Blog Tour per "SORELLE BRONTË": Review per Agnes Grey - Le ambientazioni del romance ottocentesco a confronto, dalle sorelle ai nuovi autori



Da Cime Tempestose, a Jane Eyre, passando per Agnes Grey, fino ai meno noti L'angelo della tempesta, La Signora di Wildfell Hall e Shirley, le tre sorelle Bronte ci hanno lasciato romanzi immortali , capolavori della narrativa ottocentesca pieni di pathos e emozione, ciascuna con la propria voce. 
A questi romanzi si aggiungono i sublimi versi nei quali rivive tutto il fascino della natura selvaggia delle brughiere dello Yorkshire, tra distese d'erica, roccia e foschia. 
Questo volume offre l'occasione per riscoprire tre voci femminili originalissime nel panorama letterario, tra incanto, disperazione, e il desiderio insopprimibile di affermare la propria identità.

SORELLE BRONTË 
Cime tempestose - Jane Eyre - Agnes Grey e altri capolavori delle impareggiabili penne sororali
Mondadori
Collana: Oscar Draghi
Pagine: 780
Uscita: 4 agosto 2020

La signora Bloomfield mi mandò a chiamare e mi disse con calma che dopo l’estate non avrebbe più avuto bisogno di me. Mi assicurò che il mio carattere e la mia condotta erano impeccabili; ma i bambini avevano fatto così pochi progressi dal mio arrivo che il signor Bloomfield e lei si sentivano in dovere di cercare altri sistemi di educazione.
Sebbene superiori per capacità e doti a molti bambini della loro età, erano decisamente inferiori nei risultati: avevano modi rozzi e un carattere ribelle. E questo lo attribuiva a mancanza di sufficiente fermezza e attenzione diligente e perseverante da parte mia. 


Questo, tra i romanzi delle sorelle è forse il meno conosciuto (io ad esempio non l’avevo mai affrontato a scuola), perciò sono stata più che lieta di colmare anche una mia “lacuna” personale e di conoscere finalmente Agnes Grey. 
Questo volume dei Draghi, peraltro, si presenta perfetto, perché offre un ricco corredo con alcuni saggi critici, una storia dettagliata della vita delle sorelle, una scelta delle famose poesie che le tre scrivevano sui loro quadernetti e di cui erano molto gelose, i tre romanzi principali e alcuni minori. 

Se si guarda alla vita di Anne Brontë, la minore delle sorelle, non si può non rivedere lei stessa in Agnes, nelle sue origini familiari, nella sua esperienza di istitutrice, prima, e di titolare di una piccola scuola privata di campagna. Il finale, certo, è diverso: se la vera Anna muore presto, la sua Agnes va incontro almeno a un futuro (si spera) più radioso. Anche se non è detto, perché il matrimonio all’epoca poteva dire morte al primo parto o a quello successivo. 

Agnes nasce da una coppia povera per amore: la ricca madre è stata diseredata per aver sposato il padre, un pastore. Lo stesso, non pago, investe i pochi risparmi in modo scriteriato, rovinando la famiglia nonché il destino delle donna di cui è responsabile. Agnes decide perciò di darsi da fare, di aiutare ma anche di rendersi indipendente (visto che alla morte del padre sarebbe rimasta sulla strada) e va a servizio come educatrice in due famiglie della borghesia. 

Entrambe le esperienze sono più che sfortunate. 
Se i figli dei Bloomfield, oltre a essere viziati, sono anche selvaggi e aggressivi (con piena tolleranza degli altrettanto rozzi e dispotici genitori), quelle dei Murray, più ricchi, sono due fanciulle superbe e ingannevoli, che finiscono per isolare Agnes, in balia dei parenti e della servitù, una zitella senza diritti e senza alcuna considerazione sociale. Agnes ritorna a casa, un po’ sconfitta e un po’ maturata, ha in mente di aprire una scuola tutta sua e si profila una svolta matrimoniale. 

Al di là della vicenda, ciò che ne è emerge è un resoconto lucido e oggettivo dell’esistenza di una ragazza nella provincia inglese, in epoca vittoriana: senza possibilità di accedere a una vera istruzione, alla mercé dei parenti maschi, senza diritti ereditari, assunte in case borghesi senza protezione e assistenza, costrette ad obbedire e a sottomettersi per non essere licenziate in tronco. 

Una vita orribile, diciamolo, unito all’impossibilità di mettere qualcosa da parte, per avere una rendita per la vecchiaia. E se una si sposava, diciamolo ancora, non andava meglio: di nuovo in balia del marito e dei suoi parenti, con neppure la possibilità di amministrare la propria rendita. 
L'autonomia economica era davvero il Sogno, altro che il matrimonio d’amore! 

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IL ROMANCE OTTOCENTESCO A CONFRONTO: 

LE SORELLE E GLI AUTORI MODERNI


Mi ricollego a quanto detto sopra per esprimere alcune riflessioni sulla differenza tra la realtà che emerge da questo romanzo, scritto realmente in epoca vittoriana, e i romanzi ambientati nella medesima epoca ma scritti da autrici successive, seppure liberamente ispirati a quelli che sono stati i romanzi della Austen o delle sorelle Brontë. 

Non neghiamolo: chi si approccia al romance storico, oltre ad avere un occhio (si spera) per il contesto storico, per la moda e il galateo dell’epoca, non può non avere la mente piena anche delle eroine di Orgoglio e pregiudizio o di Jane Eyre o di Emma: quanti romanzi non sono stati scritti proprio incentrandoli sulla figura della governante, l’istitutrice-educatrice, la donna factotum chiamata ad assumere la gestione della casa e dei figli, perché per tale attività la “Lady” non aveva tempo (o voglia) e veniva ritenuto addirittura disdicevole occuparsi troppo dei bambini e instaurare un rapporto filiale improntato alla complicità e all’affetto, piuttosto che non all’autorità e al rispetto? 

Alla fine, Agnes Grey ricalca molte trame simili nella struttura: la ragazza povera e sfortunata, ma retta e capace, che viene mandata allo sbaraglio in case di ceto superiore, che patisce e però trova comunque un lieto fine. E allora cosa c’è di diverso? 

1) Direi, prima di tutto, che manca l’addolcimento della storia. 

Nei romanzi storici “rosa” (e utilizzo il termine per praticità, non per spregio – chi mi conosce sa che adoro il genere…) la protagonista, pur partendo da una situazione difficoltosa, la scia ben presto: che ci sia un deus ex-machina, l’eredità di una zia, l’incontro sulla vettura pubblica, un incidente lungo la strada o il nobile in visita esattamente nel momento in cui lei è alle prese con una sfuriata dei padroni, è costante la presenza di un elemento salvifico; l’esperienza come istitutrice è sempre e comunque temporanea, una parentesi verso l’acquisizione di un titolo, un matrimonio di fuga, un cambio di destino. 

Sapete menzionarmi un romanzo in cui lei parte povera e lo rimane, si mantiene come istitutrice e lo rimane sino alla vecchiaia? 
Neanche Anne Brontë osa tanto, per carità, però non le rifila comunque un cambio del destino così repentino, facendo sposare Agnes a un baronetto. Se tutto va bene, Agnes sarà la moglie di un pastore, destinata a spazzare i pavimenti della casa parrocchiale, ad aiutarlo nella gestione e ad allevare marmocchi. Esattamente uno spreco, per una ragazza che comunque si era impegnata per crearsi una “cultura” e una posizione lavorativa diversa… 
In questo senso, Agnes Grey non è “rosa”, è realistico, senza che grandi paracadute sul finale. 

2) In secondo luogo, la stessa eroina è differente dalle protagoniste dei romanzi d’ambientazione vittoriana ma di produzione contemporanea. 

Se le eroine “moderne” lottano, hanno invettiva, si ribellano alle tirannie sociali dell’epoca, rivendicando diritti di cui sono consapevoli, Agnes non ha vissuto il femminismo, non ha neppure il diritto di voto, è una suddita di serie B, una femmina senza dote e senza protezione, che vive rassegnata al proprio destino. 

Quando il padre perde tutto, esprime dolore e dice che forse sarebbe stato meglio se la padre avesse potuto amministrare le fortune familiari, ma non si permette di biasimare il padre. Quando i padroni non le danno le ferie o le servono carne fredda (e immangiabile), non è che la sua opposizione nasca dal fatto che lei sa di aver “diritto” ad altro, ma semplicemente dal patire un’ingiustizia e l’indifferenza verso il prossimo di fondamento evangelico. 

3) E il “lavoro” ha una valenza davvero opposta rispetto ai romanzi “moderni”. 

Non soltanto un passaporto verso il riscatto sociale, verso la possibilità di incontri e conoscenze, di matrimoni nobiliari, della conquista di Londra e del ton, ecc., ma anche o semplicemente riuscire a spedire un soldo a casa, pagarsi le medicine se arriva la febbre (tutti i Brontë morirono consunti di tisi), provvedere ai genitori anziani e poi a se stessa, per arrivare ai 40-50 anni (nessuno dei Brontë ci arrivò) senza finire in un ospizio dei poveri o arrestata come mendicante. 

4) Un’aspettativa di vita ben più magra e mesta, che rendono ancora più evidente il quarto motivo di differenza. 

Agnes Grey si propone di raccontare un’esperienza esistenziale, di descrivere - denunciandola – l’ottusità arrogante e l’ignoranza della nascente borghesia, la fragilità della condizione femminile in un’assoluta indifferenza di percezione in quel tempo. 
Non è un romanzo d’amore su cui sospirare e l’Inghilterra che viene raccontata non era un paese per donne (e non lo sarebbe stata, come l’intera Europa, ancora per molto). 
Weston non è un principe, ma il male minore per non morire sola e di fame.

Amarilli


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