Pensieri su "La signora degli scrittori" di di Sally Franson


Casey è giovane e brillante. È brava nel suo lavoro, nonostante la sua direttrice sia una donna impossibile, pronta a bocciare ogni proposta e a incutere timore a chiunque le stia intorno. Così, quando per la prima volta le affida un progetto da seguire da sola, Casey non può dire di no. Nessuno ha mai osato farlo. Eppure, quella che si trova di fronte sembra davvero un’impresa impossibile: convincere degli scrittori di grido a fare da testimonial per la pubblicità. Convincerli a uscire dal mondo dorato della letteratura, a esporsi in prima persona per qualcosa di diverso dalla loro opera. Casey ci mette tutto il suo impegno e comincia a incontrarli, uno dopo l’altro. Si trova ad avere a che fare con personaggi molto particolari: uno vuole sempre avere ragione; un altro odia tutti i colleghi; c’è quello che non ha mai letto un libro; e quello che non ha scritto nemmeno una riga dei suoi romanzi; un altro ancora non fa nulla senza tornaconto. Con Ben Dickinson, invece, Casey entra subito in sintonia, anche se sa che si tratta di lavoro e che non può lasciarsi andare. Per di più non ha tempo da trascorrere con lui, perché deve seguire le indicazioni della direttrice, che la conducono dritta dritta alla Fiera di Los Angeles: libri ovunque e cene infinite a parlare di lavoro. Un sogno per Casey. Un sogno che presto si trasforma in un incubo, perché qualcosa di inaspettato rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti fino ad allora. Casey ha paura che la colpa sia solo sua, ma c’è chi è pronto a farle cambiare idea. Perché bisogna sempre credere nelle proprie capacità. Bisogna far sentire la propria voce, anche quando non viene ascoltata. Costi quello che costi.

Titolo: La signora degli scrittori
di Sally Franson
Editore: Garzanti
Pagine: 301
Uscita: 21 marzo 2019




Era quello che Julian stava dicendo lassù: stava spiegando che le parole ci salvano da noi stessi, 
che quando chiamiamo le cose con il loro nome ci leghiamo a esse, 
veniamo liberati dall’immane solitudine.


Anche nel 2023 continuo la rubrica "Libri che parlano di libri", perché ho una lista sostanziosa di titoli che ho accumulato e che voglio affrontare.

Ho iniziato con questo romanzo, credendo per errore che fosse incentrato sulla figura di una editor. In realtà Casey è una pubblicitaria e riceve dall'azienda l'incarico di costituire un nuovo dipartimento di servizi dedicati agli scrittori; in altre parole deve customizzare l'azione di promozione di uno scrittore, individuare i migliori canali, il pubblico specifico, trovare opportunità di business nel mettere in collegamento scrittori e altre aziende. Da noi la cosa è ancora primitiva, mentre in America hanno dei team organizzatissimi per gestire i book tour, le comparse televisive, le eventuali rubriche a pagamento, ecc.

La nostra inizia pertanto a intervistare e a conoscere personalmente vari personaggi, più o meno celebri, per trasformali in clienti. L'assortimento degli incontri spazia ovviamente dal personaggio arrivato e tronfio, a quello frustrato e livoroso, alla professoressa di college che si dedica alla scrittura per diletto, al piacione, allo stalker, al fatalista, ecc. 
Forse Casey troverà svolte amorose, di sicuro incappa in più di un guaio con un'ingenuità che lascia quasi increduli (dopo che per mezzo libro la sua voce narrante ci ha ripetuto quanto è brava, quanto è in gamba, che lei ha scelto la carriera, ecc.).

In effetti, questa lettura non si è rivelata appagante.
Vi ho trovato alcune pagine luminose, annegate però in un infinito monologo in prima persona, perché la protagonista (snob, antipatica, depressa, egocentrica, saccente e... ancora antipatica) non la smette "di cianciare" (parole sue: "non riuscii a smettere di cianciare").
Non lo negherò: ho saltato parti dove lei sbrodola su se stessa, per evitare il rischio di crollare sopra il Kindle, andando poi a recuperarle per il senso di rimorso.
Ero curiosa di affrontare questo celebrato #womensfiction, ma ci sono veramente così tante deviazioni e allungamenti inutili, che un lettore si scoraggia.

L’umorismo tagliente della London era sapientemente orchestrato come il monologo di un cabarettista ma, contrariamente alla maggior parte dei cabarettisti, lei non aveva paura di spezzarti il cuore in frammenti minuscoli.

Amarilli

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