Pensieri su "If we were villains. Non è colpa della luna" di M. L. Rio
Quando gli amici diventano nemici, non c'è limite al male che possono farci. Oliver Marks ha scontato dieci anni di carcere per l'omicidio di un compagno di college. Ai tempi della condanna, non tutti erano convinti della sua colpevolezza, in primis il detective Colborne, che ora lo attende fuori dal carcere per sapere finalmente la verità. La storia che Oliver si accinge a raccontargli si svolge alla Dellecher, una delle più prestigiose scuole di arte drammatica degli Stati Uniti, dove Shakespeare è venerato come un dio e non c'è limite alla competizione. Giovani, belli, ambiziosi, Oliver e i suoi sei amici sono inseparabili e dividono il tempo fra prove, performance e feste all'insegna dell'eccesso. Ma, una volta giunti al quarto e ultimo anno, qualcosa nel gruppo si incrina. I ruoli dei drammi che mettono in scena prendono sempre più spazio nella loro vita reale, ed emergono gelosie sopite, invidie, rancori. È Richard, più di tutti, a perdere il controllo, finché, un freddo mattino di novembre, viene trovato morto. A quel punto, per ognuno dei sei giovani attori rimasti inizia la prova di recitazione più ardua: convincere la polizia, gli altri e se stessi della propria innocenza. Perfetta per i fan del 'dark academia', una storia di lealtà e tradimento, follia e ossessione, colpa ed espiazione, che conduce il lettore lungo il confine magico e pericoloso tra la vita e l'arte.
If we were villains. Non è colpa della luna
di M. L. Rio
Frassinelli
320 pagine
Uscita: 15 novembre 2022
«Se siete seduti in questa stanza stasera, significa che siete stati accettati nella stimata famiglia Dellecher. Qui vi farete molti amici, e forse alcuni nemici. Non lasciate che quest’ultima prospettiva vi spaventi: se non vi siete fatti alcun nemico nella vostra vita, significa che avete vissuto troppo prudentemente. E questo è ciò che desidero scoraggiare.»
Questo era uno di quei libri che continuavo a rincorrere, perché ne avevo sentito parlare parecchio e lo trovavo in tutte le liste #darkAcademia più interessanti.
Diciamo che vedere la nuova edizione celebrativa del decennale con le illustrazioni e la grafica mi è sembrato un segno, per cui questa è stata una delle prime letture 2023.
Tra l'altro, nella prefazione l'autrice cita come sua fonte d'ispirazione "Pace Separata" di Knowles, che una delle letture che mi sono ripromessa di fare a breve, quindi ho percepito un'altra vibrazione giusta.
Una premessa è forse d'obbligo: credo che da noi abbia avuto un'eco minore perché la sua struttura si fonda sulle opere teatrali e in particolare sulle tragedie di Shakespeare. Nelle nostre scuole il bardo inglese si studia a grandi linee, figuriamoci impararne i testi, per cui nel momento in cui i personaggi parlano attraverso le battute originali o adeguano i loro comportamenti ai ruoli propri dei vari Macbeth o Re Lear, il lettore nostrano coglie meno o non apprezza.
Perciò, ecco un consiglio spassionato: prima di approcciare la lettura, fatevi un ripasso generale delle tragedie di William. Vi servirà a: 1) calarvi nell'atmosfera intensa; 2) non prendere subito per pazzi i protagonisti e 3) capire forse un po' di più lo sviluppo e le sorprese lungo la via.
Non ho menzionato il teatro a caso, perché l'idea base è che in determinati momenti arte e realtà possano davvero confondersi tra loro, fino a perdere i contorni, e ciò accade più spesso in quel periodo frenetico che va dall'adolescenza alla prima giovinezza, quando ogni sentimento è più rumoroso e violento, e ogni sogno o desiderio diventa una questione di vita o morte.
«È stato solo un bacio, ma, Dio, ha fatto male da morire.»
Ci troviamo alla fine degli anni '90. Il Dellecher è un college specializzato in belle arti, con un corso pluripremiato in drammaturgia, e cinque degli allievi più talentuosi sono giunti all'ultimo anno, cementando amicizie e affiatamento.
Se il programma del terzo contempla le commedie, il quarto è l’anno a cui tutti aspirano, quello delle tragedie (Giulio Cesare, Lear, Romeo e Giulietta, Pericle, Macbeth), preparandosi per i provini, imparando la recitazione, la danza, la scherma e entrando in competizione per ottenere le parti migliori.
Ed è così che Oliver (la voce narrante), Richard ,Meredith, Wren, Filippa, James e Alexander passano le loro giornate, immersi dentro Shakespeare e a contatto quotidiano con i testi, dove ogni screzio risulta amplificato, ogni ruolo ottenuto sembra una vittoria sanguinosa, ogni infatuazione assume sfumature e interpretazioni differenti.
Fino a una concatenazione di eventi che noi scopriamo pian piano, perché siamo partiti dal finale, dieci anni dopo, quando tutto è già accaduto, anche se noi non sappiamo ancora chi, quando e per cosa.
Anche l’acqua era immobile, e pensai a quanto bugiardi fossero, il cielo e l’acqua.
Immobili e calmi, come se ogni cosa fosse a posto.
Invece niente era a posto, e non lo sarebbe stato mai più.
Diviso, come una vera tragedia, in cinque atti preceduti da prologhi e concluso dall’EXEUNT OMNES (come quando cala il sipario), questo è un romanzo che assorbe e imprigiona, spingendo verso un dolore ineluttabile che cresce, verso un palco dove ciascuno recita la parte assegnata e il lettore non può che assistervi.
Mi è piaciuto tantissimo, la scena del saggio sulla spiaggia è un gioiello di tensione, ma merita un po' tutto. Ci sono talmente tante discussioni in rete sul significato della parte finale, che preferisco non dare la mia risposta.
Dico solo che, forse, un legame senza dimensioni ha maggior fascino di una felicità terrena più effimera.
Gli attori sono per natura instabili:
creature alchemiche composte di elementi incendiari,
emozione ed ego e invidia.
Surriscaldali, rimestali insieme, e a volte otterrai l’oro.
Altre un disastro.
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