Review Party per "IO SONO DEL MIO AMATO" di Annick Emdin



Gerusalemme, 1995. Nel quartiere ultraortodosso di Mea Shearim vive Levi Kogan, primo di sette fratelli, che ha sempre vissuto secondo le tradizioni e le norme religiose della comunità charedi per volontà di nonno Chaim, di cui è il nipote prediletto. 

Un giorno Levi fa un incontro che gli cambia la vita: Yael, una giovane soldatessa, lo salva da un attentato e il ragazzo, colpito dall'episodio, sente forte l'impulso a impegnarsi nella difesa del suo Paese. E s'innamora proprio di Yael, tanto diversa da lui e dal suo ambiente: una ragazza che fuma, indossa pantaloni corti, non sa cucinare ma sa maneggiare le armi... 

Ma seguire il cuore vuole dire essere espulsi dalla comunità charedi e dalla propria famiglia; soprattutto significa deludere nonno Chaim, che Levi stima più di chiunque altro. E così, le scelte del ragazzo sono messe a confronto con il racconto di un'altra vita, una vita segreta, quella di Chaim che inizia in una sperduta cittadina ucraina nel 1941, il giorno del suo matrimonio. Durante la celebrazione, Chaim non può immaginare quanto il suo destino verrà sconvolto di lì a poco. 
In un coinvolgente alternarsi di passato e presente si dipanano le vicende di nonno e nipote, nel contesto della grande Storia e della piccola storia di una famiglia di ebrei osservanti, di volta in volta costretta ad affrontare una realtà multiforme, a constatare quanto complicati possano essere i rigidi precetti della religione e quanto sia necessario derogare alle norme dettate.

Io sono del mio amato
Autrice: Annick Emdin
Editore: Astoria
** ringrazio la CE per la copia cartacea
Uscita: ottobre 2020
EAN: 9788833210735
ISBN: 8833210731
Pagine: 240



Io sono del mio amato e il mio amato è mio;
egli pascola tra i gigli.
(Cantico dei Cantici)


Talvolta mi concedo qualche assaggio nella narrativa d'ambientazione ebraica, complice mio marito che ha ripreso i suoi studi d'ebraico biblico e passa le serate a tradurre o ad ascoltare brani ad alta voce: così mi capita di sentirmi così immersa nell'atmosfera, che vado a leggermi qualche bel classico, ma anche (perché no?) un po' di storie contemporanee.

Questo romanzo è stata una sorpresa molto bella: mi incuriosiva la presenza di un forte elemento religioso e ortodosso, e all'inizio mi aspettavo qualcosa di simile ai libri di Deborah Feldman. 
In realtà, più che una storia di rottura e mera contestazione delle tradizioni, quella di Levi (e più ancora quella del nonno Chaim) è una storia di riappacificazione, un amalgama di sentimenti e punti di vista diversi, una sorta di riconciliazione tra generazioni e passati che non si conoscono.

La narrazione parte dal presente (anche se è già un recente passato per noi: il 1995 si colloca comunque venticinque anni fa e magari qualche lettore neppure ricorda quale era il clima che si respirava a ridosso della prima Intifada. In Europa, d'altra parte, ci ricordiamo bene i video degli attentati sui bus, i corpi lanciati fuori dai finestrini e i pezzettini ricomposti con pietosa pazienza.) con un giovane Levi, Charedi osservante e perciò esentato dal servizio di leva dei coetanei, che sfugge all'esplosione grazie a una soldatessa. 
L'essere sopravvissuto è una sorta di shock per lui, una sorta di spartiacque tra quella che era la vita di prima, il suo tranquillo obbedire agli insegnamenti della famiglia, e gli interrogativi che lo agitano ora. Fa abbastanza per il suo paese? Fa bene a confinarsi in una comunità isolata e a dedicarsi totalmente alla preghiera, mentre fuori il mondo va avanti, c'è azione, ci sono suoni, musica, cibi diversi? 
E ci sono ragazze diverse.
Yael rappresenta per Levi la rottura rispetto alle aspettative familiari, il proibito, l'ignoto che lo attrae (anche se, va detto, lei di certo non lo sprona a ribellarsi, ma si limita ad ascoltarlo e a cercare di comprenderlo). 
Yael è l'amore e la scelta di una vita fuori dalla comunità, persino l'entrata nell'esercito. 
Ma se i genitori di Levi sono frastornati, eppure comprensivi, è il nonno la persona maggiormente delusa. Il nonno che è sempre stato visto da tutti come un uomo di pace, un religioso tranquillo, mentre invece Chaim si porta dietro segreti, dolori e sacrifici, e ha compiuto un percorso di vita che Levi non può neppure immaginare.
Così le esistenze dei due procedono su due piani storici diversi: entrambi giovani, entrambi confusi.
Fino al riannodarsi dei due estremi, fino a quando il giovane Chiam può finalmente parlare al giovane nipote.

Ho poi scoperto dalla biografia che Annick Emdin è anche sceneggiatrice; infatti questo libro ha un ritmo veloce e avvolgente, ti rapisce e ti porta sulla scena, che siano l'Ucraina e poi la Russia, in fuga dai Nazisti, o la Gerusalemme delle notti afose e dell'aria dorata.
Mi è piaciuto molto: l'ho terminato in un pomeriggio, senza mai smettere, e credo che presto lo rileggerò, per riassaporare le tante emozioni provate, sia i momenti divertenti, che quelli struggenti e più di forte impatto.
Molto consigliato.

Amarilli

1 commento:

  1. Sono davvero contenta ti sia piaciuta. E' stata una lettura semplice ma molto piacevole

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