Pensieri su "Namiko e i giardini di Kyoto" di Andreas Séché



Quando un giornalista tedesco di ventinove anni si reca in Giappone per un reportage sull'arte dei giardini, non può certo prevedere che questo viaggio cambierà la sua vita per sempre. Nel corso delle sue passeggiate nei giardini di Kyoto incontra infatti la misteriosa e sensibile studentessa Namiko, custode di un rapporto intimo con la natura, e ne rimane immediatamente affascinato. Ascoltandola ripercorrere l'arte millenaria che rende questi giardini spazi di meditazione e armonia, si rende conto che la donna sussurra e che il tono sommesso della sua voce regala alle parole un'intensità e un significato del tutto nuovi, in grado di toccare le corde più profonde dell'anima. Namiko sussurra non solo con le parole, ma anche con i gesti, lo sguardo e il tatto. Per il giornalista è solo il primo passo di un lungo viaggio, dentro una cultura celata nei caratteri della scrittura e nei tradizionali kúan che il protagonista inizierà a comprendere con l'aiuto del padre di Namiko. Finché una notte, seduto al fianco della giovane donna nel "giardino dei sospiri alla luna" ad ascoltare la melodia di un flauto tradizionale, si troverà a dover prendere una decisione difficile e da cui non potrà tornare indietro. 

Attraverso una storia d'amore unica e commovente che mette a confronto la mentalità occidentale con quella orientale, questo romanzo esplora l'eterno dilemma tra ragione e cuore, tra avere ed essere, trovando una risposta nella poesia.

Namiko e i giardini di Kyoto 
di Andreas Séché
Editore: ‎Mondadori
 * ringraziamo la CE per la copia digitale
Pagine 156
Uscita: 15 febbraio 2022



Ogni volta che sento un flauto, mi torna in mente Namiko. 
Namiko amava il flauto e i suoni che produceva: la rapiva-no trasportandole l’anima in mondi a cui non mi era dato di accedere. Quando sentiva un flauto, Namiko sembrava stregata. 
Di solito erano le note lente e gravi dello shakuhachi giapponese ad ammaliarla con il loro potere suggestivo, nemmeno io riuscivo a restare indifferente. 
Ma la musica penetrava nel suo intimo molto più in profondità che nel mio.


A volte non servono tomi poderosi per raccontare l'immensità.
L'ho pensato mentre leggevo questo breve romanzo, di fronte a un incontro che ha aperto le porte di un intero universo, e a come una storia d'amore tra due persone possa essere così potente, così intensa, da superare le barriere immateriali del tempo e quelle visibili dello spazio.

Direi che la meraviglia della storia d'amore tra il giornalista tedesco e la ragazza giapponese, Andreas e Namiko, sta tutto in una frase: "Namiko entrò nella mia vita con la provocazione muta di un enigma che chiedeva infine di essere risolto."

Namiko non è solo una bella e etera fanciulla di cui Andreas s'innamora, ma è la chiave per spalancare il passaggio verso un mondo nuovo, dal quotidiano allo spirituale, dall'occidente all'oriente, dalla civiltà alla natura. E anche per decifrarlo e apprenderlo, quel mondo.

A Namiko piacevano i segreti. 
E a me piaceva Namiko perché le piacevano i segreti. 
Un segreto era qualcosa in cui coinvolgere l’altro in modo speciale, tenendolo dapprima all’oscuro, ma introducendolo poi con maggiore intensità al contenuto del segreto.


Di persona, non sono appassionata di cultura giapponese, tuttavia la mia figlia più grande ne è un'estimatrice accanita, lingua compresa, per cui certe tradizioni e la misteriosa bellezza degli ideogrammi mi erano già un po' familiari.
Ecco, alcune conoscenze contenute in questo libro sono state una riscoperta suggestiva, altre mi hanno arricchito ancora di più. Conoscevo, ad esempio, i quattro elementi del giardino zen (la pietra, l’acqua, l’albero e il muschio), ma ignoravo che i pini simboleggiassero la costanza (per via del colore degli aghi, sempreverdi, come i sentimenti che resistono al tempo).

Così conoscevo l'amore degli artisti giapponesi per lo yohaku no bi, la bellezza del bianco, appena scalfito da poche pennellate ("A volte è più importante omettere che aggiungere"), ma grazie a questa lettura ho imparato anche che i mercanti di pietre le sotterrano prima di venderle, affinché si formi sopra una patina, a conferma del tempo trascorso.

Più che (solo) una storia d'amore, il racconto di Andreas è una lunga dichiarazione d'amore per il Giappone, per uno stile di vita che lo ha trasformato, rendendo tutto più intenso ed emozionante, "sentendo" le cose che accadono in modo diverso.

Non c'è più Amburgo, c'è Kyoto.
Non ci sono i palazzi, le strade, ma le piante e la natura che assorbe e comunica.
E Namiko si è insediata nel suo cuore per sempre, senza più andarsene.

Alla fine mi sono commossa, ma serbo ancora le citazioni più belle, per andarle a riprendere in seguito, per assaporarle per conto mio.
Molto consigliato.

Che profumo avrebbe un bacio? 
Voglio dire, se un bacio avesse un profumo, quale sarebbe? 
Vaniglia? Basilico? Fragola? 
Se si unissero vaniglia, basilico e fragola in una sola fragranza, ne risulterebbe una miscela seducente, ma per un bacio forse non sarebbe ancora abbastanza paradisiaca. 
Forse un bacio avrebbe il profumo di qualcosa di immateriale. 
Forse sarebbe piuttosto un profumo poetico. Il profumo dell’eternità. 
O della certezza. 
O forse solo il profumo di qualcosa in più.

Amarilli

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