Thursday's Book: il libro del giovedì (75)

Buon giovedì a tutti!
Questa sera vi propongo un romanzo scritto da due giornalisti, autori e commediografi dialettali di origine triestina, Lino Carpinteri e Mariano Faraguna.
Questi due scrittori hanno realizzato una intera collana di opere nei dialetti istro- veneti, detta Le Maldobrìe. Il nome deriva proprio dal modo di dire croato "malo dobro", con il doppio significato sia di una cosa fatta in modo approssimativo (la traduzione letterale è"poco bene, così così") che di una bravata. E mai nome fu più azzeccato, visto che l'intera collana si ispira alla rievocazione dei fasti dell'epoca asburgica, in cui tutta la zona giulio- dalmata veniva governata con il pugno di ferro.
Proprio per farvi capire al meglio lo humor degli autori, questa sera vi presento il terzo romanzo della serie, che riporta il titolo emblematico di "L'Austria era un paese ordinato".
Una piccola avvertenza, proprio per rendere il più genuinamente possibile i personaggi, sia questo romanzo che tutti gli altri sono scritti in dialetto. Quindi, nel caso siate poco pratici, armatevi di google, anche se vi assicuro che dopo le prime pagine, avrete già acquisito una certa dimestichezza con una delle parlate più accattivanti che ci siano in Italia.
Ora vi lascio alla scheda del libro, vi ricordo che, in caso vogliate partecipare alla rubrica e fare voi una segnalazione, basta lasciare un commento al post oppure mandare una mail a illibrodelgiovedi@gmail.com. Il vostro consiglio sarà pubblicato in questo spazio dedicato. A presto e buona lettura!

Titolo: L' Austria era un paese ordinato
Autori: Lino Carpinteri, Mariano Faraguna
Editore: Mgs Press
Collana: Le maldobrie
ISBN: 8886424302
ISBN-13: 9788886424301
Pagine: 256

Sinossi:
Intorno agli anni '60, un ragazzo in vacanza estiva sulla costa adriatica orientale scopre una casa isolata in riva al mare. Sembra disabitata: gli strati d'intonaco si sfaldano uno sull'altro rivelando colori di origine sempre più antica, come i cerchi di corteccia negli alberi. Ma questa casa è un "ospizio per gente di mare", l'ultimo di tutta la costa, e vi abitano dei vecchi dolci e un pò matti. Uno di essi si chiama Bortolo e ha il dono di narrare. Lo fa con il talento naturale e irrefrenabile di un piccolo Omero domestico. E infatti nelle sue storie confluisce e rivive tutta la tradizione orale di un mondo ormai dissolto per sempre: quelle Vecchie Province asburgiche che comprendevano la parte orientale dell'Adriatico e il cui centro era Trieste, il porto del grande impero, primo fra tutti nel Mediterraneo. Era un mondo che intorno al mitico regno di Francesco Giuseppe aveva intessuto una fitta trama di racconti, sempre in bilico tra il documento cronachistico e la favola gonfia di meraviglia, tra l'ironia e il malinconico rimpianto per una civiltà che stava scegliendo il suicidio della prima guerra mondiale. E' il mito asburgico visto alla rovescia, con gli occhi ingenui dei piccoli uomini che vi si erano trovati in mezzo e che mai per un momento avevano avuto il sospetto di vivere "la Storia". Ecco allora che, attraverso le vicende intrecciate da Bortolo, viene lentamente a comporsi un microcosmo nel quale ci muoviamo sempre più a nostro agio. Ne fanno parte bizzarri comandanti di navi, marittimi burloni e baruffanti, armatori commercianti dalle leggendarie avarizie, pescatori, contadini. Ma, naturalmente, e soprattutto, "loro", i Grandi della famiglia imperiale, che di continuo appaiono come "superstar" a partecipazione straordinaria, viste però sempre tra le quinte, quando si dimenticano di mettersi in posa e conversano amabilmente con il macchinista o l'ultima delle comparse.

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