Review Party per "IL GATTO CHE VOLEVA SALVARE I LIBRI" di Sosuke Natsukawa



La libreria Natsuki è un luogo speciale: un negozio polveroso e solitario, dove gli amanti della lettura possono trovare, tra le pagine dei grandi capolavori di tutto il mondo, un’oasi di pace, un rifugio lontano dal frastuono della quotidianità. Quando il proprietario, uomo colto e appassionato, muore improvvisamente, il nipote Rintaro, un ragazzino timido e introverso, eredita la libreria. Il nonno si è preso cura di lui dopo la morte di sua madre e, ora che è scomparso, Rintaro deve imparare a fare a meno della sua saggezza dolce e pacata. La libreria è sull’orlo del fallimento: un’eredità pesante per il ragazzo, anche perché i segnali dal mondo sono piuttosto scoraggianti: poca gente è davvero interessata alla lettura.

Un giorno, mentre Rintaro si crogiola malinconico nel ricordo del nonno, entra in libreria un gatto parlante. Nonostante le iniziali perplessità del ragazzino, il gatto lo convince a partire per una missione molto speciale: salvare i libri dalla loro scomparsa. Inizia così la storia di un’amicizia magica: un’avventura che li porterà a percorrere quattro diversi labirinti per risolvere altrettante questioni esistenziali sull’importanza della lettura e sulla forza, infinita e imperscrutabile, dell’amore.

Una favola dei nostri tempi, un’ode straordinaria al potere del libro e dell’immaginazione.

Sosuke Natsukawa
Il gatto che voleva salvare i libri
Genere: Narrativa Contemporanea
ISBN: 9788804731368
180 pagine
Uscita: 6 ottobre 2020



La Libreria Natsuki era un piccolo negozio che si trovava quasi semisepolto in una zona della città vecchia, e presentava una struttura in qualche modo peculiare. Dall’entrata partiva un corridoio lungo e stretto che proseguiva diritto verso il fondo, e su entrambe le pareti erano incassati imponenti scaffali di libri alti fino al soffitto che sembravano dominare chiunque. Ma nonostante quella barriera, quando si entrava nella libreria dalla luminosa porta d’ingresso, in prospettiva il locale appariva molto più profondo di quanto non fosse in realtà, e per un attimo sembrava che quel corridoio circondato di libri si prolungasse all’infinito verso il buio.


Confesso subito di non essere mai stata una grande patita di letteratura giapponese: conosco così poco di quella cultura, tanto che mi sarei persa probabilmente vari risvolti di questo breve romanzo, se mia figlia non vi avesse aperto gli occhi (ma lei è una fan sfegatata di tutto quel che c'è in estremo oriente...).
Dunque non avrei mai capito perchè Natsuki Rintarú, il protagonista, rientra perfettamente nel ruolo di
hikikomori, cioè uno di quegli individui che sceglie di ritirarsi volontariamente dalla vita sociale o di limitarsi a vivere ai margini, beandosi di questa asocialità, solitudine, autoconfinamento. 

Nel nostro caso, Natstuki, anche a causa della morte dell'amatissimo nonno ha rinunziato ad andare a scuola, vive da solo e passa il suo tempo nella vasta libreria del nonno, che ha ereditato, per onorarne la memoria. Ma non si può andare avanti così, i compagni di scuola lo cercano, sua zia lo sprona a uscire dal guscio e a cedere l'attività. Insomma le persone, quanto meno, non permettono che il nostro studente delle superiori (un tipo basso, occhialuto, timido e introverso) si annulli nell'indifferenza civile.

Ci si mette di mezzo anche un gatto imponente e dalla vivace parlantina che gli chiede di avventurarsi in missione per "salvare" i libri che, a suo dire, sono in grave pericolo.
Insieme dunque a Tora, il gatto, e poi all'amica Sayo, Natsuki percorre quattro labirinti, uno dopo l'altro, o meglio affronta gli uomini che ci vivono all'interno e che rappresentano un po' i difetti dei "falsi lettori (uomini che pensano soltanto a conservare i libri, accumulandoli, oppure a ritagliarli, per riassumere il contenuto perdendone il senso della bellezza, oppure a venderli, ovvero a  farli smaltire dal pubblico nel modo più efficiente possibile, fino a giungere una selva di libri che hanno assunto troppo potere sui loro stessi padroni).

«I libri hanno un’anima» se ne uscì all’improvviso il gatto. Illuminati dalla luce stellare, i suoi occhi diffondevano un magnifico bagliore. «Se i libri rimangono semplicemente dove sono, non diventano altro che un mucchio di carta. Anche i capolavori che celano in sé un enorme potere, anche le grandi opere che raccontano storie meravigliose, se non vengono aperti alla fin fine non sono che pezzi di carta ritagliata. Ma se in essi viene profusa la cura e l’attenzione delle persone, nei libri che continuano a essere trattati con rispetto va a insediarsi un’anima.»

Sulle prime mi era parsa una versione nipponica della Storia Infinita (anche là al protagonista viene chiesto di leggere per salvare il mondo dalla mancanza di fantasia), ma questo "Gatto" è certamente più filosofeggiante, ricco di metafore delicate, tanto semplici quanto profonde.
Di certo, il protagonista possiede già un'ampia cultura di partenza (che comprende anche quella occidentale, da Nietzsche a Dumas) e può attingere agli insegnamenti del nonno, un libraio che non si limitava a vivere grazie ai libri, ma insieme ai libri.

Una parentesi ovattata, lontana da letture frastornanti, per riflettere sul proprio modo di approcciarsi a un'esperienza (la lettura) senza la quale, io, ad esempio, proprio non riuscirei a vivere, e che ci conferma soprattutto che lo scopo dei libri non è isolare, ma aiutare a gettare ponti tra noi e gli altri.

Amarilli

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