Pensieri e riflessioni su "Diciannove minuti" di Jodi Picoult
Autore: Jodi Picoult
Editore: Corbaccio
Collana: Romance
ISBN: 8879729322
ISBN-13: 9788879729321
Pagine: 616
Sinossi:
Sterling è una tranquilla cittadina americana dello New Hampshire dove non succede mai nulla, fino a quando accade l'impensabile: un ragazzo di diciassette anni, Peter Houghton compie una strage di studenti nel suo stesso college. Cerca a sua volta di uccidersi, ma la polizia riesce a impedirlo e lo arresta. Con il "mostro" sbattuto in prima pagina e in prigione, l'intera comunità - genitori, amici, fidanzati, conoscenti delle vittime - straziata, fatica a fare i conti con una realtà peggiore di un incubo: vite stroncate, altre storpiate, deturpate per sempre. Per ironia della sorte, tra i feriti c'è anche Josie Cormier, testimone chiave e figlia del giudice incaricata del processo. E fra i professori del college c'è il padre di Peter, che da bambino era amico di Josie. Ciascuna delle persone coinvolte tenta, fra passato e presente, di comprendere i perché di ciò che è successo in un dialogo a più voci intenso e spiazzante perché fa capire come la realtà sia perversamente complessa, come gli studenti modello possano rivelarsi degli aguzzini e come i mostri possano rivelarsi vittime disperate, in un'età in cui quanto è maggiore il bisogno di amore e comprensione, tanto minore è la capacità di mostrarlo, un'età in cui le insicurezze spingono al conformismo che non tollera diversità.
Il pensiero di Annachiara:
“In diciannove minuti si può falciare il prato davanti a casa, tingersi i capelli, guardare un tempo di una partita di hockey. [..]In diciannove minuti […] si può percorrere a piedi un chilometro e mezzo. Si può cucire un orlo.
In diciannove minuti si può fermare il mondo, oppure saltarne giù.
In diciannove minuti, ci si può vendicare.”
Diciannove minuti è un romanzo scritto da Jodi Picoult nel 2007, edito in Italia da Corbaccio.
Racconta la storia di Peter, un ragazzo diciassettenne che una mattina entra nella propria scuola superiore sparando all’impazzata: ucciderà dieci persone e ne ferirà quasi il doppio.
La vicenda si snoda tra la preparazione del processo e numerosi capitoli flashback in cui comprendiamo, a poco a poco, i rapporti che legavano i diversi personaggi nella piccola cittadina di Sterling. Attraverso numerosi puti di vista, di adulti e adolescenti, emergerà la sfaccettata realtà della vita di Peter e dei suoi concittadini, prima e dopo il fatidico giorno.
È una storia quanto mai attuale: negli USA il problema delle stragi è tornato alla ribalta proprio pochi mesi fa e, purtroppo, c’è da immaginarsi che non sarà l’ultima volta. Avvicinandosi a questo libro quindi, non si può evitare di cercare, pur involontariamente, qualche risposta. Perché avvengono queste stragi? Cosa le scatena? E soprattutto, esiste un modo per prevederle, per fermarle prima che sia troppo tardi? Durante la lettura, pagine dopo pagina cresce l’attesa per quelle risposte che vengono implicitamente promesse, per quel punto di vista sul cattivo, sull’assassino, su Peter, che tutti noi andiamo cercando. Purtroppo, arrivando alla fine ci si rende conto che nulla di ciò che era stato atteso viene dato. Il tentativo di difesa di Peter, che passa per la maggior parte per gli occhi del suo avvocato difensore, risulta superficiale e per questo molto poco convincente. Lo stesso personaggio di Peter, di cui è presente spesso il punto di vista, non riesce affatto a farci comprendere le sue motivazioni, razionali o irrazionali che siano, e nelle scene dove avremmo bisogno dei suoi occhi la scrittrice affida furbamente la narrazione ad un altro personaggio. La sensazione è che si sia provato a scrivere un romanzo coraggioso senza però averne i mezzi adatti. Arrivando alla fine si comprende che neanche l’autrice capisce davvero Peter, neanche lei è in grado di difenderlo, anche solo moralmente, e tutta la narrazione risente di questa pecca. In più punti risulta infatti superficiale. Sembra quasi che si sia tentato di mettere il bullismo (la causa scatenante del gesto di Peter) sullo stesso piano dell’omicidio e il risultato non è il ripensare al bullismo in maniera più seria ma la minimizzazione della morte, trascurare coloro che sono rimasti uccisi. La narrazione risulta emotivamente coinvolgente, dati gli argomenti trattati, però si ha comunque la sensazione che l’autrice avrebbe potuto gestire meglio, più in profondità e con più coraggio il materiale narrativo.
Questo purtroppo non è che il primo di una serie di difetti.
La storia è piacevole da leggere, costruita bene e con dialoghi credibili ed accattivanti, soprattutto nella seconda parte, quella del processo, dove gli interrogatori ai testimoni sono qualcosa di davvero godibile. È trascinante e non si riesce a smettere di leggere, aiutati da uno stile scorrevole e allettante.
Purtroppo alcuni dei personaggi, anche principali, rimangono soltanto abbozzati. Come la figura del detective, sulla quale, all’inizio, la scrittrice si concentra nel tentativo di dargli un background e delle emozioni ma, procedendo nella narrazione, questo intento si perde, per lui come per molti altri.
Abbiamo poi alcune situazioni che risultano piuttosto stereotipate. Gli episodi nella scuola superiore, dagli atti di bullismo alle interazioni all’interno del “gruppo dei più popolari”, sono abbastanza banali e per questo motivo ho preferito i capitoli al presente, dove si parla di una situazione tutt’altro che ordinaria e delle sue conseguenze in maniera abbastanza credibile, anche se scontata. Delle vicende passate, più di tutto ho apprezzato il rapporto tra Josie e Matt che viene narrato attraverso una serie di momenti e alla fine risulta meno scontato di quanto ci si aspetterebbe.
“Se dai il tuo cuore a qualcuno e lui muore, lo porta via con sé? Devi passare il resto della vita con un buco dentro che non può essere riempito?”
Il finale ha rappresentato per me un’ulteriore delusione. Il colpo di scena, se da un lato contribuisce a risolvere i piccoli indizi disseminati per tutto il libro, dall’altro appare piuttosto forzato, inspiegabile quasi, inutile. Inoltre la conclusione è affrettata, sembra che tutte le altre componenti della storia siano state lasciate in disparte per far spazio al colpo di scena progettato dall’autrice. È assurdo, per esempio, che non venga narrata neanche la fine del processo.
Abbiamo, in cambio, l’epilogo “un anno dopo”, nel quale vengono frettolosamente elencati i (troppi) avvenimenti successivi: anche questi, neanche a dirlo, scontati.
Dovendo tirare le somme, ci tengo a precisare che questo non è un libro così brutto come si potrebbe evincere da questo mio commento, anzi. È, come ho scritto precedentemente, un libro che si legge tutto d’un fiato, che conquista, che intrattiene. Ha però l’insormontabile difetto di aver scelto di trattare argomenti difficili, e di averlo fatto in maniera superficiale e poco coraggiosa, senza sconvolgere ma scrivendo esattamente ciò che tutti pensano, ciò che tutti si aspettano di leggere.
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