Speciale Trilogia della Pianura: "CANTO DELLA PIANURA" di Kent Haruf
Con Canto della pianura si torna a Holt, dove Tom Guthrie insegna storia al liceo e da solo si occupa dei due figli piccoli, mentre la moglie passa le sue giornate al buio, chiusa in una stanza.
Intanto Victoria Roubideaux a sedici anni scopre di essere incinta. Quando la madre la caccia di casa, la ragazza chiede aiuto a un’insegnante della scuola, Maggie Jones, e la sua storia si lega a quella dei vecchi fratelli McPheron, che da sempre vivono in solitudine dedicandosi all’allevamento di mucche e giumente.
Come in Benedizione, le vite dei personaggi di Holt si intrec ciano le une alle altre in un racconto corale di dignità, di rimpianti e d’amore. In particolare, in questo libro Kent Haruf rivolge la sua parola attenta e misurata al cominciare della vita. E ce la consegna come una gemma, pietra dura sfaccettata e preziosa, ma anche delicato germoglio.
Questo libro è per chi ama spostarsi solo con il pensiero, meglio se in poltrona e sotto una coperta a scacchi rossi e blu, per chi riesce a sentirsi a casa anche solo con una finestra aperta sul cielo, per chi cerca su google maps i luoghi dei libri, meglio se immaginari, e per chi ha deciso di affidarsi al tempo, nella convinzione che lo spazio possa sempre tradirlo.
KENT HARUF
Canto della pianura
Editore: NNE
Traduttore : Fabio Cremonesi
Pagine : 304
Prezzo : 18 €
ISBN : 978-88-99253-17-2
Uscita: 19-11-2015
Desideravo da tempo concedermi il giusto tempo-spazio per leggere Haruf e per conoscere gli abitanti di Holt, dopo averne sentito parlare così tanto.
Haruf ha uno stile singolare, non usa i dialoghi normali, ma dalla descrizione, dal pensiero si passa al discorso indiretto, poi si ritorna al pensiero, in un flusso continuo.
All'inizio è stato un po' snervante, poi ci si abitua e questo discorrere lento, dilatato, che indugia su dettagli persino poco accattivanti (la polvere, la sporcizia di un luogo, l'autopsia di una giovenca, la casa disordinata di un anziano, amplessi squallidi e senza amore), sino a subirne quasi il fascino, a sentirsi vicino a persone che sino a prima erano perfetti sconosciuti.
E poi Haruf non cerca di piacere con trame particolari, se non con una serie di quadri statici, spaccati di vita di persone normali, oserei dire scelti proprio perchè ordinari, privi di caratteristiche particolari.
Tutti i vari filoni convergono su uno scenario principale, l'abbandono, il rifiuto, la solitudine:
1) Tom viene abbandonato dalla moglie depressa; i suoi figli vengono lasciati indietro dalla madre e vagano soli durante il giorno, crescendo da soli;
2) Victoria rimane incinta e scaricata, viene rifiutata dalla famiglia e abbandona a sua volta il fidanzato;
3) i fratelli McPheron sono rimasti senza genitori, invecchiati in solitudine, loro e le loro vacche;
4) Maggie è rimasta con il padre vecchio e malato, e anche se è buona di cuore, rimane intrappolata senza poter sviluppare una vera relazione.
Eppure in tutto questo grigiore fili invisibili vengono gettati e incrociano i personaggi tra loro, e una casa sciatta e isolata può divenire un rifugio, un nido ospitale; sconosciuti ai margini della strada possono riempire i pomeriggi insegnando a fare i biscotti; vecchi senza figli possono divenire protettori e rocce contro il vento, più forti di qualunque vincolo di sangue, e alla fine la vita è fatta di tristezza, ma anche di granelli di sole su una strada polverosa.
Vale la pena leggere Haruf?
Sì. Quando ho chiuso il libro la mia idea immediata è stata quella di ritornare a Holt per leggerne ancora.
Nessun commento: