Pensieri su "Terra Crudele" di Ann Weisgarber

 
Utah, 1888. Sul fondo di un canyon inospitale, circondata da rocce scoscese, sorge la città di Junction. Lì da quattordici giorni Deborah Taylor, di famiglia mormone, aspetta con impazienza il ritorno di suo marito Samuel, ostacolato dalle nevicate sempre più fitte. Un gelido pomeriggio di gennaio, tuttavia, qualcuno bussa con insistenza alla sua porta. L’uomo che compare oltre l’uscio dice di essere un fratello, un mormone in fuga dalla legge e bisognoso di riparo. Ma quell’uomo ha qualcosa di diverso dagli altri che Deborah e il marito hanno accolto in precedenza, perseguitati solo per il fatto di essere, come molti mormoni, poligami: è nervoso, sussulta ogni volta che il fuoco della stufa scoppietta, continua a guardarsi alle spalle. Chi è, dunque, quel fuggiasco? Che cosa può aver commesso di tanto grave? E, soprattutto, che cosa può fare Deborah per salvare sé stessa e l’intera Junction dall’accusa di complicità?


Terra Crudele
di Ann Weisgarber
Editore: Neri Pozza
Pagine 316
Uscita: 26 aprile 2019





Sebbene sia il primo libro che leggo di quest'autrice, ho già un altro suo romanzo sul comodino.

Il titolo originale "The Glovemaker" (ovvero la Guantaia) era a mio avviso più calzante, perché ci consente di identificare da subito la personalità empatica della protagonista, una donna mormone in una landa sperduta e inospitale, che si rapporta con gli altri, prendendo le misure corrette delle mani, confezionando guanti perfettamente adatti alle forme di chi vuol proteggere, potendo esprimere così conforto e vicinanza.

In un lungo e rigido inverno, nello Utah del 1888, Deborah attende il ritorno del marito in una minuscola comunità di coloni, che, tuttavia, si sono allontanati anche per sfuggire alle maglie strette del controllo della loro chiesa; la stessa protagonista, pur devota, si costringe ad aiutare i fuggiaschi poligami che bussano alla sua porta, per quanto abbia vissuto in prima persona la dolorosa condizione di più mogli in una stessa casa, fatta anche di umiliazioni e frustrazioni. Persino lei, senza figli, è considerata quasi un membro imperfetto, privata dell'unica missione che tutti pretendono, e se diverrà vedova, dovrà bene o male dedicarsi al servizio di un altro nucleo familiare.

Una trama in apparenza semplice, costellata da accadimenti minori, e che tuttavia affronta conflitti religiosi e discriminazioni tra gentili e mormoni, la questione spinosa della poligamia come volere divino, la difficile condizione delle donne, viste unicamente come serve/mogli/madri (non tanto come esaltazione della loro funzione, ma quasi come un'espiazione per il peccato di Eva e la loro natura perenne di "costola" del corpo maschile, mancante di valore autonomo).

Tutto molto triste ma bello, e da una terra crudele non ci si poteva aspettare altro. 
La scena in cui lei pensa a Samuel, con indosso i guanti che gli ha cucito per il viaggio, mi ha fatto commuovere.

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