Pensieri su "ALL'ORIZZONTE" di Benjamin Myers


Inghilterra, 1946. 
Nell'estate successiva alla conclusione della Seconda guerra mondiale, Robert, sedici anni, decide di trascorrere un periodo in piena libertà a contatto con la natura, prima di cominciare il lavoro in miniera cui è destinato. Dopo qualche giorno di cammino, diretto al mare, si imbatte nel cottage di Dulcie, una donna già avanti con gli anni, eccentrica, colta, burbera, accogliente. In cambio di lavori al capanno nel suo giardino - un capanno usato in passato da una misteriosa artista - Dulcie gli offre ospitalità. Quell'inattesa generosità segna l'inizio di un'amicizia improbabile ma saldissima, che cambierà il futuro già tracciato di entrambi. Al giovane Robert, le conversazioni con Dulcie apriranno un nuovo mondo, fatto di scambi sul cibo, sulla natura, sui viaggi e sull'importanza delle parole, soprattutto scritte. Presto, Robert si avvicina, come ci confida, «a essere me stesso e non la persona che fino ad allora avevo interpretato», mentre Dulcie prova a venire a patti con il suo passato, riscoprendo nuove ragioni di vita

Con "All'orizzonte" Benjamin Myers ci parla del potere della natura per la costruzione della personalità, della forza dell'amicizia indipendentemente dall'età anagrafica, dell'importanza della letteratura, e dunque della lettura, per l'interpretazione del mondo.

All'orizzonte 
di Benjamin Myers
Editore : Bollati Boringhieri
Uscita: 27 maggio 2021
240 pagine



Seduto qui, vicino alla finestra aperta, con un glissando di uccelli canori 
sulla lievissima brezza che porta con sé il profumo di un’ultima estate alle porte, 
mi aggrappo alla poesia proprio come mi aggrappo alla vita.


Ecco un altro libro da cui mi sono sentita "chiamata", a partire dalla copertina, perché se era per la trama e per le recensioni viste in giro avrei davvero lasciato perdere...
E invece: che magnificenza! Che libro!

Mentre leggevo ho assaporato la libertà, la gioia di vagabondare senza una meta fissa, senza una scadenza temporale, senza un pensiero costante che non fosse quello di esplorare e curiosare in giro.
All'inizio, la mia mente non voleva quasi accettarlo: un libro senza antefatti, senza decine di nomi da imparare, senza un vero genere dove essere incasellato.
Siamo nel 1946, in Inghilterra. La guerra è appena finita, il paese si sta ancora riprendendo, c'è una povertà diffusa, ma anche una grande dignità nel vivere e nel condividere quel poco che si ha con i viaggiatori.
Robert avrebbe quasi concluso gli studi, la sua famiglia spera che occupi un posto nella società mineraria dove già lavora il padre; ma lui non ne può più di restare costretto in un'esistenza posticcia e già scelta, in una cittadina chiusa, grigia e sporca di fuliggine e carbone.
Così inizia un suo personale Gran Tour da sedicenne, prima di affrontare la Vita.

Ma non viaggia verso capitali europee o luoghi celebri, bensì nell'entroterra, in una campagna inglese selvaggia, umida e verde, e poi sulla costa, lungo litorali ancora privi di turismo o folla, tra vento, uccelli e altri animali del bosco, senza nome e legge e come lui.
Fino all'incontro con un'altra anima solitaria, un'anziana signora rintanata in un cottage un po' malandato, una persona generosa, bizzarra, capace di illuminarlo con il proprio passato, quanto il ragazzo può ancora offrirle una ragione per vivere e tramandare la sua cultura.

Quello che non mi aveva dato (come libro-viaggio/esperienza) "On the Road" a suo tempo, me lo hanno dato Dulcie e Robert. Quella che leggete è, essenzialmente, una recensione di testa, scritta settimane dopo la lettura, ma quando ho terminato il libro ero commossa, e sono state lacrime di sollievo e di conforto.
Vi invito a dargli una possibilità perché "I libri non sono altro che carta, ma al loro interno contengono rivoluzioni."

Lascia che poesia, musica, vino e romanticismo ti indichino la via.
Lascia che la libertà prevalga.

Amarilli

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