Recensione in #anteprima: "ESPRIMI UN DESIDERIO" di Sabrina Grementieri

Francesca ha quarant'anni, un (quasi) ex marito arrogante e meschino, due figli che stanno lasciando il nido e una madre anaffettiva. 
La sua è un’esistenza in gabbia, in cui il vuoto è ormai diventato una presenza dolorosa e costante.

Quando si guarda allo specchio prova un senso di smarrimento da togliere il fiato, ma è proprio nel momento in cui la vita sembra averle già svelato tutto che il vento inizia a cambiare. 

Un vento toscano, che la porta a trascorrere l’estate da sola in Maremma allontanandosi dalla quotidianità e da ciò che conosce.

A contatto con la natura e con passioni che credeva dimenticate, Francesca farà i conti con i sensi di colpa, con ciò che gli altri si aspettano da lei e con ciò che lei desidera veramente. 

E imparerà che prima di prendersi cura degli altri, deve imparare a prendersi cura di se stessa.


SABRINA GREMENTIERI è nata a Imola. Diplomata in Lingue e laureata in Scienze Politiche a indirizzo internazionale, ha studiato per un anno in Germania, ma il suo grande amore resta l’Italia, Paese dove vive e che ama celebrare nei suoi libri. Tre sono le passioni che l’accompagnano da 
sempre: i viaggi, la lettura e la scrittura.
Ha esordito con La finestra sul mare edito da Sperling & Kupfer e pubblicato anche in Germania. Per Fabbri nel 2018 ha scritto Il calore della neve.

Sabrina Grementieri
Esprimi un desiderio
Fabbri
Uscita: 11 febbraio 2020
Pag. 304



Prima di tutto un doveroso grazie per aver potuto leggere questo libro in anteprima.
E' un grazie sentito, perché - per quanto io stimi Sabrina come autrice e abbia sempre apprezzato i suoi libri - questo è quello che ho amato sinora di più.
Il più bello tra i belli, potremmo dire.
E il motivo più banale è che mi sono riconosciuta moltissimo in più di un'emozione narrata, in più di un atteggiamento, in positivo e in negativo, della protagonista.

Per carità, mi è già capitato di lasciarmi trasportare da una storia, tanto da finirci dentro, ma di solito è perché mi sono lasciata avvincere dalle storie degli altri, di rado le sento proprio "mie".
Con Francesca ho provato invece un'affinità particolare, non tanto nei dettagli del personaggio (lei è una bella quarantenne, con due figli adolescenti, appassionata di cucina e un'imprenditrice con un ristorante affermato), ma nel suo percorso di cambiamento, nei suoi dubbi, nelle sue esitazioni, nell'adrenalina che ti sale in circolo quando fai un azzardo e sai che è una scelta solo tua.

Quando la conosciamo, Francesca è come ingabbiata, stretta tra sbarre invisibili provocate dalla sua devozione alla famiglia, ai bisogni del marito (quasi ex), al ristorante e ai suoi dipendenti, a una madre egoista che le fa pesare ogni minimo problema. Tutti si aspettano sempre che lei accorra e faccia, anche se poi la considerano una presenza scontata, quasi un dovere per lei.


Era il giorno del suo compleanno. 
I quarant'anni avevano portato in dono una sensazione di vuoto 
e un carico di domande a cui non era preparata a rispondere. 
 Tutta quella durezza era diventata una prigione, 
in cui era allo stesso tempo ostaggio e secondino.


Si è adattata a farli felice, paurosa di deluderli.
Fa le stesse sante cose, tutti i santi giorni, traendo persino conforto dalla sua immutabilità.
Si vede spenta, ma non può farci niente, e lascia andare avanti la vita così.

Per fortuna, in tanto grigiore, pure lei ha una fata madrina: la prozia Esmeralda, una vedova che ha vissuto la sua vita sempre seguendo l'istinto e la passione pura, e che vuole scuoterla dal torpore in cui la vede annullarsi.
Accettare il consiglio della prozia (trascorrere un periodo di riflessione solitaria in una tenuta agricola semi-abbandonata, ma anche la casa dove veniva a giocare da bambina) è il primo vero colpo di testa di Francesca, il primo rischio non calcolato dopo anni di "passi indietro" e ambizioni bloccate per non danneggiare la sicurezza degli altri.
E ad accogliere una donna riluttante e diffidente c'è una Maremma brulla e poco battuta, non turistica e quasi selvaggia, "una terra rude, popolata da gente ruvida e scontrosa".

In questo luogo, pregno di ricordi dolci ma anche luogo dove dar voce ai propri rimpianti, Francesca si "cura" a modo suo. Niente medicine vere, ma silenzi, profumi, semplicità, pace, la vicinanza dei cavalli, passeggiate senza scadenza e senza meta, libertà e tempo per se stessa, il conforto di un nuovo amore all'orizzonte.

Lì, tra quegli spazi ondulati apparentemente privi di ostacoli,
aveva incominciato a vedere con occhi nuovi la persona
che era stata: una donna che, nella vita, aveva camminato da
sola. Quella consapevolezza spiegava molte cose. 
Spiegava anche la sua incapacità di affezionarsi alle persone: la corazza
che indossava l’aveva difesa e isolata. Non vivere la vita a piene
mani era il prezzo da pagare per non restare feriti.

Mi sono sentita vicina a questa donna nelle sue difficoltà di gestire il proprio equilibrio e più ancora di ritrovarlo; mi sono emozionata nel suo lavorare nell'orto, rammentando nomi e segreti di ogni pianta o erba aromatica (come accaduto a me, da bambina, ricevendo in eredità le conoscenze di una persona cara), nel suo riportare alla vita un vigneto trascurato (un'esperienza per me recente e per cui condivido la soddisfazione di ripulire e cimare...), nelle sue lunghe passeggiate per ascoltarsi e capirsi.
Ho seguito e trovato molto credibile la risalita, non repentina, ma esitante, incerta sino alla fine. E dolcissima la sua sorpresa di fronte alla reazione e all'adattamento di chi voleva davvero il suo bene, a partire dai figli.

Attraverso i loro occhi, era
riuscita a vedere una parte di se stessa alla quale aveva sempre
rifiutato di aprire le porte. Attraverso i loro sogni, anche il
profilo dei suoi desideri aveva acquisito nitidezza.


Spero di aver spiegato i motivi per cui ho apprezzato così tanto questa lettura.
Sarebbe riduttivo definirlo semplicemente un romanzo femminile-sentimentale: questo è un libro sulle donne di oggi, sugli errori delle donne di oggi, sulle possibilità delle donne di oggi, che sono lavoratrici, sognatrici, madri e anche compagne, che rischiano, sbagliano, continuano a provarci e a riprovarci, comunque vada. 
Perché esprimere un desiderio è libertà, ma la libertà è rischio puro e, per essere libere, bisogna accettarne almeno un po'.

Amarilli

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