Pensieri su "La torre dell’amore perduto" di Alis Artieri
Verena ha trent'anni e la sua vita è un susseguirsi di cicatrici, tra un passato che ancora sanguina e un presente che la soffoca. Nonostante il suo talento per la pittura, vive costantemente schiacciata dall'ombra di suo padre, un genio dell’arte che lei, secondo la critica e forse se stessa, non potrà mai eguagliare. Anche l’amore, che dovrebbe essere rifugio, è invece una gabbia: suo marito, l'uomo che ama, la tradisce senza rimorsi.
Poi il destino la colpisce brutalmente: un incidente sconvolge la sua esistenza, portandole via una parte di
sé. Verena si risveglia in un corpo che non riconosce più. La disabilità diventa il suo nuovo confine, una barriera tra lei e il mondo, costringendola a rifugiarsi nell’isola di Torrenera, un luogo che detesta e che rappresenta l'ultima dimora di suo padre.
È qui, tra i muri della casa paterna, che Verena incontra Ivan. Un uomo tanto misterioso quanto ferito, avvolto da un’aura oscura, capace di risvegliare in lei sentimenti di odio profondo... sentimenti che lentamente si trasformano in qualcosa di molto diverso.
Ma l’amore, per Verena, può ancora essere una possibilità reale?
E quanto condizionerà la nuova percezione che ha di sé?
In un intreccio di passioni e dolori, Verena dovrà trovare la forza di riscoprire se stessa e di chiedersi se, oltre le barriere del cuore, esiste ancora una via per amare davvero.
La torre dell’amore perduto
di Alis Artieri
Edizione: self
Pagine 344
Uscita: 13 agosto 2024
Genere: sentimentale - autoconclusivo
Genere: sentimentale - autoconclusivo
Hate to love / Second chance / Forbidden
* ringrazio per la copia ricevuta
Se cercate un romanzo che non sia solo il solito intreccio sentimentale, ma anche, e soprattutto, un romanzo di autoconsapevolezza e presa di coscienza di sé, attraverso un intenso punto di vista femminile, questo è davvero un titolo da appuntare.
Certo, il trope della seconda occasione è senza dubbio quello che viene in mente per primo, ma io mi azzarderei a definirla una storia di formazione, di repentina caduta e lenta rinascita.
Verena è una giovane donna con un apparente equilibrio: è riuscita a scovare la professione dei suoi sogni, esprimendo il suo animo artistico nelle proprie opere e nella gestione di una galleria; ha già un marito, e quindi potremmo dire che la sorte le ha arriso pure nell'incontro con l'anima gemella, e una rete di affetti che le riempie la vita.
Certo, ci sono alcune ombre, come la presenza ingombrante del padre che ancora non le permette di trovare un riconoscimento per meriti personali, nonché alcune insicurezze caratteriali.
Ma ha già costruito molto rispetto alle sue coetanee.
Eppure, in breve tempo tutto va a rotoli. Tutta l'apparenza di una vita soddisfacente svanisce di fronte a un doloroso tradimento di coppia e una cocente delusione a livello di carriera.
E, senza più ponteggi per farsi sostenere, a Verena non resta che scappare: via dalla città, via dal passato, verso un luogo neppure troppo di conforto, che le ricorda tremendamente il padre e che non offre granché per guarire le ferite.
E qui l'ambiente gioca molto, a mio avviso, nel farci percepire tutti i suoi sentimenti: l'isola di Torrenera rappresenta bene l'iniziale isolamento; la casa chiusa e ancora affollata di ricordi è un esempio calzante del grumo di dolore che l'avvolge; il mare, con il suo vento, i suoi odori, la sua distesa illimitata è lo sfondo per una nuova ricerca, per una nuova partenza, quasi una medicina.
Perché in questo luogo vive anche Ivan, sconosciuto amico del padre, factotum di una dimora in cui non c'è una vera necessità di personale, personaggio che è altrettanto ombroso e diffidente.
Ho amato il loro confronto/scontro, ciascuno congelato sulle proprie posizioni.
Ho amato che entrambi non fossero monodimensionali e perfettini, ma cocciuti, decisi quasi a farsi del male pur di non cedere. E ho amato che, senza forse volerlo, siano diventati, tra loro e a poco a poco, il puntello per una reciproca guarigione.


























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