Pensieri su “COME UCCIDERE LA TUA FAMIGLIA” di Bella Mackie
Titolo: COME UCCIDERE LA TUA FAMIGLIA
Autrice: Bella Mackie
Traduzione: Aurelia Di Meo
Editore: HarperCollins *
Editore: HarperCollins *
* ringrazio la CE per la copia fornita
Pagine 432
Uscita: 10 gennaio 2023
Ricordo ancora con molta chiarezza quel momento e lo rievoco spesso, sempre sorridendo.
Perché già a tredici anni, benché ancora troppo innocente per ammetterlo, mi confortava l’idea che sarei cresciuta e avrei fatto sì che conoscessero lo stesso dolore che ci avevano inflitto.
Con gli interessi.
Questo romanzo si fonda su un'idea 💡 arguta, sviluppata con una buona struttura e con finale a suo modo sorprendente, ma ammetto che la cover rosa, con tanto di pala da giardino, mi aveva fatto pensare più a una commedia intrisa di humour nero (anzi, inglese).
Non è proprio così, si sorride poco, di certo sotto le aspettative; se il canovaccio, infatti, era interessante, con l'idea di una vendetta, decisa dalla protagonista ancora ragazzina, contro il padre biologico che non l'ha voluta riconoscere (e mantenere), lo sviluppo è stato spesso infarcito da deviazioni di critica sociologica che risultano a volte estenuanti e finiscono per spezzare il ritmo.
La vicenda è tutta narrata da Grace, che scrive il proprio diario dalla cella di una prigione, e devo dire che questo approccio mi ha incuriosito, facendomi divorare i primi capitoli.
Ma poi è come se la Mackie quarantenne entrasse nella testa della Gracie ventenne e si mettesse a commentare petulante tutto ciò che non le garba del jet-set inglese, dalla chirurgia plastica ai cagnolini usati solo per le foto, dai feed di Instagram al cattivo gusto dei nuovi parvenu.
Da una commentatrice di Vogue sarebbe potuta arrivarci un'analisi assai più graffiante, mentre invece è un po' tutto già visto (i ricchi che trattano male i dipendenti, i ricchi annoiati, i ricchi viziati, ecc.).
Tra l'altro, viene continuamente il dubbio che si volesse citare e schernire qualcuno di conosciuto, con il risultato che la narrazione, a tratti, da vivace, si tramuta in un monologo rosicone del "vorrei ma non posso".
Alla fine, è il racconto di una vendetta, meditata per anni, scrupolosamente messa in esecuzione, e non goduta abbastanza.
Ma - diciamolo - Grace si arrabatta più grazie a colpi di fortuna e tenacia, che non grazie all'acume, ed è infatti una sorta di eroina donchisciottesca che parte all'arrembaggio guidata da una notevole miopia d'intenti.
Si resta con un sapore amarognolo in bocca, che è poi quello che accompagna per l'intera lettura. Pur riconoscendole molte attenuanti, ti senti quasi in colpa a tifare per lei, oppure non riesci a tifare per nulla.
Ma la mia non è la storia di un ricongiungimento familiare.
Non è un racconto i cui protagonisti scoprono di avere un sacco di parenti
che non vedono l’ora di accoglierli a braccia aperte.
Io non sono un uccellino ferito che cerca disperatamente protezione.
Io voglio eliminare queste persone.
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