Pensieri su “L’aquila e Maja” di Pitti Duchamp




Il barone Umberto Riccardi, spericolato pilota di aerei, aspetta che l’Italia entri nel pieno della Grande Guerra: non vede l’ora di sfidare la morte alla guida del suo velocissimo biplano. 
Alba è una sarta talentuosa. Sedotta dal barone, cede al piacere sublime della trasgressione. Ma lui ha in mente solo la gloria e non c’è spazio per nient’altro nella sua vita. 
Sarà la guerra a far incrociare nuovamente i loro destini. Umberto ritroverà Alba, impavida e bellissima, con la divisa della Croce Rossa, e scoprirà che per lui la vera battaglia non è contro il nemico austriaco, bensì contro un passato che non smette di tormentarlo. 
Basterà la passione a unire i loro cuori coraggiosi?

Titolo: L’aquila e Maja
Autrice: Pitti Duchamp
Editore: Mondadori
Collana: I Romanzi – Passione 207
Ambientazione: Italia, 1915-18
Uscita: dicembre 2021



La mia prima esperienza di lettura con quest'autrice italiana, specializzata in romance storici, si è rivelata più che positiva. La Duchamp ha scelto un periodo storico italianissimo e che io credo d'aver studiato (cenere sopra il mio capo) davvero poco, sicuramente alle elementari e forse alle medie (perché i professori non riuscivamo mai ad arrivarci con il programma): la prima guerra mondiale. 

Per fortuna, però, mio nonno aveva combattuto sul fronte orientale, mentre mio papà era cresciuto nel mito di Francesco Baracca, degli eroi del Piave e, peraltro, dell'imprese di D'Annunzio, per cui mi raccontava le battaglie e mi indicava le linee di resistenza o le trincee quando andavamo a camminare sull'altopiano di Asiago. Quindi è stato un po' ritornare a giorni malinconici e lontani, a sentire certi nomi, e sono ancor più grata all'autrice di aver ridato vita a fatti, luoghi e persone che troppo spesso sono lasciati andare.
Vero che poi è arrivata la seconda guerra mondiale, vero che poi tragedie forse più grandi si sono impresse nella memoria collettiva, ma quegli anni tra il 1915 e il 1918 sono stati davvero pesanti per il nostro paese e hanno lasciato un segno profondo, non fosse per le migliaia di profughi e sopravvissuti, stremati da carestia e povertà, un'umanità orgogliosa ma vulnerabile, facile preda della successiva epidemia di Spagnola (e anche qui ho trovato curioso e straniante il parallelo con la realtà attuale, l'idea di leggere di un contagio invisibile che si diffonde, mentre noi stessi siamo un giorno sì e uno no a rischio quarantena Covid).

Se ho trovato notevole la ricostruzione e l'accuratezza storica (sono resi benissimo i sentimenti di euforia pre-guerra, di disperazione confusa dopo Caporetto e di rivalsa contro i "crucchi" sino alla vittoria di Vittorio Veneto), devo dire che mi ha convinto anche la storia d'amore che fa da perno all'ambientazione. 

Il barone Riccardi è un asso dell'aviazione, ma è cresciuto nell'agiatezza e in un certo egoismo, rinfocolato dall'essere stato guastato dal vaiolo (lui è uno che paga, di solito, per avere un po' d'amore). 
Alba è una sartina d'umilissime origini, travolta dal sogno di poter stare tra le braccia di un uomo così, e poi inevitabilmente sedotta e abbandonata.

Poteva essere una storia misera come tante, ma la guerra spariglia destini già scritti, livellando alla fine ricchi e popolani, donne e uomini, eroi al fronte e operose infermiere che rischiano in eguale misura. Non è una storia facile, ma matura gradualmente, tra perdite, incomprensioni, incontri e scelte coraggiose.

Un romanzo ben scritto, uno stile sicuro e affinato, con alla base l'ottimo progetto di ridare voce a personaggi realmente vissuti o minori, ma comunque ritagliati su esistenze credibili.
Consigliato.

Amarilli


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