Pensieri su “La follia di Helen Grey” di Julia Bennet



Figlia illegittima di un misterioso duca, da dieci anni Helen Grey vive ingiustamente reclusa in una tetra clinica psichiatrica grazie alla connivenza del crudele dottor Sterling: il padre, infatti, vuole che lei resti nell’istituto per evitare che si sappia della sua esistenza. 
Sarà l’arrivo del dottor William Carter a donare a Helen una speranza di fuga: affidata alle scrupolose cure di Will, sulle prime la ragazza cerca di manipolarlo, ma tra i due si instaura poco a poco un rapporto di fiducia che presto si trasforma in fortissimo attrazione. Tuttavia entrambi devono resistere al desiderio, perché sanno di dover combattere non solo per conquistare la libertà di Helen, ma anche per il suo diritto all’amore…

“La follia di Helen Grey” 
Autrice: Julia Bennet
Editore: Mondadori
Collana: I Romanzi– Passione 208
Ambientazione: Inghilterra, 1882 (epoca vittoriana)
Uscita: febbraio 2022

LA FOLLIA DI HELEN GREY ( The Madness of Miss Grey ) è il romanzo d’esordio di Julia Bennett, ed è la prima opera dell’autrice pubblicata nella collana I Romanzi.
Si tratta del romanzo d’apertura della serie ‘Hardcastle Inheritance’. 
La serie proseguirà con “The Ruin of Evangeline Jones”, di prossima pubblicazione.



"Tra dieci anni non sarete qui."
"Non siate ingenuo, non andrò da nessuna parte."
"Non potete saperlo."
"Non mi lasceranno mai andare. E questo posto rende matti. Li partorisce come un mostro. E se non lo capite, siete uno stupido."


Per una strana coincidenza, di recente mi sono ritrovata a leggere vari libri incentrati sul tema delle ospiti femminili dei manicomi europei tra l'ottocento e il novecento: donne molto spesso rinchiuse (a vita) in quanto colpevoli di ribellione, atteggiamenti disinibiti e volgari, bollate come pazze, isteriche, ninfomani (ormai non c'era più la comoda soluzione di considerarle streghe e bruciarle direttamente sul rogo).
In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi, erano donne assolutamente sane di mente ma non corrispondenti ai rigidi canoni sociali che le volevano mogli sottomesse e analfabete, oppure sempre sottomesse zitelle, per il caso in cui non avessero voluto immolarsi nel matrimonio, relegate in casa.
Se qualcuna osava troppo, studiava, voleva alzare la voce, condurre affari da sola, avere un amante, ci pensavano parenti non comprensivi e medici conniventi a zittirle.

Helen Grey è una di queste giovani donne invisibili: rinchiusa all'età di 16 anni dal proprio padre nobile, desideroso di cancellare la macchia di avere avuto una figlia illegittima, lui, irreprensibile fustigatore dei costumi altrui.
Così Helen, nonostante si affanni a sottoporsi a visite e trattamenti, dopo dieci anni è ormai rassegnata a morire nella clinica del dottor Sterling, salvo tentare ogni tanto la fuga.
Ed è durante un tentativo che la conosce William Carter, nuovo dottore assunto nel manicomio.

Se Helen è considerata un esemplare corrotto perché bella e mordace (questa è a mio avviso una vera e propria licenza letteraria che si è concessa l'autrice, in quanto è dimostrato che la reclusione faceva perdere rapidamente il senno; infatti le altre ospiti sono ormai cadute nella demenza...), William non è il classico dottore fascinoso ed eroico. È, anzi, bruttino, vedovo, amareggiato dalla vita e frustrato dal fatto che le sue teorie mediche si scontrino con pregiudizi e ottusità: è consapevole dell'inutilità di cure crudeli e medievali e vorrebbe veramente aiutare i pazienti a guarire.
Immaginatevi che tornado si potrà scatenare quando gli viene affidata la ragazza.

Un romanzo molto interessante e avvincente, soprattutto perché non cerca una trama facile, con ambienti eleganti e conversazioni frivole; il manicomio è tetro, aleggia la disperazione ed è raro trovare un raggio di luce. Neppure la storia d'amore è risolta in modo tradizionale; Helen è cresciuta con una madre attrice, neppure il lettore riesce davvero a fidarsi dei suoi sentimenti reali.

Mi è piaciuto molto, anche per questa sua originalità e questa bravura introspettiva dell'autrice.
Solamente il finale risulta un po' pasticciato e trascinato, ma è perdonabile in considerazione che si tratta di un'opera prima.
Leggerò senz'altro il seguito.

Amarilli

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