 e i 30, narrata dal protagonista con un flusso di coscienza continuo, per certi versi simile all'Ulisse di Joyce. Theo, rimasto solo con la madre, in una New York alto-borghese, non ricco ma comunque vicino a un mondo colto e in qualche modo elitario, perde anche lei in un attentato al Metropolitan Museum. 
Da quelle macerie porterà al sicuro non solo se stesso, ma anche un prezioso quadretto, dipinto dal pittore olandese Fabritius, che diverrà poi un compagno costante della sua vita, al contempo uno sprone per sopravvivere e una maledizione schiacciante.


Lei era il mio regno scomparso, la parte illesa di me che avevo perso insieme a mia madre.
Lei era il filo dorato che intesseva ogni cosa, una lente che ingigantiva la bellezza a tal punto che il mondo intero appariva trasfigurato attraverso di lei, e solo lei.


Attraverso gli incontri del ragazzino e del suo girovagare, alla ricerca di un equilibrio che non esiste, assistiamo a squarci della società americana e a varie esistenze (i Barbour, Hobie e Pippa, Boris) che lo segnano in modo irrimediabile, in negativo e in positivo.
Theo si trascina in una specie di torpore, in una lunga convalescenza post-traumatica, fatta di angosce e di incubi, in cui non riesce a trovare la sua vera strada: una sorta di prigioniero, ipnotizzato dall'uccellino giallo che è stato congelato nel dipinto, incatenato per sempre al suo trespolo.

E, in questo piccolo ritratto, difficile non cogliere il lato umano nel cardellino.
Dignitoso, vulnerabile. Un prigioniero che ne osserva un altro.


Ne risulta uno stravagante romanzo in stile russo, di punizione castigo e redenzione, trasportato sulla rotta del defunto sogno americano, con una narrazione abbastanza scorrevole, nonostante continue digressioni secondarie, a volte utili, altre volte originate più per un vezzo: l'impressione che ne è avuto è che per anni la Tartt abbia accumulato in un cassetto piccole storie e brani vari e poi abbia voluto riversare tutto nel tomo, creando un collage di voci, scene, non sempre bilanciate e in armonia tra loro.

Ma ecco ciò che vorrei davvero che qualcuno mi spiegasse. 
Cosa succede se ti ritrovi con un cuore inaffidabile? 
Se questo cuore, per ragioni imperscrutabili, ti porta ostinatamente, avvolto in una nube di indicibile fulgore, lontano da tutto ciò che è sano, dal conforto dei piaceri domestici, dal senso civico e dai legami sociali e da tutte quelle che vengono comunemente considerate virtù per trascinarti invece verso uno stupendo falò di rovina, immolazione e disastro?


Tuttavia, l'intera struttura contribuisce a trasformare il protagonista e a renderlo ciò che è, tra inerzia, decadenza e scelte sbagliate, confermandoci che spesso i talenti e la buona sorte che ci capita non sono sufficienti per creare un futuro radioso. 
In realtà, basta poco, bastiamo noi stessi per autodistruggerci e siamo così egocentrici da baloccarci nel farlo.
Ma, una volta toccato il fondo, basta una piccola spinta anche per provare a risalire.

E io aggiungo il mio amore alla storia delle persone che hanno amato le cose belle, e se ne sono prese cura, e le hanno strappate al fuoco, e le hanno cercate quand’erano disperse, e hanno provato a preservarle e a salvarle intanto che, letteralmente, se le passavano di mano in mano, chiamando dalle rovine del tempo la successiva generazione di amanti, e quella dopo ancora.

Amarilli

Nessun commento:

Powered by Blogger.