Pensieri su “Un amore per sempre” di Bertrice Small
Se siete arrivate al terzo volume di questa saga (peraltro di grande successo ai tempi della sua uscita, tra il 2000 e il 2002) saprete che, dopo due volumi dedicati in modo esteso a Skye O’ Malley e a i suoi numerosi amori (alcuni sfociati in nozze e altri rimasti allo stato di flirt esotici), non era fattibile espandere ulteriormente altre fasi della sua vita.
Ecco quindi che la Small è passata al fratello minore di Skye, quel Conn già apparso qua e là, dedicandogli un ulteriore “mattoncino” di libro, dato che stiamo parlando di quasi 600 pagine, dense di fatti e colpi di scena.
Conn non è, ovviamente, inferiore alla sorella quanto a temperamento e ambizione; stesso carattere attaccabrighe e spregiudicato, stesse origini irlandesi, stessa tendenza a prendere fuoco alla corte di Elisabetta I d’Inghilterra, non proprio un ambiente facile in cui muoversi: dopo aver sedotto e abbandonato numerose dame, il nostro si trova costretto a sposare un’ereditiera, Aidan, per soddisfare l’ennesimo intrigo della Regina. Potevano, i due, starsene tranquilli a godersi le nozze nella loro tenuta?
Non sarebbe nello stile della Small, che infatti li separa e
li fa viaggiare dalla Manica al Mediterraneo, tra nemici, pirati e – neanche
chiederselo – il tradizionale periodo di prigionia in un harem, dove, tra
lusinghe femminili e maschili, con aggiunta di lotte di potere degli stessi
membri della famiglia del Sultano, è arduo mantenere la speranza nel trionfo
del vero amore.
Tuttavia, il pregio di questi romanzoni è proprio l’alternanza tra sviluppi drammatici, a furia di arrembaggi, naufragi e notti in prigioni gelide, e passioni viscerali, stile bianco/nero e senza possibili sfumature di grigio in mezzo.
Al terzo volume, ho imparato che questa serie va
presa così, un’immersione in sentimenti totali verso un sicuro (per gli O’
Malley) lieto fine.
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