Pensieri e riflessioni su "Il club dei ricordi perduti" di Ann Hood

Ann Hood
IL CLUB DEI RICORDI PERDUTI
Titolo originale: The Knitting Cicle
Editore: Tre60
Pagine: 352
Prezzo: 9,90 Euro

Sinossi:
Senza nessuno cui dedicarle, le parole sono vuote e inutili. Come vuota e inutile è ormai la vita di Mary Baxter, una brillante giornalista che ha visto il filo della sua esistenza spezzarsi un maledetto giorno di primavera. Tuttavia, con un matrimonio sull’orlo del fallimento e un lavoro che ha perso ogni significato, Mary sorprende per prima se stessa quando decide di seguire l’unico consiglio che le ha dato la madre per superare il dolore: iscriversi a un corso di lavoro a maglia. Scettica ma allo stesso tempo incuriosita, Mary inizia quindi a frequentare la merceria di Alice – una premurosa e saggia vecchietta – dove cinque donne si ritrovano ogni mercoledì sera per creare sciarpe, maglioni, cappellini e calzini. Così, col passare delle settimane, si instaura un profondo rapporto di intimità e amicizia tra Mary e le componenti del «club», che durante le sedute le raccontano il proprio passato. Come Scarlet, che ha deciso di aprire una panetteria dopo aver perso l’amore; o Beth, madre di quattro figli, che si porta dietro un grande rimpianto; e poi Lulu, Ellen, Harriet, ognuna con la sua storia e i suoi segreti, le gioie e le delusioni, i successi e i fallimenti… E saranno proprio quelle donne e la serenità trasmessa dal lavoro a maglia ad aiutare Mary a capire che è sempre possibile uscire dal guscio in cui ci rinchiudiamo, per aprirci di nuovo alla vita e all’amore.

Il pensiero di Amarilli73: 
Diciamo subito che se venite da un periodo cupo e non lieve, questo romanzo potrebbe essere il vero e proprio colpo di grazia: come se foste sull’orlo del precipizio, e qualcuno vi desse una spintarella, ultima ma essenziale. 

Perché è un libro triste, ma proprio TRISTE. Non che sia brutto, anzi, contiene parti molto belle e offre vari spunti di riflessione. Tuttavia, semplicemente, gronda tanta (troppa) tristezza. 

Mary, giovane madre quarantenne che ha appena perduto la sua unica bambina, inizia a frequentare il Sit & Knit, un negozio-circolo gestito da Big Alice, dove le persone si incontrano per due o tre sere a settimana, per lavorare insieme a maglia e condividere le proprie conoscenze con i ferri, i punti, ma anche e soprattutto per raccontare di sé stesse e delle proprie vite. E’ un po’ come una riunione dei Magliai Anonimi, dove la gente sferruzza e svela i propri segreti, cercando di trovare negli altri una ragione per andare avanti nella propria vita. 

Così, se Mary, incapace di reagire, inizia a raccontare di sé e del marito, “che si erano incontrati tardi nelle loro vite, e di Stella, che era stata la loro unica possibilità di creare una famiglia”, scopre ben presto che tutte gli altri compagni di maglia hanno un buco dentro altrettanto immenso. Mentre impara a creare calze e coperte, Mary impara a conoscere Alice, Lulu e Scarlet, che ha una storia che “parla di pane, mare e della Francia”, e poi ancora Ellen, Harriet, e Beth, e pure sua madre, che non era mai riuscita a capire. 

Figlia mia, è da molto tempo che voglio raccontarti una storia. Ma non è come quelle che ti piaceva ascoltare, di Babar o di Pippi Calzelunghe. Non è nemmeno divertente. E’ soltanto vera, ed è la mia storia. 

Eppure non riesco a trovare le parole per raccontartela, alloro prendo i ferri e lavoro a maglia. Ogni punto è una lettera, e in ogni giro scrivo: “Ti voglio bene”. Scrivo sempre la stessa frase in ogni mio lavoro. Poi, come una preghiera o un augurio, la rivolgo a te. Con la speranza, cara figlia mia, che la storia che sto componendo riesca ad arrivarti, insieme con tutto il mio amore. 

E’ un club della maglia, ma potrebbero chiamarlo il club delle lacrime. 

E’ una sorta di catarsi collettiva, perché in quelle poche persone c’è un tale concentrato di disgrazie, malattie, incidenti, che uno quasi non ci crede. La gente sferruzza e intanto la signora con la falce si aggira tra gomitoli e matasse. 

Un avvertimento particolare se siete genitori e avete bambini piccoli. Tra bimbi che muoiono tra le braccia o per disattenzione, tra aborti per puro capriccio e istantanee di vite infantili perdute, qui niente ci viene risparmiato. 

Una madre non dovrebbe vedere morire suo figlio. Una madre non dovrebbe vedere il modo in cui la vita se ne va da noi, o il vuoto che lascia la morte. Una madre non dovrebbe trovarsi sulla tomba del figlio, o affondare il naso dentro il suo pigiama con la speranza vana di sentirne ancora l’odore. 

Non nascondo che ogni tanto sentivo l’irrefrenabile bisogno di sospendere la lettura e alzarmi e svagarmi, per riprendere un po’ di ossigeno dopo questo sprofondare nei dolori altrui. Ciononostante ho voluto fortemente arrivare in fondo, per trovare la fine della maglia, e il segreto del Sit & Knit per imparare a sopravvivere.
Amarilli73

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