Pensieri su “Il bastardo dei Moghul” di Michela Piazza e Pamela Boiocchi

Zahir Khan è cresciuto nel lusso dell’opulenta corte di suo padre, potente nawab dell’India. Nonostante sia un personaggio influente e un pericoloso guerriero, su di lui grava l’ombra di una nascita illegittima. Proprio a palazzo Zahir incontra la giovane Lucinda Baxter, appena giunta dall’Inghilterra. 

Ma Lucinda per lui è un frutto proibito: la figlia di un ufficiale della Compagnia delle Indie Orientali, infatti, non può legarsi a un bastardo che appartiene a una cultura così distante. 
Per di più, è già promessa a un altro! 
Eppure l’attrazione fra loro si fa irresistibile, anche se il mondo intero li vorrebbe divisi. 

La passione annienta ogni prudenza, in un vortice peccaminoso e incalzante…

Questo è il romanzo con cui il duo di autrici italiane Michela Piazza e Pamela Boiocchi esordisce nella collana I Romanzi.

“Il bastardo dei Moghul” 
Michela Piazza e Pamela Boiocchi 
Editore: Mondadori 
Collana: I Romanzi – Passione 191
Uscita: agosto 2020



Tra le uscite di agosto, ho provato anche quest'opera italiana, che ho trovato piacevole, anche se a mio parere poteva puntare ancora più in alto, soprattutto perché scrivendo a quattro mani c'era un maggior serbatoio di energie a disposizione.

Il romanzo, grazie anche a una cover assolutamente favolosa, immerge subito il lettore in un'atmosfera suggestiva, in un'India sfarzosa, ricca di colori, profumi, sensazioni esotiche. Le prime pagine ambientate in un giardino privato, in un angolo di natura, fiabesco e intimo, mi sono piaciute moltissimo. 
Così come ho apprezzato il voler tessere la trama intorno a una coppia mista, evidenziando lo scontro/incontro di culture, di due mondi lontani, in cui uno si presenta da conquistatore e detentore della cosiddetta "civiltà", mentre l'altro non si è ancora arreso ed anzi si oppone rivelando tutta la sua ricchezza, il caleidoscopio di genti, costumi, pensieri, che doveva rappresentare l'India multietnica del XIX secolo e che ancora, per molti versi, permane in quella attuale.

Noi entriamo in contatto con questa realtà attraverso gli occhi di Lucinda, giovane ragazza inglese di buona famiglia (borghese, ma con parentele nobiliari) e le autrici sono riuscite a rendere perfettamente il senso di meraviglia nell'assorbire le luci, l'oro, gli incensi, la consapevolezza di una reggia in cui gli ambienti sono rigidamente divisi tra sessi (anche se risulta interessante ed azzeccato il raffronto con la contemporanea società inglese).
Lucinda attrae da subito lo sguardo di uno dei figli del Nawab, un bastardo che però gode di grande considerazione a corte, e sia lui che la sorella si mettono in moto per attirarla nel loro raggio di conoscenza. 

Ecco, la figura femminile è stata forse uno degli aspetti che ho trovato meno riusciti: mentre Zahir è ben reso, nel suo fascino e anche nella sua arroganza di prendersi il fiorellino inglese, quasi come una sorta di rivalsa sugli alleati "forzosi", Lucinda è una ragazzina né carne né pesce, ora dipinta di una ingenuità disarmante, ora tratteggiata con gesti impulsivi (che la portano, ad esempio, ad abbandonarsi tra le braccia dell'aitante straniero, senza essere riuscita a offrire un minimo di correttezza e coerenza al proprio comportamento). 
Soprattutto, se è credibile che, senza aver mai avuto precedenti esperienze amorose, caschi come una pera cotta ai piedi di Zahir, non si comprende cosa abbia visto lui in lei, per passare dal farne la sua amante tra tante a compagna per la vita (addirittura unica moglie, per quanto mussulmano). 
Insomma, mi aspettavo una sorta di crescita personale di Lucinda, che però non arriva: sostanzialmente, resta una figura sballottata dagli eventi, timorosa di deludere un po' tutti e che soggiace dunque alle decisioni altrui. 

Il secondo aspetto fragile del romanzo risulta poi la brevità: dopo aver imbastito cotanto splendore, dopo aver calato i personaggi in uno stato di scontro, dove le reazioni potevano dar vita a una seconda parte avventurosa, il tutto viene ridotto a pochi capitoli veloci, dove potenziali conflitti si risolvono in fretta, omettendo ogni possibile ostacolo (le differenze religiose? i matrimoni interrazziali con una partner inglese imparenta con conti, dove lei neppure si converte: non c'è riuscita Lady Diana, nel ventesimo secolo, e per Lucinda fila e filerà tutto liscio? Se lo spunto proviene dalla realtà storica del tempo, chiedo fin d'ora venia, però purtroppo il romanzo è privo di note a corredo, per cui non si capisce dove finisce la documentazione e dove inizia l'immaginazione).
Molto due cuori e un diamante, insomma.

Nel complesso, dunque, un'amabile fiaba per adulti (con qualche bella scena di sesso) che si legge veloce e che si chiude con la sensazione che poteva offrire qualcosina in più.

Amarilli

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