Pensieri su "IL PESO DELL'INCHIOSTRO" di Rachel Kadish

Londra, novembre 2000. Helen Watt, una studiosa di storia ebraica sull'orlo di un pensionamento obbligato, viene convocata per visionare alcuni documenti ritrovati in una casa del tardo XVII secolo. Consulenze come questa non sono insolite, nella sua professione: talvolta capita di scoprire vecchie carte in una soffitta oppure sul fondo di un baule di famiglia e, se non si intende informare la Soprintendenza, ci si rivolge alla facoltà di Storia dell'Università. Il giorno prima, però, un uomo ha telefonato chiedendo specificamente di lei. Giunta sul posto, Helen non riesce a trattenere l'emozione: all'interno di un ripostiglio segreto, nel vano rettangolare nascosto da un pannello, la aspettano due palchetti colmi di documenti: lettere in ebraico e portoghese risalenti a più di tre secoli prima, fascicoli sciolti, volumi rilegati in cuoio dai dorsi sbiaditi. Una testimonianza inedita e preziosa della rifondazione della comunità ebraica dopo quasi quattro secoli di espulsione dal suolo inglese. Avvalendosi dell'aiuto di Aaron Levy, uno studente americano alle prese con una tesi sulle possibili connessioni fra l'opera di Shakespeare e gli ebrei rifugiatisi nella Londra elisabettiana per sfuggire alle persecuzioni, Helen scopre che le lettere appartengono al rabbino HaCoen Mendes, uno dei primi insegnanti della rifondata comunità ebraica londinese, accecato dall'Inquisizione in gioventù. Vergate per lui da uno scriba, le lettere recano in basso, nell'angolo a destra, la lettera ebraica aleph, iniziale del nome del misterioso copista, su cui si concentrano le ricerche dei due studiosi. Ricerche che li condurranno dinnanzi a una sconcertante rivelazione: a tradurre sulla carta i pensieri del rabbino non era, come hanno creduto sino a quel momento, un suo studente, ma una donna. Poco alla volta, dalle pergamene finemente vergate, emerge il ritratto di Ester Velasquez, una giovane ebrea che, nella Londra del XVII secolo, combatte per le uniche due cose capaci di dare un senso alla sua esistenza: la libertà e la sete di conoscenza.

Rachel Kadish
IL PESO DELL'INCHIOSTRO
Editore: Neri Pozza
Pagine 576
Uscita: 12 Aprile 2018




Qui comincio.
Sono un’unica anima in una grande città.
Sono la mano che si muove sulla pagina.


Questo è un romanzo che ho rincorso a lungo, perché sentivo di doverlo leggere in cartaceo, e alla fine il volume che ho riposto in libreria è un po' un campo colorato di appunti e segnanote.
Non è certo un libro mordi e fuggi: talune parti richiedono più tempo di altre, ma mi sono accorta ben presto che molte citazioni o disquisizioni sui filosofi del tempo (Spinoza tra tutti) non sono inserite a caso, bensì contribuiscono alla ricchezza complessiva del testo.

Sono 576 pagine che saltano dal presente al passato, e viceversa, in un continuo gioco di specchi tra le vite che vengono riportate alla luce e le esistenze attuali che possono ancora mutare.
Nella Londra di inizio anni 2000, Helen Watt, esperta di storia ebraica, anche se non ebrea (dettaglio che è comunque importante), riceve, a pochi giorni dal pensionamento, l'occasione di una vita: in una dimora antica è stato scoperto un ripostiglio segreto contenente la corrispondenza di un rabbino morto nella seconda metà del 1600.

L’amore era una cosa spaventosa, e lei aveva sprecato la vita a fuggirlo.
L’amore era terrificante, eppure lo aveva accolto.


Si trattava di in un'epoca in cui gli ebrei venivano massacrati dall'Inquisizione in Spagna e Portogallo, subivano i pogrom nell'Europa dell'Est, e fuggivano nella libera Olanda o si nascondevano in Inghilterra, paese che li tollerava in modo ufficioso, purché non si facessero riconoscere.
Quello che salta subito all'occhio a Helen e ad Aaron, il giovane ricercatore (ebreo) americano che le viene assegnato, è che il rabbino di Londra era cieco e si avvaleva di un copista (aleph) davvero particolare, che, a poco a poco, assunse il controllo della corrispondenza, indagando su tematiche del tempo anche con personaggi storici e ponendosi quesiti emblematici, sino alla grande epidemia di peste del 1665.

Mentre Helen e Aaron percorrono febbrilmente i fragili documenti, in una lotta contro altri studiosi concorrenti, devono fare i conti con le loro scelte di vita (un costante rimorso per la professoressa e un passo importante per Aaron).

Un libro che è un piccolo viaggio: filosofia, donne, tristezza, amori rinnegati e rimpianti, scelte coraggiose e pagate a caro prezzo, Inquisizione, martirio, antisemitismo, misoginia, ottusità, rivelazione, verità, sogno, pazienza, bugie, tradimento, Dio che c'è e Dio che non può essere nominato.

La storia narrata è la storia di molte/i, nati in un'epoca che non era pronta ad accoglierli, maledetti e benedetti allo stesso tempo per il non voler uniformarsi alla massa.


E che mi sia concesso di rinunciare ai miei sciocchi sogni 
e di lasciare intatto e integro il disegno del mio pensiero, 
affinché sia forse letto in un’epoca in cui vi sia maggiore gentilezza.

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