Pensieri su "Strane creature" di Tracy Chevalier



È il 1811 a Lyme, un piccolo e tranquillo villaggio sulla costa meridionale inglese. Ma dall’arrivo delle sorelle Philpot, la quiete è subito un pallido ricordo. Vengono da Londra, sono eleganti, vestite alla moda, sono bizzarre creature per gli abitanti di quella costa spazzata dal vento. Margaret sorprende costantemente tutti coi suoi turbanti verdolini sconosciuti alle ragazze di Lyme, che se ne vanno in giro ancora con grevi vestiti stile impero. Louise coltiva una passione per la botanica che è incomprensibile in quel piccolo mondo dove alle donne è dato solo di maritarsi e accudire i figli. Ma è soprattutto Elizabeth, la più grande delle Philpot, a costituire un’eccentrica figura in quel paesino sperduto sulla costa. Ha venticinque anni. Dovrebbe comportarsi come una sfortunata zitella per l’età che ha e l’aspetto severo che si ritrova, ma se ne va in giro come una persona orgogliosamente libera e istruita che non si cura affatto di civettare con gli uomini. 
In paese ha stretto amicizia con Mary Anning, la figlia dell’ebanista, una ragazzina vivace e sveglia che passa il suo tempo sulla spiaggia di Lyme, dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche, coccodrilli enormi vissuti migliaia di anni fa.

Titolo: Srane creature
Autrice: Tracy Chevalier
Editore: Neri Pozza
Pagine 283
Uscita: 3 settembre 2020



È strano il piacere che danno i fossili. Non tutti li amano, perché in fondo non sono che le spoglie di antiche creature. Se ci pensi troppo a lungo finisce che ti chiedi che ci fai con un cadavere impietrito tra le mani. Eppure li trovo affascinanti perché non appartengono al nostro mondo, ma provengono da un passato difficile da immaginare. Prediligo i pesci fossili, perché la trama delle scaglie e le pinne li accomunano a quelli che mangiamo ogni venerdì, avvicinandoli al presente pur nella loro stranezza. Fu grazie ai fossili che conobbi Mary Anning e la sua famiglia.

Donne di scienza o dilettanti benedette dall'intuito?

Mi verrebbe da dire che se lasci volontariamente metà del genere umano (quello femminile) analfabeta, accogliendo con sdegno le loro scoperte e idee, non lo ammetti nei circoli, nelle biblioteche e nelle università, non segni il nome delle ricercatrici nelle targhette dei musei e non concedi loro neanche il minimo riconoscimento, è ben dura trovare una giustificazione naturale e divina per cui solo i maschi possano dirsi dotati di un intelletto superiore.
I brividi vengono solo a pensare che questo accadeva non più di un secolo fa intorno a noi e continua ad accadere spesso e volentieri intorno a noi, nel cosiddetto nuovo Millennio.

Il romanzo si ispira alla storia vera di Mary Anning, che iniziò da ragazzina, sulle orme del padre, a cercare e disseppellire ossa di grandi animali sconosciuti, ritenuti erroneamente "coccodrilli", così come pesci e conchiglie racchiuse nella pietra.
Erano veri e propri fossili, ma allora, a inizio Ottocento, con la Bibbia coma unica fonte riconosciuta sulla creazione e sulle meraviglie della natura, era impensabile concepire specie estinte o ere in cui l'uomo non era presente, o anche un minimo pensiero evolutivo (da lì a poco Darwin si apprestava a partire per i suoi viaggi e avrebbe pubblicato il suo trattato solo nel 1859).

Così Mary porta alla luce uno o più ittiosauri e osa, da povera illetterata, dove insigni studiosi non si spingono o brancolano nell'ottusa ignoranza. Accanto a lei c'è Elizabeth Philpot, altra appassionata e collezionista, quasi dimenticata dalla storia. 
Due donne sole, nubili e per questo emarginate dalla società, che però hanno lasciato il loro piccolo segno di coraggio ed entusiasmo.

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