Pensieri su “Un conte nel mio letto” di Stacy Reid


Per anni Daphne, contessa di Carrington, ha amato e atteso suo marito nonostante il loro matrimonio fosse nato da un ricatto. Ma ora lei non riesce più a tollerare l’austera freddezza del conte e così è pronta a dar vita a uno scandalo tanto grande da non lasciargli altra scelta che concederle il divorzio. 

Ciò che non può immaginare è che lui, Sylvester- Wentworth, è tornato a Londra con l’intenzione di sedurla. Dopo aver rischiato la vita in un paese lontano, il conte ha capito che ha bisogno di un erede e adesso vuole recuperare il loro matrimonio. Ma ad attenderlo trova l’esatto contrario di quello che si aspettava e dovrà usare tutto il suo fascino per convincere la contessa a entrare nel suo letto…

Titolo: Un conte nel mio letto
Autore: Stacy Reid
Editore: Mondadori
Collana: I Romanzi – Passione 203
Ambientazione: Inghilterra, 1816-22

La serie  ‘Rebellious Desires’.
1) DUCHESSA E AMANTE (Duchess by Day, Mistress by Night)
2) UN CONTE NEL MIO LETTO (The Earl in My Bed).



Confermo quanto avevo già scritto a proposito del primo romanzo: questa nuova serie di Stacy Reid risulta più matura e corposa. I libri si leggono in un soffio, però i protagonisti e le vicende non sono affatto banali.

Qui il giovane conte è stato costretto a sposarsi in senso letterale, sotto ricatto, e dopo sei anni non ha ancora digerito l'affronto.
Peccato solo che la sua contessa (che sospetta l'accaduto ma non è mai stata partecipe) si sia stufata di aspettare il perdono e l'avvio di un matrimonio di sostanza, oltre che di facciata, e preferisca andarsene per conto proprio.
Ovviamente, anche allora il divorzio era una strada in salita, anzi alle donne veniva negato. Perciò i due (finalmente!) devono fare i conti con il passato e gli interessi opposti.

Come al solito, la Reid inserisce un elemento storico vero, ovvero il nascente movimento per l'abolizione della schiavitù che stava prendendo piede in Inghilterra a fine '700, spinto da menti liberali e dalle petizioni dei Quaccheri.
Viene peraltro ricordato il (reale) massacro avvenuto sulla nave Zong nel 1781, vicino alla Giamaica, quando circa 140 schiavi africani (compresi donne e bambini) vennero gettati in mare, legati e tra gli squali, perché anche se venduti il loro valore sarebbe stato comunque inferiore al risarcimento dell'assicurazione per "perdita del carico dovuta ad avaria".

Nel libro viene menzionato di sfuggita anche il processo presieduto da lord Mansfield. In effetti, ricordo ancora l'orrore che provai tanti anni fa (da studentessa di giurisprudenza) quando lessi le parole vergate nella sua sentenza (che costituì case law in UK negli anni a venire), ovvero che la giuria non aveva avuto dubbi che il caso degli schiavi doveva essere deciso come se fossero stati gettati in mare "dei cavalli o altra merce", per evitare incidenti alla nave...

Ecco, quando i romance storici sono ridicolizzati come letture "rosa" e basta, si può far notare che ci sono libri che aiutano anche a non dimenticare impressionanti cadute della nostra civiltà.

Concludo la piccola disgressione storica per promuovere (come già si sarà intuito) il libro.

Amarilli

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