Recensione in #anteprima: "ESPRIMI UN DESIDERIO" di Sabrina Grementieri
Francesca ha quarant'anni, un (quasi) ex marito arrogante e meschino, due figli che stanno lasciando il nido e una madre anaffettiva.
La sua è un’esistenza in gabbia, in cui il vuoto è ormai diventato una presenza dolorosa e costante.
Quando si guarda allo specchio prova un senso di smarrimento da togliere il fiato, ma è proprio nel momento in cui la vita sembra averle già svelato tutto che il vento inizia a cambiare.
Un vento toscano, che la porta a trascorrere l’estate da sola in Maremma allontanandosi dalla quotidianità e da ciò che conosce.
A contatto con la natura e con passioni che credeva dimenticate, Francesca farà i conti con i sensi di colpa, con ciò che gli altri si aspettano da lei e con ciò che lei desidera veramente.
E imparerà che prima di prendersi cura degli altri, deve imparare a prendersi cura di se stessa.
SABRINA GREMENTIERI è nata a Imola. Diplomata in Lingue e laureata in Scienze Politiche a indirizzo internazionale, ha studiato per un anno in Germania, ma il suo grande amore resta l’Italia, Paese dove vive e che ama celebrare nei suoi libri. Tre sono le passioni che l’accompagnano da
In questo luogo, pregno di ricordi dolci ma anche luogo dove dar voce ai propri rimpianti, Francesca si "cura" a modo suo. Niente medicine vere, ma silenzi, profumi, semplicità, pace, la vicinanza dei cavalli, passeggiate senza scadenza e senza meta, libertà e tempo per se stessa, il conforto di un nuovo amore all'orizzonte.
Mi sono sentita vicina a questa donna nelle sue difficoltà di gestire il proprio equilibrio e più ancora di ritrovarlo; mi sono emozionata nel suo lavorare nell'orto, rammentando nomi e segreti di ogni pianta o erba aromatica (come accaduto a me, da bambina, ricevendo in eredità le conoscenze di una persona cara), nel suo riportare alla vita un vigneto trascurato (un'esperienza per me recente e per cui condivido la soddisfazione di ripulire e cimare...), nelle sue lunghe passeggiate per ascoltarsi e capirsi.
Ho seguito e trovato molto credibile la risalita, non repentina, ma esitante, incerta sino alla fine. E dolcissima la sua sorpresa di fronte alla reazione e all'adattamento di chi voleva davvero il suo bene, a partire dai figli.
Spero di aver spiegato i motivi per cui ho apprezzato così tanto questa lettura.
La sua è un’esistenza in gabbia, in cui il vuoto è ormai diventato una presenza dolorosa e costante.
Quando si guarda allo specchio prova un senso di smarrimento da togliere il fiato, ma è proprio nel momento in cui la vita sembra averle già svelato tutto che il vento inizia a cambiare.
Un vento toscano, che la porta a trascorrere l’estate da sola in Maremma allontanandosi dalla quotidianità e da ciò che conosce.
A contatto con la natura e con passioni che credeva dimenticate, Francesca farà i conti con i sensi di colpa, con ciò che gli altri si aspettano da lei e con ciò che lei desidera veramente.
E imparerà che prima di prendersi cura degli altri, deve imparare a prendersi cura di se stessa.
SABRINA GREMENTIERI è nata a Imola. Diplomata in Lingue e laureata in Scienze Politiche a indirizzo internazionale, ha studiato per un anno in Germania, ma il suo grande amore resta l’Italia, Paese dove vive e che ama celebrare nei suoi libri. Tre sono le passioni che l’accompagnano da
sempre: i viaggi, la lettura e la scrittura.
Ha esordito con La finestra sul mare edito da Sperling & Kupfer e pubblicato anche in Germania. Per Fabbri nel 2018 ha scritto Il calore della neve.
Sabrina Grementieri
Esprimi un desiderio
Fabbri
Uscita: 11 febbraio 2020
Pag. 304
Prima di tutto un doveroso grazie per aver potuto leggere questo libro in anteprima.
E' un grazie sentito, perché - per quanto io stimi Sabrina come autrice e abbia sempre apprezzato i suoi libri - questo è quello che ho amato sinora di più.
Il più bello tra i belli, potremmo dire.
E il motivo più banale è che mi sono riconosciuta moltissimo in più di un'emozione narrata, in più di un atteggiamento, in positivo e in negativo, della protagonista.
Per carità, mi è già capitato di lasciarmi trasportare da una storia, tanto da finirci dentro, ma di solito è perché mi sono lasciata avvincere dalle storie degli altri, di rado le sento proprio "mie".
Con Francesca ho provato invece un'affinità particolare, non tanto nei dettagli del personaggio (lei è una bella quarantenne, con due figli adolescenti, appassionata di cucina e un'imprenditrice con un ristorante affermato), ma nel suo percorso di cambiamento, nei suoi dubbi, nelle sue esitazioni, nell'adrenalina che ti sale in circolo quando fai un azzardo e sai che è una scelta solo tua.
Quando la conosciamo, Francesca è come ingabbiata, stretta tra sbarre invisibili provocate dalla sua devozione alla famiglia, ai bisogni del marito (quasi ex), al ristorante e ai suoi dipendenti, a una madre egoista che le fa pesare ogni minimo problema. Tutti si aspettano sempre che lei accorra e faccia, anche se poi la considerano una presenza scontata, quasi un dovere per lei.
Si è adattata a farli felice, paurosa di deluderli.
Fa le stesse sante cose, tutti i santi giorni, traendo persino conforto dalla sua immutabilità.
Si vede spenta, ma non può farci niente, e lascia andare avanti la vita così.
Per fortuna, in tanto grigiore, pure lei ha una fata madrina: la prozia Esmeralda, una vedova che ha vissuto la sua vita sempre seguendo l'istinto e la passione pura, e che vuole scuoterla dal torpore in cui la vede annullarsi.
Accettare il consiglio della prozia (trascorrere un periodo di riflessione solitaria in una tenuta agricola semi-abbandonata, ma anche la casa dove veniva a giocare da bambina) è il primo vero colpo di testa di Francesca, il primo rischio non calcolato dopo anni di "passi indietro" e ambizioni bloccate per non danneggiare la sicurezza degli altri.
Il più bello tra i belli, potremmo dire.
E il motivo più banale è che mi sono riconosciuta moltissimo in più di un'emozione narrata, in più di un atteggiamento, in positivo e in negativo, della protagonista.
Per carità, mi è già capitato di lasciarmi trasportare da una storia, tanto da finirci dentro, ma di solito è perché mi sono lasciata avvincere dalle storie degli altri, di rado le sento proprio "mie".
Con Francesca ho provato invece un'affinità particolare, non tanto nei dettagli del personaggio (lei è una bella quarantenne, con due figli adolescenti, appassionata di cucina e un'imprenditrice con un ristorante affermato), ma nel suo percorso di cambiamento, nei suoi dubbi, nelle sue esitazioni, nell'adrenalina che ti sale in circolo quando fai un azzardo e sai che è una scelta solo tua.
Quando la conosciamo, Francesca è come ingabbiata, stretta tra sbarre invisibili provocate dalla sua devozione alla famiglia, ai bisogni del marito (quasi ex), al ristorante e ai suoi dipendenti, a una madre egoista che le fa pesare ogni minimo problema. Tutti si aspettano sempre che lei accorra e faccia, anche se poi la considerano una presenza scontata, quasi un dovere per lei.
Era il giorno del suo compleanno.
I quarant'anni avevano portato in dono una sensazione di vuoto
e un carico di domande a cui non era preparata a rispondere.
Tutta quella durezza era diventata una prigione,
in cui era allo stesso tempo ostaggio e secondino.
Si è adattata a farli felice, paurosa di deluderli.
Fa le stesse sante cose, tutti i santi giorni, traendo persino conforto dalla sua immutabilità.
Si vede spenta, ma non può farci niente, e lascia andare avanti la vita così.
Per fortuna, in tanto grigiore, pure lei ha una fata madrina: la prozia Esmeralda, una vedova che ha vissuto la sua vita sempre seguendo l'istinto e la passione pura, e che vuole scuoterla dal torpore in cui la vede annullarsi.
Accettare il consiglio della prozia (trascorrere un periodo di riflessione solitaria in una tenuta agricola semi-abbandonata, ma anche la casa dove veniva a giocare da bambina) è il primo vero colpo di testa di Francesca, il primo rischio non calcolato dopo anni di "passi indietro" e ambizioni bloccate per non danneggiare la sicurezza degli altri.
E ad accogliere una donna riluttante e diffidente c'è una Maremma brulla e poco battuta, non turistica e quasi selvaggia, "una terra rude, popolata da gente ruvida e scontrosa".
In questo luogo, pregno di ricordi dolci ma anche luogo dove dar voce ai propri rimpianti, Francesca si "cura" a modo suo. Niente medicine vere, ma silenzi, profumi, semplicità, pace, la vicinanza dei cavalli, passeggiate senza scadenza e senza meta, libertà e tempo per se stessa, il conforto di un nuovo amore all'orizzonte.
Lì, tra quegli spazi ondulati apparentemente privi di ostacoli,
aveva incominciato a vedere con occhi nuovi la persona
che era stata: una donna che, nella vita, aveva camminato da
sola. Quella consapevolezza spiegava molte cose.
Spiegava anche la sua incapacità di affezionarsi alle persone: la corazza
che indossava l’aveva difesa e isolata. Non vivere la vita a piene
mani era il prezzo da pagare per non restare feriti.
Mi sono sentita vicina a questa donna nelle sue difficoltà di gestire il proprio equilibrio e più ancora di ritrovarlo; mi sono emozionata nel suo lavorare nell'orto, rammentando nomi e segreti di ogni pianta o erba aromatica (come accaduto a me, da bambina, ricevendo in eredità le conoscenze di una persona cara), nel suo riportare alla vita un vigneto trascurato (un'esperienza per me recente e per cui condivido la soddisfazione di ripulire e cimare...), nelle sue lunghe passeggiate per ascoltarsi e capirsi.
Ho seguito e trovato molto credibile la risalita, non repentina, ma esitante, incerta sino alla fine. E dolcissima la sua sorpresa di fronte alla reazione e all'adattamento di chi voleva davvero il suo bene, a partire dai figli.
Attraverso i loro occhi, era
riuscita a vedere una parte di se stessa alla quale aveva sempre
rifiutato di aprire le porte. Attraverso i loro sogni, anche il
profilo dei suoi desideri aveva acquisito nitidezza.
Sarebbe riduttivo definirlo semplicemente un romanzo femminile-sentimentale: questo è un libro sulle donne di oggi, sugli errori delle donne di oggi, sulle possibilità delle donne di oggi, che sono lavoratrici, sognatrici, madri e anche compagne, che rischiano, sbagliano, continuano a provarci e a riprovarci, comunque vada.
Perché esprimere un desiderio è libertà, ma la libertà è rischio puro e, per essere libere, bisogna accettarne almeno un po'.
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