Fantasy: LA QUINTA STAGIONE (La Terra Spezzata #1) di N.K. Jemisin

È iniziata la stagione della fine. Con un’enorme frattura che percorre l’Immoto, l’unico continente del pianeta, da parte a parte, una faglia che sputa tanta cenere da oscurare il cielo per anni. O secoli. Comincia con la morte, con un figlio assassinato e una figlia scomparsa. Comincia con il tradimento
e con ferite a lungo sopite che tornano a pulsare.

L’Immoto è da sempre abituato alle catastrofi, alle terribili Quinte Stagioni che ne sconquassano periodicamente le viscere provocando sismi e sconvolgimenti climatici. Quelle Stagioni che gli orogeni sono in grado di prevedere, controllare, provocare. Per questo sono temuti e odiati più della lunga e fredda notte; per questo vengono perseguitati, nascosti, uccisi; o, se sono fortunati, sono presi fin da piccoli e messi sotto la tutela di un Custode, nel Fulcro, e costretti a usare il loro potere per il bene del mondo.



N.K. Jemisin
La Quinta Stagione. La terra spezzata – Libro 1
Editore: Mondadori
Collana: Fantastica
ISBN: 9788804710288
516 pagine
Uscita: 30 aprile 2019




Dunque, eccomi con una recensione difficile da fare.
Era un pezzo che dovevo leggere questo libro e ne sentivo la pressione, tra premi Hugo e opinioni parecchio divise tra chi mi aveva preceduto.

Premesso che ho intenzione di completare la trilogia e che questo primo volume non resterà certamente tra i miei romanzi favoriti, gli darei un voto medio, 3 stelle e mezzo, perché è senza dubbio notevole come ambientazione, cifra stilistica, fantasia, personaggi.

Però sinceramente non lo consiglierei così a cuor leggero, senza dare qualche avvertenza iniziale.

Ammetto che mi ha fatto star male, senza girarci intorno: preferisco fantasy da coccolarmi in poltrona, mentre questo mi ha tenuto con il "magone" costante e non per la mera tensione narrativa.
Due cose, in particolare, mi hanno reso difficile la sua elaborazione.

La prima è la presenza di certi contenuti che potremmo definire sensibili. Ora, mi sono accorta da tempo che un mio tabù letterario è l'utilizzo di scene di violenza sui bambini per rendere più "intensa" la trama; lo so, posso digerire con tranquillità centinaia di pagine di guerre, morti, squartamenti, ecc. e ammettere che comunque la morte di qualche innocente faccia parte del ciclo della vita. Però se si eccede vado in blocco. Sarà perché, dopo che ho contribuito a produrne e crescere tre, con fatica correlata, so quanto preziosi siano. Comunque sia, entro subito in empatia totale con gli adulti che provano a proteggerli e non ci riescono, e ci sto male fisicamente.
In questo romanzo la Jemisin sembra avere proprio un tarlo in testa: passi il climax iniziale, passi che la società da lei descritta richiede una certa dose di descrizioni di cattiverie per i più piccoli, però sono arrivata al punto che ogni volta che ne compariva uno in scena temevo il peggio.

La seconda asperità è stata lo stile.
Il romanzo è costruito con capitoli mischiati a livello di personaggio e a livello di seconda/terza persona. Sotto questo aspetto, non ho avuto la sensazione di spaesamento che temevo e ho apprezzato molto il fatto che tutte le parti apparentemente mischiate trovassero poi un senso logico e compiuto, e che le varie figure avessero un punto di contatto; persino la seconda persona mi è parsa una scelta interessante e ben concretizzata.
Però, ragazzi, in certe parti, è di una tale pesantezza, con descrizioni prolisse e, soprattutto, con un procedere lento, attraverso dialoghi che non aggiungono chissà che contributo.

Voglio sperare che ogni singola riga di questo libro abbia una sua giustificazione e che troverò le mie risposte nei libri successivi, in ogni caso la tentazione di sbadigliare è stata presente più di una volta.

Amarilli

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