Pensieri e Riflessioni su "La ragazza con la bicicletta rossa" di Monica Hesse

Monica Hesse
LA RAGAZZA CON LA BICICLETTA ROSSA
Piemme
Dal 19 gennaio
17,50 €
300 pagine

LA TRAMA
È l’inverno del 1943 ad Amsterdam. Mentre i cieli europei sono sempre più offuscati dal fumo delle bombe, Hanneke percorre ogni giorno, con la sua vecchia bicicletta rossa, le strade della città occupata. Ma non lo fa per gioco, come ci si aspetterebbe da una ragazzina della sua età. Hanneke è una “trovatrice”, incaricata di scovare al mercato nero beni ormai introvabili: caffè, tavolette di cioccolato, calze di nylon, piccoli pezzetti di felicità perduta. Li consegna porta a porta, e lo fa per soldi, solo per quello: non c’è tempo per essere buoni in un mondo ormai svuotato di ogni cosa. Perché Hanneke, in questa guerra, ha perso tutto. Ha perso Bas, il ragazzo che le ha dato il primo bacio, e ha perso i propri sogni. O almeno così crede. Finché un giorno una delle sue clienti, la signora Janssen, la supplica di aiutarla, e questa volta non si tratta di candele o zucchero. Si tratta di ritrovare qualcuno: la piccola Mirjam, una ragazzina ebrea che l’anziana signora nascondeva in casa sua… Hanneke, contro ogni buon senso, decide di cercarla. E di ritrovare, con Mirjam, quella parte di sé che stava quasi per lasciar andare, la parte di sé in grado di sperare, di sognare, e di vivere. Un romanzo di lancinante bellezza, che ricorda classici del genere come Storia di una ladra di libri e Il bambino con il pigiama a righe, e racconta la città di Anna Frank e la forza di chi, come Hanneke, ha cercato di sconfiggere l’orrore con il più piccolo, e grande, dei gesti. ​

Il mio pensiero:

Anche quest’anno in occasione del Giorno della Memoria, per non dimenticare, diverse Case Editrici hanno pubblicato romanzi storici relativi proprio a quel triste periodo. 
Fa male ricordare. Fa male leggere e farci coinvolgere dal dolore provato da esseri umani come noi, sia che la storia sia basata su personaggi realmente vissuti, sia che l’autore abbia usato la base storica per creare personaggi fittizi; credo comunque che, per non dimenticare quali atrocità l’uomo sia riuscito a perpetrare nei confronti dei suoi simili, almeno un romanzo l’anno che parli di quei tristi eventi, sia doveroso leggerlo. 
E io mi sono affidata a Monica Hesse. 

Anticipo subito che si tratta di una storia creata dall’autrice basandosi su fatti realmente accaduti nell’Olanda della Seconda Guerra Mondiale dopo essersi adeguatamente documentata in merito. Quindi, anche se non sarà realmente esistita Hanneke Bakker, o Bas e Ollie Van De Kamp o ancora Mirjam Roodvelt non significa che non sia esistita una Resistenza composta da giovani e coraggiosi ragazzi disposti a tutto pur di salvare vite o ancora ragazzine costrette a subire le atrocità dell’Olocausto ancora così giovani. 

Questa è la storia di una ragazza diciottenne che, con la sua bicicletta rossa attraversa le strade di Amsterdam per recuperare prodotti al mercato nero (tè, caffè, sigarette… ) e distribuirli ai vari compratori. Una ragazza che ha visto il suo ragazzo arruolarsi nell’esercito e morire per una guerra ingiusta. 
È la storia di Ollie, che insieme ad altri universitari sostiene la rete della Resistenza per salvare quante più vite possibili. 
È la storia di Mina che con la sua passione per la fotografia terrà clandestinamente traccia delle atrocità di questa guerra assurda. 
È la storia di chi è costretto a nascondere la sua sessualità per paura di essere ucciso. 
È la storia di chi nasconde clandestinamente degli ebrei nella propria casa… di quegli ebrei costretti a dare in segreto i propri figli in fasce a famiglie olandesi perché li crescano come figli loro. 

Ma Monica Hesse vuole dirci che in mezzo a tutto ciò, c’è ancora spazio per l’amore. L’amore per un figlio arruolatosi troppo presto, per un ragazzo la cui vita è stata spezzata da tanta crudeltà; l’amore che sboccia tra i banchi di scuola… 

[…] l’amore non smette mai, suppongo, neppure in guerra. Non è umanamente possibile passare ogni momento delle nostre giornate in preda alla paura, prima o poi l’istinto a provare sentimenti normali torna a farsi sentire. 

La narrazione ricca di pathos e trasporto coinvolge il lettore e non lo abbandona fino alla fine, portandolo a sperare nonostante tutto. 

Un finale che anche se non regala certo un “e vissero tutti felici e contenti” non lascia completamente atterriti e svuotati perché dimostra con quanta forza alcuni ebrei e non solo abbiano saputo non arrendersi di fronte a questo abominio. 

Romanzo toccante ma non struggente. Non abbiate paura di abbandonarvi alle emozioni leggendolo. 
Lo consiglio ovviamente per non dimenticare.
Stefania

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