Recensione in #anteprima per "NON PARLARE" di Uzodinma Iweala



Due amici. Due universi paralleli che si sfiorano senza mai incontrarsi. 
E un segreto che, una volta svelato, minaccia di abbattersi sulle loro vite con una forza devastante. 

Niru è il perfetto ragazzo americano. Cresciuto a Washington da una coppia di genitori molto presenti, frequenta con profitto un prestigioso liceo privato dove primeggia anche in ambito sportivo. Pronto a partire per Harvard in autunno, le sue prospettive sono radiose. Ma il ragazzo ha un segreto: è gay, una colpa gravissima agli occhi dei suoi genitori nigeriani e conservatori. Nessuno sa la verità a parte Meredith, sua migliore amica e figlia di due membri dell’élite cittadina, l’unica persona che sembra non giudicarlo. Quando il padre di Niru viene a conoscenza della sua omosessualità, le conseguenze sono gravi e repentine, e Meredith, presa dai propri problemi, non si dimostra in grado di sostenerlo. Determinati a ricostruire la loro amicizia e a realizzare i propri desideri, lottando contro le aspettative e le convenzioni che la società vuole imporgli, i due si trovano a correre incontro a una sorte insensata e violenta, che altererà inesorabilmente il corso dei loro destini.

Titolo: Non parlare
Autore: Uzodinma Iweala
Editore: Nua Edizioni *
* grazie alla CE per la copia in anteprima
ISBN CARTACEO: 978-88-31399-36-4
Genere: Narrativa Contemporanea
Lunghezza: 250 pagine
Uscita: 6 maggio 2021


L'Autore - Uzodinma Iweala, scrittore e medico statunitense di origine nigeriana, è l’autore di Bestie senza patria, romanzo vincitore di prestigiosi premi, da cui è stato tratto il film Beasts of No Nations distribuito su Netflix. Vive tra Lagos e New York, dove dirige il centro culturale The Africa Center.



Mi chiedo se trascinarci nel villaggio e nella città in cui ha passato l’infanzia sia un modo per immergerci tutti nel suo inferno personale così che vediamo come questa strana combinazione di povertà e opportunità, queste strade sconnesse e fangose, queste case decrepite, questi uomini e donne sovraccarichi che camminano lentamente cantando inni di lode per aiutarsi ad andare avanti, abbiano creato la strana combinazione di amore e rabbia e orgoglio e paura che è mio padre.


Inizio a parlare di questo libro prendendo in analisi la sua forma sintattica. Non amo l’uso del tempo presente nelle narrazioni, ma a parte questa mia preferenza ho trovato snella e ben leggibile la forma usata dallo scrittore, il non differenziare i dialoghi dalle cronache indirette, l’uso scarnissimo di punteggiatura con l’utilizzo quasi esclusivo di punti e virgole.

La storia parla delle origini nigeriane dell’autore, con accenni autobiografici dato che il protagonista è uno studente di medicina di origini nigeriane che vive in America.

Un libro che parla di conflitti, Niru, giovane e promettente studente, figlio di africani benestanti e ben istruiti si trova a dover affrontare un dolorosissimo dilemma esistenziale quando inizia a sospettare la sua omosessualità.
Purtroppo il suo grave dilemma sarà acuito dalla repentina scoperta di ciò da parte dei suoi genitori che utilizzando i mezzi propri della loro cultura, origine e religione cercano perentoriamente di bloccare questa inaccettabile inclinazione del figlio tra accessi di violenza e pseudo esorcismi.

Questo porterà il lettore non solo a vivere le tribolazioni di Niru, ma anche quelle dei suoi parenti e in particolare del padre che più di tutti rappresenta le divergenze tra i due mondi qui così ben descritti, quell’africanità fiera, forte ma ancora legata alle regole religiose delle sue origini e le opportunità di quella terra promessa che generosamente offre a chi sa prendere ma che anche impone usi e costumi che il padre di Niru non può accettare, in particolare in uno dei suoi figli.

Così a Niru non resta che tacere i suoi desideri… non parlare!

Un libro che parla di divergenze, sia generazionali, sia culturali, esacerbate da un contesto molto complesso. Infatti una delle analisi più interessanti del libro è il rapporto con lo status di immigrato ben inserito nella società la cui identità è dilaniata dal non sentirsi davvero parte di essa e la forte radice identitaria africana, fiera e oppressa al contempo.

Ad ampliare la visione di questo testo, chiamando in causa un punto di vista opposto l’autore “usa” il personaggio di Meredith.
Amica, confidente e carnefice di Niru, è una faccia della stessa medaglia, donna, bianca, colta, figlia dell’upper class americana, rappresenta a mio avviso quel senso di colpa insito nelle classi dominanti da più generazioni, un’eredità di invasione e dolore che non si riesce ad abbandonare e si perpetua con quel “non parlare” tanto opportuno che è una tomba per la coscienza.

Lucia

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