Pensieri su "LA CHIOMA DI BERENICE" di Amalia Frontali

Il Cairo, 1817
Forte della migliore educazione britannica, a diciott’anni Sarah Bane si sentirebbe pronta per soddisfare la legittima aspirazione di ogni brava ragazza: convolare a nozze con un gentiluomo di forma e di sostanza, passabilmente innamorato e rigorosamente inglese.

Si trova invece imbarcata per l’Egitto, dove lo zio diplomatico le ha combinato un matrimonio di convenienza con un avventuriero italiano, carente di ascendenza, fortune e delle più elementari nozioni di buona creanza. Per quanto male assortita sia l’unione, ribellarsi per Miss Bane è inconcepibile.

Così, con le peggiori premesse, per la fresca sposa del carismatico Giovanni Belzoni, circense di successo, esploratore dilettante, ingegnere amatoriale e aspirante archeologo, inizia una straordinaria e rocambolesca luna di miele lungo il Nilo…

Autrice: Amalia Frontali
Titolo: La chioma di Berenice
Editore: self
Uscita: 29 settembre 2019


QUESTO ROMANZO PARTECIPA ALL'EVENTO DONI DI PAROLE 
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Questo è il primo romanzo che leggo di Amalia Frontali e l'avevo scelto soprattutto perchè, da brava padovana, attraverso quasi ogni giorno via Belzoni, mi sono interessata spesso ai misteri di questo personaggio ed ero in attesa di andare alla mostra inaugurata giusto qualche settimana fa e a lui dedicata (la mostra è L'EGITTO DI BELZONI - UN GIGANTE ALL'OMBRA DELLE PIRAMIDI https://www.legittodibelzoni.it/).
Quindi quando ho visto un post che annunziava un libro (un romance!) dedicato a Gianbatta ho sentito una specie di campanella risuonarmi dentro. 
Un libro che mi chiamava e che voleva assolutamente essere letto.

Detto questo, posso dire che ci ho messo giorni a preparare una recensione razionale. 
Non tanto perchè non sapevo cosa scrivere, ma in quanto avevo troppo da scrivere, troppe immagini in mente, troppe emozioni da condividere, nonchè una sfilza infinita di citazioni. 
Grazie, ereader, che mi hai permesso di evidenziare, annotare e poter ripercorrere ogni frase, perchè credo che lo farò spesso.

Belzoni recuperò all’improvviso tutta la sua statura e la sua energia, in due larghe falcate raggiunse il divano e sollevò il mento di Sarah con due dita, un gesto deciso, irruento, ma gentile: «Vedrai che ti sposo» disse, fissandola negli occhi. Erano proprio azzurri, quelli di Belzoni. Una stupefacente, luminosa tonalità in bilico fra un lago di montagna e un mattino di maggio.


Da dove cominciamo?
Prima di tutto, va detto che questo non è un romanzo storico in senso stretto, ma è piuttosto un historical romance, dove la componente romantica è predominante.
E tuttavia la ricostruzione dell'epoca è minuziosa, accurata, ma soprattutto viva. Se in certi romanzi avete l'impressione di perdervi in lunghe parti didascaliche e un po' pedanti, in questo libro vi ritroverete invece immerse in atmosfere inglesi e poi egiziane che pulsano di figure a tutto tondo: non paesaggi, ma quadri viventi, non sagome sullo sfondo, ma città afose, villaggi di beduini, oasi e cumuli di sabbia che entrano di prepotenza nella trama.

Su tutto dominava il fiume. 
Largo, maestoso, come un nastro di raso verdazzurro sull’abito di una debuttante.
Era dominatore, il Nilo, e demiurgo, anche, perché era ovvio che le due strisce di canneti, papiri, palmizi che seguivano le anse del fiume ricamandole di verde e oro, fossero un’emanazione diretta della linfa, dell’anima del fiume. 
E più oltre, dove lo sguardo si spingeva nell’aria satura di profumi di palude e gracidare di rane, solo terra gialla e spaccata a perdita d’occhio, profili di colline brulle in linee spezzate, un deserto di pietre e sabbia implacabile e immoto.



E che trama.
Non era facile selezionare fatti in un'esistenza lunga e ricchissima di avvenimenti: Belzoni è stato ingegnere idraulico, girovago e artista circense, inventore di macchine idrauliche, l'uomo più forte della Patagonia, archeologo-Indiana Jones e storico, amante appassionato del mondo antico e uomo del suo tempo, virile, orgoglioso, ambizioso, intrepido.
Un uomo e mille vite in una sola esistenza.



Come piaceva agli italiani questa faccenda del vero amore! 
Pareva che non potessero far senza, che dovesse soverchiare ogni altra buona ragione per sposarsi e che fosse doveroso trovarlo anche dove non ve n’era l’ombra. Pareva che credessero vere quelle storie di amanti tragici, create per la musica e il palcoscenico, che penosamente ponevano fine alla loro vita pur di non sopravvivere all’amato, talvolta senza neppure la lucidità accertarsi che fosse realmente trapassato.
Sarah si sentiva certa che Shakespeare non intendesse essere preso alla lettera; era ben poco inglese e alquanto sciocco mischiare il teatro con la vita vera.



Il colpo di genio di Amalia Frontali è quello di aver scelto un punto di vista particolare, la moglie Sarah Bane, una giovane britannica di cui si sa poco, se non che lo sposò giovanissima, lo amò, lo capiì e lo seguì ovunque, anche nei contesti più selvaggi e pericolosi, divenendo poi la custode e la protettice della sua memoria.
Perchè Belzoni fu un precursore dei suoi tempi, ma anche sfortunato: non ebbe grandi appoggi politici, non ebbe mecenati e musei finanziatori. In buona sostanza, dovette sempre autofinanziarsi, riuscendo comunque a scoprire, da solo e a proprio rischio e percolo, incredibili meraviglie perdute.



È un istinto umano potente quello di cercare conferme più che smentite ai desideri e dare alle ombre le forme esatte delle più intime brame. Così Miss Mangles sorrise, come chi intravede i teneri colori dell’aurora e ancora non sa quanto sia crudele la luce.


Sarah, nel romanzo, viene costretta all'unione, quasi data a Gianbatta come compenso, inizia gradualmente ad apprezzare e amare quest'uomo altissimo, corpulento, con questa barbona e queste frasi dialettali improvvise e feroci. Ma di Giambatta la colpiscono gli occhi, azzurri, tersi, sinceri. Lei gli crede e gli rimarrà fedele sempre, anche se la loro unione non porterà figli e la loro attività non porterà ricchezza, successo e fama.
Un amore magnifico e azardòso.


L’aria mutò. In pochi istanti, senza preavviso, senza che ci si potesse preparare. Ciò che era azzurro s’inverdì e poi si tinse di tutti i toni della luce. Le acque divennero oro liquido con scie brillanti che seguivano le feluche e di fronte a lei, dal nulla, emersero i profili maestosi delle colonne. Immense, candide, con tracce brillanti di forme e colori d’un’eleganza che nessun decoratore francese poteva mai aver sognato. Fronde che si piegavano sotto un vento immaginario, uccelli, loti, serpenti, leoni, sciacalli, gatti, figure umane a profusione, con profili
statuari e rigide pose solenni; migliaia e migliaia di figure minuscole in infinite teorie che ricoprivano ogni pollice di spazio, squisite nel gusto, perfette nei dettagli quanto nell’insieme. 


La cosa che mi ha sempre rattristato di Belzoni è il suo essere finito in ombra, spesso dimenticato, morto lontano, senza una tomba conosciuta, quindi solo alla fine.
Avrebbe meritato gli onori, un riscatto. 
Spero che anche questo romanzo possa aiutare a coglierne qualche sfumatura in più, a farvi incuriosire sul personaggio.

Ma, a prescindere da questo, il romanzo è bellissimo di suo. 
Calibrato, lineare, elegante.
Anche le scene d'amore sono tratteggiate come pennellate su un quadro.

Da leggere. 
Un prodotto italiano self ma pressoché perfetto.
PS. Chiedo scusa per il corredo di citazioni, ma mi dispiaceva non inserire almeno alcune tra le più belle.


Ma poi da quando il salotto di una casa si poteva definire un mondo? 
Chi l’aveva deciso? Come aveva potuto convincere tanti a crederlo? 
Come s’era convinta lei stessa? Come si poteva pensare di comprimere in un luogo così angusto un concetto tanto immenso? 
Il mondo di Giovanni era il Mondo. 
Il mondo vero, in cui si traversavano mari, si risalivano fiumi; si facevano affari e si rischiava. Si urlava se serviva, si rideva, si correvano di quei pericoli che poi a scamparli pareva d’essere più vivi. Si conoscevano per diretta esperienza mille cose, anche quelle sgradevoli,
anche quelle orribili, ed erano il prezzo di tutte le altre, quelle magnifiche, quelle meravigliose. 
E si baciavano le donne in un modo che forse gli uomini costretti nel mondo minuscolo d’un salotto non sapevano, come non sapevano il resto.

Amarilli



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