Pensieri su "Casa Trelawney" di Hannah Rothschild



Per ottocento anni Trelawney Castle – una stanza per ogni giorno dell’anno, undici scaloni e oltre sei chilometri di corridoi – è stato il più maestoso e il più sontuoso castello della contea di Cornovaglia, rappresentando degnamente la famiglia omonima.
Ma con l’incespicante trascorrere dei secoli, la mollezza delle abitudini ha smorzato l’ambizione dei signori di Trelawney: gli ultimi otto dei ventiquattro conti si sono distinti per dissolutezza e inettitudine finanziaria, mentre due guerre mondiali, il crollo di Wall Street e le tasse ereditarie hanno finito col dissipare il patrimonio della famiglia.
Nel 2008 le finestre sono ormai oscurate dall’avanzata dell’edera e dei rovi, alcuni soffitti parzialmente crollati rivelano gli ambienti soprastanti e gli attuali abitanti del castello tengono a bada il degrado chiudendo le porte a chiave.
Jane Tremayne, nuora del ventiquattresimo conte di Trelawney e moglie dell’erede, Kitto, svolge la maggior parte delle mansioni domestiche e accudisce il giardino, gli anziani suoceri e l’ultimo cavallo rimasto nella stalla. Kitto investe in progetti improbabili, con l’inettitudine di chi è consapevole di essere l’ultimo, biasimato superstite di una nobile dinastia. Dei loro tre figli solo il maggiore, Ambrose, frequenta l’ultimo anno a Harrow, mentre le tasse esorbitanti della scuola privata costringono il secondogenito, Toby, e la sorella, Arabella, a frequentare il liceo pubblico locale.
E poi ci sono Enyon e Clarissa, conte e contessa di Trelawney, intenzionati a fingere che ogni cosa si sia conservata nello splendore di un tempo, mentre l’eccentrica prozia Tuffy si è barricata in un villino fatiscente in fondo al parco, dedicando la sua esistenza allo studio delle pulci.
L’unica che sembra essersi salvata dalla rovina è Blaze, la sorella di Kitto: allontanata da Trelawney Castle per questioni ereditarie, ha rinnegato il passato e fatto fortuna nella finanza a Londra.
Ma quando una vecchia amicizia in comune, Anastasia, chiede ospitalità per la figlia diciannovenne, Ayesha, Blaze e Jane, da tempo estranee, dovranno necessariamente riunirsi per salvare quel che resta di Trelawney Castle dal dissesto finanziario, ora che i mercati e le banche sono sull’orlo del tracollo. Un’occasione, forse, per scoprire anche cosa tiene davvero unita una famiglia.
Con sferzante humour britannico, e grazie a una prosa vivace, Hannah Rothschild dà vita, attraverso le vicende di un’antica casata sull’orlo del lastrico, a una trascinante commedia sociale. 

CASA TRELAWNEY
Hannah Rothschild
Editore: Neri Pozza
Pagine: 446
Uscita: Settembre 2021



Non era sorprendente che la famiglia considerasse la casa un essere senziente:
 ai suoi occhi, Trelawney Castle era molto più che mattoni e cemento.

Un romanzo corale/familiare che mi ha deliziato per alcune sere.

I Trewlawney sono stati per ottocento anni una delle famiglie nobili più importanti della Cornovaglia, amici dei reali, sempre al centro delle cronache mondane, e il castello era il loro simbolo, immenso, labirintico, pregno di storia e tradizione.
Ma nel 2008, alla vigilia della crisi finanziaria dei mutui subprime, il castello è diventato un peso da mantenere, invendibile, gravato da ipoteche.

I vecchi conti vivono un'esistenza tutta loro, fingendo che tutto si ancora come prima. L'erede, Kitto, è un uomo di mezza età, convinto che il suo titolo possa ancora spalancargli le porte del successo, mentre la moglie Jane si è rassegnata a fare tutto, dalla cameriera alla madre alla giardiniera, ma è sull'orlo del crollo nervoso. I tre figli sono ancora divisi tra il considerarsi l'ultima generazione di una dinastia secolare e il vivere come persone normali, addirittura povere e senza un futuro certo,
E poi ci sono una zia eccentrica, naturalista, che vive come un'eremita nelle foreste intorno al castello e la sorella di Kitto, Blaze, l'unica che, diseredata, è stata costretta a trovarsi un vero lavoro come analista finanziaria. Sì, perché la legge di famiglia è implacabile: solo l'erede può tenere titolo e castello, gli altri figli debbono andarsene.

Quasi fanno tenerezza, questi nobili decaduti: snob fino all'ultimo, aggrappati a vestigia del passato a cui non riescono a rinunciare, incapaci di cercare alternative che non contemplino le mura dietro cui si nascondono. Forse dovrebbero decidere se il castello non sia la vera e unica palla al piede che impedisce loro di sperare in un destino diverso...

A tratti cinico, a tratti frizzante: in quasi cinquecento pagine si disegna l'affresco spietato di una famiglia in decadenza e logorata da troppi pesi e pretese, per cui, però, non tutto è perduto.


Amarilli


Nessun commento:

Powered by Blogger.