Review Tour per "The jasmine throne. Il trono di gelsomino" (The burning kingdoms #1) di Tasha Suri
Esiliata dal dispotico fratello, la principessa Malini passa le giornate tra le mura di un tempio in cui è tenuta prigioniera, sognando la sua vendetta. La giovane Priya, invece, tiene nascosta la sua identità e lavora come serva nella dimora dell’odiato reggente. Ma quando Priya viene assegnata alle stanze di Malini e quando quest’ultima scopre la vera natura dell’altra, i loro destini si intrecciano irrimediabilmente. Una principessa che vuole rubare il trono al fratello e una serva in possesso di una magia proibita che cerca disperatamente di salvare la propria famiglia. Insieme, metteranno a ferro e fuoco l’impero. The Jasmine Throne – Il trono di gelsomino dà inizio a una trilogia fantasy ambientata in un mondo ispirato alla storia e alle leggende indiane, in cui una principessa spietata e una potente sacerdotessa diventano delle improbabili alleate “in questo racconto ferocemente e sfacciatamente femminista” (S.A. Chakraborty).
Titolo: The jasmine throne. Il trono di gelsomino.
Serie: The burning kingdoms #1
Autrice: Tasha Suri
Editore: Fanucci *
* ringrazio la CE per la copia fornita
528 pagine
Uscita: 25 aprile 2023
La luce del fuoco si rifletteva nei suoi occhi.
Lo guardò col volto simile a uno specchio:
vuota di sentimenti, non rifletteva altro che i loro comuni occhi scuri e le sopracciglia e serie.
Il loro sangue e le ossa in comune.
«Fratello mio» disse. «Non lo dimenticherò.»
Questa è la mia seconda esperienza con Tasha Suri e i suoi fantasy d'ispirazione esotica e orientale.
Se "L'Impero di sabbia" si era rivelata una storia discreta e non proprio entusiasmante, questa nuova trilogia si presenta invece come un'epopea fantasy più ricca ed elaborata: l'autrice dà vita a un universo fascinoso ed esotico ben strutturato, un mix di tradizioni indiane e magia originale, dove si fondano tematiche sociali e politiche, introspettive, di crescita e di azione.
In un immaginario impero (simile a quelli dei rajah indiani), fondato sull'unione di più territori vassalli, l'imperatore - uomo sanguinario e devoto, fortemente misogino e convinto dell'importanza di ardere le donne sulle pire per "purificarle" - ha appena decretato la morte della sorella a causa del suo tradimento.
Ma la principessa Malini non ci sta e non accetta la tradizionale sottomissione.
Perciò viene inviata verso un territorio isolato, un tempo potente ma conquistato, annientato e tenuto in estrema povertà e paura, a trascorrere la propria prigionia all'interno di un tempio sacro, bruciato dai conquistatori e da allora ritenuto infestato e maledetto.
Il destino di Malini s'incrocia con quello di Priya, serva e già allieva dell'antico culto cancellato dai conquistatori, che ha nascosto per anni il proprio potere, finché la salvezza del suo popolo richiede di tessere nuove alleanze e barattare l'autonomia con il sostegno a un nuovo imperatore.
La particolarità del libro è di fondarsi su una narrazione a più voci e con più punti di vista, anche se a mio avviso non sempre viene resa in modo chiaro e con risultati eterogenei: accanto a capitoli vivaci e carichi di tensione, ve ne sono di molto confusi e meno accattivanti.
Di contro, la definirei una lettura ansiogena.
Dopo un incipit adrenalinico che cattura, arrivano pagine di eventi cruenti, con un ambiente di miseria e sofferenza e un costante andamento #maiunagioia.
Non si riesce mai a tirare il fiato, non c'è un vero momento di leggerezza e di brio.
Si soffre e basta, in continua tensione per cinquecento pagine. Si apre e si chiude, insomma, tra sangue e morte, e talora si resta un po' disorientati tra tradizioni e poteri magici che non sono del tutto disvelati (confido che, avendo altri due libri da offrire, l'autrice abbia voluto deporre vari semi da far germogliare).
L'amore saffico? C'è, ma è secondario nell'intreccio (come dire: se non c'era, il lettore poteva anche non accorgersene. E si ha sempre il sospetto che sia un guizzo cattura-simpatia).
Il femminismo? C'è, abbastanza: resto sempre delusa da protagoniste che sono "femministe" solo nel senso di essere crudeli al pari dei maschi: spero che Malini si riscatti con un ruolo diverso e più maturo.
Mi è piaciuto? Direi di sì, però al contempo il tono cupo monocorde mi ha un po' estenuato.
Priya. Un nome comune in tutto il Parijatdvipa.
Un nome dolce per le bambine delle guance rotonde e per le spose miti.
Questa donna non era né l'una né l'altra cosa.
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