Pensieri e riflessioni su "Fidanzata in coma" di Douglas Coupland

Titolo: Fidanzata in coma
Autore: Douglas Coupland
Editore: Feltrinelli
Collana: I Canguri 
ISBN: 8807701049
ISBN-13: 9788807701047 
Pagine: 276

Sinossi: 
Canada, fine anni Settanta. Cinque adolescenti impegnati a dedicarsi ai rituali dell'adolescenza: sciate notturne, party-finimondo, i primi approcci amorosi. Una di loro, Karen, è perseguitata da strani sogni spesso simili a visioni del futuro. Durante una gelida notte di dicembre Karen entra in coma apparentemente senza motivo. Rimarrà in coma per i venti anni successivi;l'innocenza svanisce, la spensieratezza adolescenziale sfuma in età adulta, e il gruppo di amici si muove tra alcolismo, droghe, yuppismo. Ma quando Karen si risveglia, inconsapevole dei mutamenti avvenuti, annuncia che la fine del mondo è più vicina di quanto non si immagini. Ma dalla catastrofe emerge una possibilità, una seconda occasione per restituire senso all'esistenza.

Il pensiero di Annachiara:
Fidanzata in coma è un romanzo di Douglas Coupland, pubblicato per la prima volta in Italia da Feltrinelli nel 1998 e purtroppo attualmente fuori catalogo.

“Il coma è un prodotto dell'era moderna come il poliestere, i voli intercontinentali e i microchip.”

La trama di questo libro è particolare e costantemente in bilico tra più generi, senza mai abbracciare apertamente una direzione chiara.
Inizia descrivendo la vita di un gruppo di adolescenti alla fine degli anni ‘70: una sera di dicembre del 1979 Karen, una ragazza del gruppo, entra improvvisamente in coma e vi resta per molti anni. Man mano che la narrazione procede, guardiamo crescere questi ragazzi e rinnegare la parte migliore di se stessi fino a diventare le ombre di quello che avrebbero voluto essere. Poi, il primo novembre 1997, Karen si risveglia miracolosamente e improvvisamente e annuncia la fine del mondo… da metà libro in poi, la vicenda sfocia decisamente nel surreale ed è, a mio parere, una scelta sui generis e coraggiosa che purtroppo non ha convinto tutti, anche se io ne sono stata entusiasta.

“Nella vita ci sono tre cose per cui piangiamo: per quello che si perde, quello che si trova e quello che è magnifico. Stasera le avete tutte e tre.”

Questo libro mi è piaciuto moltissimo: erano mesi che non leggevo qualcosa capace di emozionarmi, di farmi ridere e perfino commuovere in questa maniera. 
In tutta la prima parte è pieno di “magia”, di scene “buone” che scaldano il cuore, che fanno sorridere. Impossibile dimenticare la sequenza di apertura sulle piste da sci, le conversazioni tra Karen e Richard (il suo ragazzo) in seggiovia, dove sembra davvero di sentirlo, il freddo dell’inverno, e toccare la neve sulle tute da sci che va lentamente sciogliendosi al calore del corpo…
E anche dopo il risveglio di Karen dal coma: sono sequenze per qualche verso scontate, se pensiamo a com’è stata costruita la storia fino a quel momento, eppure Douglas Coupland riesce comunque a renderle commoventi senza cadere nel patetismo.
La seconda parte, al contrario, sembra ammantata da un pessimismo senza via d’uscita. La fine del mondo non può essere argomento positivo, a meno di non cadere nella comicità demenziale (e non è il caso di questo libro: la comicità c’è, sì, anche a palate, ma non è mai demenziale) e nonostante resti comunque una lettura divertente e del tutto priva di drammaticità, comincia a serpeggiare un malumore di fondo che pagina dopo pagina esce dal testo e contagia il lettore.
In ogni caso, rimane la bravura dell’autore nel trasmettere emozioni e anche pensieri.

“Avevo visto l'aurora boreale che scintillava ondeggiante in lontananza, a nord, e mi ero sentito come se mi fossi trovato fermo a un semaforo e nella macchina a fianco della mia avessi visto Dio che canticchiava seguendo le canzoni della radio.”

La mancata organicità della trama, infatti, viene proprio compensata dalla sensazione che lo scrittore abbia quasi preso a pretesto la storia per raccontare convinzioni e pensieri sul mondo, sulla vita, sui rapporti sociali. Lo fa, tra l’altro, con uno stile sempre brillante, dialoghi accattivanti e surreali anche quando diventano seri e capacità di sdrammatizzare situazioni che rischiano di essere troppo pesanti. Non si è affaticati da queste riflessioni, anche se resta sempre la possibilità di trovarle irritanti o senza senso o ancora scontate: per quando mi riguarda, le ho trovate semplicemente meravigliose.
Questo stile bizzarro e quasi alternativo si estende perfino ai titoli dei capitoli: sono tutti meravigliosi e particolari, fino a diventare quasi degli aforismi, delle piccole frasi intrise di misticismo e stupore. (Per dovere di cronaca: alcuni vengono, come il titolo del libro, da canzoni degli Smiths)

“Noi tracceremo una linea sulla sabbia e obbligheremo il mondo intero a oltrepassarla. [...] Noi trasformeremo menti e anime di pietra e di plastica in lino e oro. Questo credo. Questo so.”

Resta tuttavia una lieve perplessità sul finale: pur sapendo che non è quello l’importante, lascia forse qualche interrogativo irrisolto di troppo e, riflettendoci a mente lucida, non si può far a meno di chiedersi se tutta la vicenda della fine del mondo abbia un fondamento da qualche parte o sia costruita a caso. Spiegazioni ne vengono date pochine, vi avviso da subito.
Ciononostante per me rimane un libro meraviglioso, che possiede una sua coerenza interna, anche se non coincidente con il “senso comune” e una capacità pressoché totale di stupire ed emozionare il lettore. Inutile dire che è una lettura assolutamente consigliata!
Annachiara

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