Pensieri e riflessioni su "Le luci nelle case degli altri" di Chiara Gamberale
Autore: Chiara Gamberale
Editore: Mondadori
ISBN: 8804595442
ISBN-13: 9788804595441
Pagine: 392
Sinossi:
Mandorla è la bambina felice di una ragazza madre piena di fantasia. Maria, la mamma, lavora come amministratrice d'immobili e ha lo speciale dono di trasformare ogni riunione condominiale in toccanti sedute di terapia di gruppo... Quando un tristissimo giorno Maria muore cadendo dal motorino, i condomini di via Grotta Perfetta 315, quelli che più le volevano bene, scoprono da una lettera che proprio nel loro stabile la piccola Mandorla è stata concepita... ma su chi sia il padre, la lettera tace. Proprio perché con tutti Maria sapeva instaurare un legame intenso, nessun uomo tra i condomini si sente sollevato agli occhi degli altri dal sospetto di essere il padre di Mandorla. È così che verrà presa la decisione di non fare il test del DNA su Mandorla, e stabiliscono di crescere la bambina tutti assieme. È questo il fatale presupposto di una commedia umana che, con l'alibi del paradosso, in realtà ci chiama in causa tutti. E mentre, di piano in piano, Mandorla cresce, s'innamora, cerca suo padre e se stessa, ci si avventura con lei verso rivelazioni luminose e rivelazioni scomode, si assiste a nuove unioni e a separazioni necessarie. L'autrice costruisce attorno al cuore pulsante della sua protagonista un romanzo corale dove i grandi archetipi si mescolano agli struggimenti contemporanei, la verità e la menzogna cambiano continuamente di segno per dare vita a una voce fresca e profonda, che condurrà, fiduciosa soprattutto dei suoi dubbi, verso un finale sorprendente.
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Il mio pensiero:
Le luci nelle case degli altri è il penultimo libro scritto da Chiara Gamberale, già vincitrice del premio Campiello per La zona cieca. Pubblicato da Mondadori nell’ottobre 2010 e lodato subito da tutti i critici, è diventato rapidamente un best seller.
Se dovessi definire
questo romanzo in poche parole, direi che è inspiegabilmente ordinario e, sia
chiaro, non lo intendo in senso dispregiativo. Ordinari sono i personaggi e le
vicende che li riguardano, ordinaria l’ambientazione romana e ordinari i
pensieri. Perché inspiegabilmente? Perché questo libro ha una trama tutt’altro
che ordinaria. La storia si svolge quasi tutta all’interno del condominio di
Via Grotta Perfetta 315, popolato da un’umanità varia che tenta, in qualche
modo, di raccogliere tutti i tipi umani e le persone che sarà mai possibile
incontrare.
C’è la signorina
Tina Polidoro, al primo piano, a cui tutti chiedono e nessuno da, che nella
vita ha domandato soltanto per un po’ di amore e non l’ha mai ricevuto.
Al secondo piano ci
sono Cate e Samuele con il loro bambino appena nato, Lars, ciascuno con un
proprio modo di affrontare la vita e di vedere la loro relazione.
Paolo e
Michelangelo, al terzo piano, continuano a fare i conti col fantasma di Maria,
mentre, al quarto, Lidia e Lorenzo (già protagonisti del precedente romanzo della
Gamberale, La zona cieca) litigano sempre ma non si lasceranno mai.
E poi ci sono i
Barilla, all’ultimo piano. Una famiglia perfetta, i Barilla, una famiglia da
invidiare.
Non sono personaggi
vivi, a tutto tondo, come potrebbe sembrare dalla descrizione, eppure sono
personaggi che attraverso un “carattere distintivo”, attraverso un ruolo
assegnato ad ognuno, riescono a trasmettere ciò per cui sono stati inventati. Tutti,
senza eccezioni.
“Viviamo tutti all’oscuro di
qualcosa che ci riguarda”
Questo è il
condominio di Via Grotta Perfetta 315 prima che Maria, l’amministratrice
condominiale, abbia un incidente mortale col motorino. E, da quel momento, le
loro vite non saranno più le stesse.
Perché Maria non è
mai stata solo l’amministratrice condominiale, bensì una buona amica e
confidente per ciascuno di loro, una persona alla quale volere bene e sulla
quale poter contare. E quando muore, lasciando Mandorla, la figlioletta di sei
anni, orfana di madre e senza un padre, sembra quasi scontato che debbano
essere loro ad occuparsene. Soprattutto dopo la lettera di Maria, quella che
dice che il padre della bambina è uno degli abitanti di Via Grotta Perfetta 315,
quella che, di comune accordo, decidono di ignorare per evitare di mandare in
pezzi una delle loro famiglie. E se può apparire strano o surreale che queste
cinque famiglie, senza avere niente in comune, decidano di occuparsi, insieme,
di Mandorla, credetemi, lo è.
È talmente surreale
che, per riuscire ad apprezzare questo romanzo, bisogna fare uno sforzo di
fantasia e affidarsi alla tanto famosa sospensione dell’incredulità. Perché,
diciamocelo, non è possibile che Mandorla riesca a vivere per più di dieci anni
con cinque famiglie diverse senza che nessuno, fuori dal condominio, venga a
conoscenza della situazione e cerchi di regolarizzarla. Non è possibile che i
condomini, nonostante il loro patto, non
si tradiscano mai, soprattutto considerato che alcuni “stili di vita” sono disapprovati da altri. Ma, ecco, basta
distogliere solo per un momento l’attenzione da questi particolari, e non
importerà più che la storia abbia senso; ciò che importa è soltanto conoscerli,
questi abitanti di Via Grotta Perfetta, e vederli vivere: entrare, come
Mandorla, nei loro pensieri, nelle loro case, nelle loro vite.
“Vorrei vorrei vorrei.
Che nei momenti di disperazione non ti viene in mente di
invidiare la felicità degli altri, le fortune, i successi degli altri, le
certezze, i risultati, le luci nelle case degli altri.”
All’inizio, proprio
come succede nella realtà ogni qual volta si entra in una casa nuova, non è
facile. Le prime pagine sono un caos di voci ed emozioni e fatti di cui non si
capisce nulla, non si ricorda nulla. Poi, ecco che entra in scena la voce
narrante, proprio Mandorla, a mettere ordine nel caos e a condurci per mano
attraverso la palazzina e i suoi abitanti.
E le vediamo vivere, queste cinque famiglie. Le vediamo
attanagliate dai problemi quotidiani e da quelli meno terreni. Le vediamo
occuparsi di Mandorla e donarle amore incondizionato rimanendo sempre degli
estranei, in quel misto di altruismo ed egoismo che ha caratterizzato la loro
decisione fin dall’inizio.
Vorrei scrivere che il finale è imprevedibile e, forse,
lo è davvero. Io non me lo sarei mai aspettata, eppure era lì fin dall’inizio. Non
stupisce, insomma, scoprire che alla fine di questi dieci lunghissimi anni
Mandorla vuol bene a ciascuno di loro, ed è proprio per questo che non vuole
conoscere chi sia, veramente, suo padre: non conterebbe affatto, non avrebbe
più importanza.
Un appunto va fatto sullo stile: la narrazione
in prima persona risulta convincente e permette di indulgere sulla scrittura ai
limiti del colloquiale, poiché in effetti il libro sembra “pensato” da una
diciassettenne intenta a ricordare la sua vita; eppure è impossibile non
notare, soprattutto nella seconda parte del libro, come questa non sia
sufficiente per il lettore e costringa l’autrice a ricorrere ad intermezzi in
terza persona per darci un quadro più completo della situazione. La qual cosa dimostra,
a parer mio, scarsa padronanza della tecnica narrativa adottata, ma è tutto sommato
un difetto minore.
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