Pensieri su "Il destino di Aghavnì" di Antonia Arslan


Nel maggio del 1915, subito prima dell’inizio del genocidio degli armeni, in una Piccola Città del centro dell’Anatolia, una ragazza di 23 anni che si chiama Aghavnì, esce di casa con i suoi cari, il giovane marito e i due figli, un bambino di sei anni e una bambina di due. 
Nessuno li vedrà mai più. Scompaiono, semplicemente, senza lasciar traccia. 
Sono stati uccisi? O rapiti? Ma da chi? Nonostante le intense ricerche delle due famiglie, nessuno sembra saperne qualcosa. Poi, anche il loro ricordo sbiadisce fino a scomparire, nell’imperversare dei terribili eventi che iniziano proprio in quei giorni, alla fine di maggio 1915. Da una fotografia di questa sorellina di suo nonno, ritrovata a casa di un cugino in America, Antonia Arslan trae un racconto avventuroso di dolore e di riscatto, di morte e di rinascita, che culmina in uno strano Natale, in un misterioso presepio che diventa un riscatto dei cuori.

Titolo: Il destino di Aghavnì
Autrice: Antonia Arslan
Editore: Ares *
* ringrazio la CE per la copia
Pagine 120
Uscita: 2 novembre 2022




Per chi già conosce Antonia Arslan, sa che gran parte della sua (meravigliosa) produzione è stata destinata, da decenni, a fissare sulla carta la memoria di un popolo, da cui discende la sua stessa famiglia, e che è stato letteralmente cancellato dalle mappe geografiche e rischia di esserlo (ci hanno provato in tutti i modi) persino dalla Storia.

Stiamo parlando degli Armeni, un milione e mezzo di persone sterminate dai turchi dell'impero ottomano a partire al 1915: non a caso questa atrocità viene considerata tra i primi esempi di genocidio della storia moderna e suscitò a suo tempo l'ammirazione dei nazisti per la meticolosa e scientifica organizzazione.
Famiglie, villaggi, quartieri, una cultura millenaria, fu annientata; le case occupate, le chiese smontate e spogliate, i nomi cambiati, gli archivi distrutti. E ora, oltre cento anni dopo, l'esistenza degli Armeni che vissero in Anatolia, sarebbe pressoché negata, se non ci fosse la tenacia dei discendenti di chi era già emigrato all'estero o di chi riuscì a scappare per puro miracolo.
Antonia Arslan è tra questi. Dall'Italia e viaggiando per il mondo, ha iniziato un lavoro di ricerca, raccogliendo informazioni e documenti, e arrivando a ricostruire i destini dei propri parenti armeni, tra ci giunse orfano e profugo, devastato dagli orrori, e chi mai riuscì a fuggire.

Dopo la "Masseria delle Allodole", dove abbiamo conosciuto altri membri della famiglia, arriva anche il giusto tassello dedicato ad Aghavnì. 
Questa ragazza, poco più che ventenne, era la sorella del nonno, e fu una delle prime vittime. Scomparve all'improvviso, con il giovane marito e due bimbi, in un periodo in cui rapimenti, uccisioni e saccheggi di persone, spesso benestanti ma considerate "inferiori", erano all'ordine del giorno.
Di loro non è rimasta né una tomba, né un oggetto, e si potrebbe dubitare che siano mai vissuti, se non per una fotografia, gelosamente custodita dai cugini americani.

Con estrema delicatezza, in questo libretto la Arslan cerca di ricostruire una possibile soluzione alla scomparsa; non ci può essere lieto fine, perché significherebbe stravolgere una realtà dolorosa, però almeno Aghavnì, Alfred, Zabel e Garò possono restare nomi scolpiti nel tempo e nel ricordo collettivo, e non semplici racconti di famiglia destinati a sbiadire.

Amarilli

Nessun commento:

Powered by Blogger.